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Soddisfare il creditore a semplice richiesta

Clausola con cui il creditore si impegni a soddisfare il creditore a semplice richiesta o entro un tempo predeterminato, deroga pattizia.

Pubblicato il 11 December 2021 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il TRIBUNALE di ROVIGO

giudice dott.ssa

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 875/2021 pubblicata il 07/12/2021

nella causa n. 526/2019 R.G. promossa da XXX (c.f.) e YYY (c.f.) rappresentati e difesi dall’avv., ed elettivamente domiciliati presso lo studio della stessa in, giusta procura allegata all’atto di citazione; attori-opponenti contro

ZZZ S.R.L., con sede legale in, e per essa KKK S.P.A. (già *** S.P.A.),; convenuta-opposta con la chiamata in causa di

JJJ (c.f.) ed SSS (c.f.), contumaci;

terzi chiamati

Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo

CONCLUSIONI

Per gli attori-opponenti Nel merito in via principale:

1. Dichiarare l’improcedibilità della domanda ex art. 5 comma 1-bis Dlg. 28/2010 con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

2. In ogni caso accertata la fondatezza dell’opposizione promossa da XXX e YYY, per tutti i motivi esposti nell’atto introduttivo del giudizio e nei successivi atti difensivi, dichiarare – conseguentemente – la nullità e/o illegittimità del decreto ingiuntivo n. 1121/2018 emesso in data 4.12.2018 dal Tribunale di Rovigo o comunque disporre la revoca dello stesso;

3. Accertata e dichiarata, in ogni caso, l’inammissibilità e/o infondatezza della pretesa creditoria per tutti i motivi esposti in citazione e nei successivi atti difensivi ed in particolare per intervenuta prescrizione, nullità o non utilizzabilità della fideiussione e comunque estinzione dell’obbligazione fideiussoria annullare e/o revocare il decreto ingiuntivo opposto;

Nel merito in via subordinata

4. Accertare e dichiarare che nel corso del rapporto contrattuale di cui è causa sono stati effettuati addebiti illegittimi sul conto corrente n. in essere presso ***, *** e *** s.p.a. per interessi ultralegali, commissioni e spese non pattuite, nonché in violazione del divieto di anatocismo e dello ius variandi e per l’effetto accertare e dichiarare il reale saldo in dare e avere tra le parti previa eventuale compensazione In via ulteriormente subordinata:

5. Nella denegata ipotesi di mancato accoglimento, in tutto o in parte, delle domande degli opponenti condannarsi gli altri coobbligati ossia i signori JJJ (c.f.) nato a ed SSS (c.f.) nata a a tenere indenni gli stessi opponenti di quanto Firmato dovessero essere eventualmente costretti a pagare in eccesso rispetto alla quota di loro spettanza pari al 25% ciascuno.

In ogni caso con vittoria di spese e competenze del giudizio e condanna alle spese ex art. 96 c.p.c.

Per la convenuta-opposta

Voglia l’Ill.mo Giudice adito, contrariis rejectis, premesse le declaratorie tutte necessarie ed opportune:

nel merito, rigettare tutte le avverse domande in quanto infondate, immotivate e /o non provate e, per l’effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto; in via subordinata e salvo gravame, condannare gli opponenti al pagamento della somma che risulterà dovuta in corso di causa.

Con vittoria di spese del presente giudizio.

Ragioni della decisione

In fatto

1. Con decreto ingiuntivo n. 1121/2018 R. Ing. emesso il 4-12-2018 e dichiarato immediatamente esecutivo, il Tribunale di Rovigo condannava JJJ, XXX, SSS e YYY, nella qualità di fideiussori di *** di JJJ e XXX s.n.c. (in seguito anche “*** s.n.c.”), al pagamento in via solidale, in favore di ZZZ s.r.l., della somma di € 142.882,47, pari all’importo capitale del credito vantato dalla ricorrente nei confronti della società sopra indicata in relazione al saldo debitore del conto corrente n., acceso dalla medesima presso la Cassa di Risparmio di ***, *** e ***.

2. Con atto di citazione notificato il 19-2-2019 il XXX e la YYY proponevano tempestiva opposizione avverso detto decreto ingiuntivo ed eccepivano: (i) la nullità del provvedimento monitorio, in quanto emesso in mancanza di idonea documentazione ex artt. 633 c.p.c. e 50 TUB; (ii) la prescrizione del diritto di credito vantato da ZZZ s.r.l., in quanto il conto corrente n. acceso da *** s.n.c., dichiarata fallita dal Tribunale di Ferrara con sentenza in data 20-10-2008, era stato chiuso nel giugno del 2005 e non vi erano stati successivi atti interruttivi della prescrizione; (iii) la nullità della fideiussione omnibus da loro prestata, in ragione dell’esistenza di un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza vietata dall’art. 2 della legge 287/1990, la quale avrebbe dato luogo all’applicazione uniforme nel sistema bancario delle clausole 2, 6 e 8 predisposte dall’ABI nel 2003 e alla conseguente violazione, in particolare, dell’art. 1957 c.c., non essendo stata offerta da ZZZ s.r.l. la prova dell’avvio dell’azione di recupero del credito nei confronti della società garantita nel rispetto del termine di sei mesi; (iv) l’insussistenza della pretesa creditoria di ZZZ s.r.l., per l’illegittimo addebito di “interessi ultralegali, commissioni e spese non pattuite, nonché per violazione del divieto di anatocismo e dello ius variandi” (pagina 5 dell’atto di citazione). Gli opponenti chiedevano, altresì, l’autorizzazione alla chiamata in causa dei co-fideiussori JJJ ed SSS, per essere da costoro tenuti indenni rispetto all’eventuale condanna al pagamento di somma eccedente la quota interna di spettanza di ciascuno, pari al 25%.

3. Costituitasi in giudizio con comparsa di risposta depositata in data 23-5-2019, la convenuta-opposta resisteva all’opposizione, deducendo che:

– gli estratti conto certificati ex art. 50 d.lgs. 385/93 erano idonei a fondare la pretesa creditoria in sede monitoria;

– l’insinuazione al passivo del fallimento di *** s.n.c. (dichiarato dal Tribunale di Ferrara con sentenza del 20-10-2008), da parte della banca che aveva ceduto il credito a ZZZ s.r.l., aveva determinato l’interruzione del termine della prescrizione del diritto di credito;

– il giudice adìto era incompetente in ordine alla domanda di accertamento della nullità della fideiussione omnibus per l’asserita violazione dell’art. 2 della legge 287/1990, attesa la competenza funzionale della sezione specializzata del tribunale delle imprese stabilita dall’art. 4, co. 1-ter, della legge 168/2003;

– gli opponenti erano privi di legittimazione attiva in relazione alla domanda di accertamento della nullità del contratto di garanzia, “alla luce dell’attrazione della qualità di imprenditore del soggetto garantito”, giacché la tutela prevista dalla legge 287/1990 spetta al consumatore, mentre il XXX era stato socio amministratore di *** s.n.c.;

– il tenore della clausola di cui all’art. 6 del contratto di fideiussione, avente ad oggetto la deroga al termine previsto dall’art. 1957 c.c., non era del tutto coincidente con la clausola n. 8 dello schema predisposto dall’ABI e censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, sicché non vi era prova della standardizzazione della clausola, né gli opponenti avevano offerto la prova di aver subìto un qualche danno dalla sottoscrizione della fideiussione, che sarebbe stata in ogni caso affetta da nullità parziale ex art. 1419 c.c.

4. Con ordinanza in data 21-12-2019 il giudice rilevava che dalla visura della CCIAA, prodotta dalla convenuta-opposta, risultava che il Fallimento *** s.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili XXX e JJJ, dichiarato il 20-10-2008, era stato chiuso con decreto del 28-5-2012, ma la la convenuta-opposta, pur avendo allegato di aver fatto valere le proprie ragioni nei confronti della debitrice principale, non aveva dimostrato di aver presentato l’istanza di insinuazione al passivo fallimentare della società dichiarata fallita, sicché vi era incertezza in ordine alla sussistenza dell’effetto permanente della interruzione della prescrizione fino alla chiusura della procedura concorsuale anche nei confronti dei condebitori solidali del soggetto dichiarato fallito. Richiamava sul punto la giurisprudenza della suprema corte (Cass. civ. [ord.], 14-02-2019, n. 4353, in motivazione) e, in accoglimento dell’istanza proposta dagli opponenti, ritenendo non infondata l’eccezione di prescrizione del credito, sospendeva la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo ex art. 649 c.p.c. Autorizzava, inoltre, la chiamata in causa degli altri due fideiussori, non avendo il primo giudice assegnatario del procedimento provveduto sul punto.

4.1. All’udienza del 9-10-2020, su richiesta del difensore di ZZZ s.r.l., il giudice assegnava il termine di quindici giorni per l’avvio del procedimento di mediazione obbligatoria e fissava l’udienza ex art. 183 c.p.c alla data del 3-3-2021, di cui disponeva la trattazione scritta ai sensi dell’art. 221, comma 4, della legge 77/2020 e all’esito della quale assegnava alle parti i termini di cui all’art. 183 co. 6 nn. 1, 2 e 3 c.p.c.

4.2. Dopo la conclusione dell’istruzione probatoria documentale della controversia, all’udienza del 13-10-2021 la causa era trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

In diritto –

5. L’eccezione preliminare di rito sollevata dagli opponenti in ordine all’asserita improcedibilità della domanda, ex art. 5 co. 1-bis d.lgs. 28/2010 non è fondata, in quanto la controversia avente ad oggetto l’adempimento di un’obbligazione fideiussoria, ancorché accessoria a un’obbligazione nascente da un rapporto bancario, non è soggetta alla procedura di mediazione obbligatoria (cfr., tra le numerose, T. Milano, 13-11-2020, in Foro it., Rep. 2021, voce Conciliazione in genere, n. 11, e in lanuovaproceduracivile.com, 2021), perché la fideiussione non rientra tra i “contratti bancari” di cui fa menzione l’art. 5 co. 1-bis, costituendo un contratto di garanzia disciplinato dal codice civile. In ogni caso, a tacere del fatto che va esclusa la natura perentoria del termine di quindici giorni (cfr. A. Firenze 13-01-2020, in Foro it., 2020, parte I, 1763, con nota di richiami), mette conto osservare che ZZZ s.r.l. ha depositato la domanda di mediazione all’organismo competente in data 16-10-2020, ossia nel termine di quindici giorni assegnato dal giudice all’udienza del 9-10-2020, e il procedimento si è concluso prima del 3-3-2021, data dell’udienza già fissata per l’eventuale prosecuzione del processo.

6. ZZZ s.r.l. ha ricostruito le vicende relative alla titolarità dal lato attivo dell’obbligazione del cui adempimento si controverte. Nel ricorso per decreto ingiuntivo ha infatti affermato che Cassa di Risparmio di *** *** e *** Banca s.p.a., nei cui confronti *** s.n.c. e i garanti si erano obbligati in virtù del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito e della fideiussione prestata dal XXX e dalla YYY, si è fusa per incorporazione in *** s.p.a., che ha conferito il ramo d’azienda inerente all’attività bancaria domestica delle banche incorporate a *** s.p.a., società che ha mutato la propria denominazione in *** s.p.a., poi fusa per incorporazione in *** s.p.a. Quest’ultima ha effettuato un’operazione di cessione in blocco dei crediti ad *** s.p.a., poi fusa per incorporazione in *** s.p.a. con effetto dall’1-1-2011. Quest’ultima ha ceduto in blocco i crediti ad *** s.r.l., la quale ha ceduto a sua volta il credito vantato nei confronti dei fideiussori di *** s.n.c. a ZZZ s.r.l.

Nella comparsa conclusionale gli opponenti hanno sostenuto che sarebbe “dubbia” la carenza di legittimazione ad agire della convenuta-opposta (pagina 8), ma è sufficiente rilevare la palese tardività di tale eccezione che pertiene non già alla legitimatio ad causam, il cui difetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, bensì alla titolarità della pretesa creditoria dedotta in giudizio da ZZZ s.r.l., la quale attiene al merito ed è pertanto affidata alla disponibilità delle parti, sicché deve essere tempestivamente formulata (cfr. Cass. civ., sez. II, 27-06-2011, n. 14177).

7. Quanto all’efficacia probatoria dell’estratto conto ex art. 50 d.lgs. 385 del 1993 prodotto dalla convenuta-opposta nel procedimento monitorio, va anzitutto ricordato che il cessionario di crediti bancari per effetto delle operazioni di cartolarizzazione disciplinate dalla l. n. 130 del 1999 può avvalersi, in sede monitoria, dell’estratto del conto corrente di cui all’art. 50 d.lgs. n. 385 del 1993, perché l’art. 4, co. 1, della legge n. 130 del 1999 dispone che alle cessioni di credito si applica l’art. 58, co. 3, d.lgs. n. 385 del 1993, in forza del quale restano «applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti» (Cass. civ. [ord.], sez. I, 03-12-2019, n. 31577).

Ciò premesso, non è superfluo rilevare che in tutte e tre le pronunce della suprema corte richiamate dagli opponenti (Cass. n. 13542/2017, Cass. n. 12935/2017 e Cass. 12936/2017) a sostegno della tesi della inidoneità probatoria dell’estratto conto prodotto in sede monitoria da ZZZ s.r.l. si afferma in motivazione un principio tanto ovvio quanto irrilevante nel caso di specie: “è vero che l’estratto di saldaconto, di mera natura riassuntiva del debito finale, idoneo nel vigore del previgente articolo 102 Legge Bancaria del 1938, non è più sufficiente ai sensi dell’articolo 50 T.u.b., che richiede finanche in monitorio un vero e proprio estratto conto con la registrazione delle varie partite in dare e avere; non è men vero, però, che ove la banca – come il giudice del merito ha accertato nel caso specifico – abbia ottenuto il decreto ingiuntivo sulla base di un certificato di saldaconto, sebbene codesto non fosse già più idoneo a integrare la prova scritta del credito in sede monitoria, a niente serve opporre dalla stessa banca quanto previsto dalla norma del T.u.b.: quel certificato di saldaconto, nel giudizio a cognizione piena che si apre con l’opposizione al decreto ingiuntivo, non muta rilevanza probatoria per il sol fatto che il T.u.b. prevede che debba essere prodotto un estratto conto; e, ove il titolo sia stato ottenuto in base al certificato di saldaconto, tale certificato mantiene il consueto valore meramente indiziario, da sempre riconosciutogli (v. Cass. n. 6705-09; Cass. n. 26857-11)”.

Pare invece dirimente considerare che i giudici di legittimità hanno da tempo chiarito che “Nei rapporti di conto corrente bancario l’estratto di saldaconto ha efficacia probatoria fino a prova contraria anche nei confronti del fideiussore del correntista non soltanto per la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche nel giudizio di opposizione allo stesso e in ogni altro procedimento di cognizione, perché ove il debitore principale sia decaduto a norma dell’art. 1832 c.c. dal diritto di impugnare gli estratti di saldo conto, il fideiussore chiamato in giudizio dalla banca medesima per il pagamento della somma dovuta non può sollevare contestazioni in ordine alla definitività di quegli estratti.” (Cass. civ., sez. III, 0505-2016, n. 8944; nello stesso senso Cass. civ., sez. III, 05-12-2003, n. 18650).

8. Quanto sopra esposto sarebbe sufficiente a ritenere provata la pretesa creditoria della cessionaria del credito vantato da *** s.p.a. nei confronti dei fideiussori di *** s.n.c., ma non è inutile osservare che ZZZ s.r.l. ha prodotto con il ricorso per decreto ingiuntivo il contratto di conto corrente n. sottoscritto il 21-52001 dal XXX, nella veste di socio amministratore di *** s.n.c., nonché il contratto di apertura di credito sino a 220.000,00 euro concluso in pari data con la Cassa di Risparmio *** *** e *** (docc. sub 2 allegati al ricorso per decreto ingiuntivo) e gli estratti conto (doc. 7 allegato alla memoria ex art. 183 co. 6 n. 2) c.p.c. depositata il 26-42021.

Tali rilievi conducono a ritenere superflua la disamina della questione, inutilmente dedotta dagli opponenti, relativa all’illegittima applicazione di interessi ultra-legali, commissioni e spese non pattuite e alla violazione del divieto di anatocisimo e dello ius variandi.

9. L’eccezione di prescrizione del credito vantato dalla convenuta-opposta è anch’essa priva di fondamento, alla luce della produzione in giudizio delle intimazioni di pagamento, inviate da **** s.p.a. nella veste di mandataria di *** s.p.a., con lettere raccomandate a r. del 30-11-2010 e del 2-12-2010, ricevute rispettivamente dalla debitrice principale il 21-12-2010 e dagli odierni opponenti il 24-122010 (docc. 8, 9 e 10 prodotti dalla convenuta-opposta in uno con la memoria depositata il 26-4-2021), dopo la revoca della linea di credito che assisteva il conto corrente intestato a *** s.n.c., comunicata con lettera raccomandata a r. del 20-6-2005 ricevuta dalla società l’11-7-2005 (doc. 5 allegato al fascicolo monitorio) e dai fideiussori il 4-7-2005 (doc. 6 allegato al fascicolo monitorio).

L’obiezione mossa dagli opponenti nella comparsa conclusionale in ordine alla mancata produzione in giudizio della procura conferita da *** s.p.a. a *** s.p.a. ai fini della costituzione in mora dei fideiussori, oltre che tardiva, è priva di pregio, ove si consideri che, in tema di atti interruttivi della prescrizione, “la circostanza che la costituzione in mora provenga non dal creditore personalmente, ma da soggetto che abbia agito nella dichiarata qualità di rappresentante o mandatario del titolare del diritto, in forza di un potere genericamente o specificamente abilitante, ancorché conferito senza formalità – e dimostrabile con ogni mezzo di prova, anche presuntiva – non toglie all’atto la sua idoneità interruttiva, atteso che la disposizione dell’art. 1392 cod. civ. – secondo cui la procura non ha effetto se non è conferita nelle forme prescritte per il contratto che il rappresentante deve concludere – trova applicazione, ai sensi dell’art. 1324 cod. civ., per gli atti unilaterali negoziali, ma non per quello di costituzione in mora, ancorché, a norma dell’art. 1219 cod. civ., debba essere fatto per iscritto, trattandosi di mero atto giuridico non negoziale, che, una volta compiuto, produce gli effetti indicati nell’art. 1221 cod. civ. e, ai sensi dell’art. 2943, ultimo comma cod. civ., anche quello di interrompere la prescrizione” (così Cass. civ., sez. III, 12-10-1998, n. 10090; nello stesso senso cfr. Cass. civ., sez. lav., 09-05-2012, n. 7097; Cass. civ., sez. lav., 03-02-2017, n. 2965).

10. L’eccezione di nullità della fideiussione omnibus sottoscritta dagli opponenti il 13-122001 (doc. 3 allegato al fascicolo monitorio) non vale a destituire di fondamento la pretesa creditoria della convenuta-opposta.

Con la seconda memoria depositata ai sensi dell’art. 183 co. 6 c.p.c., gli opponenti hanno prodotto in giudizio lo schema predisposto dall’ABI che reca la data dell’11-7-2003, nonché il provvedimento n. 55 del 2-5-2005 della Banca d’Italia, con il quale l’organo di vigilanza rilevò la violazione dell’art. 2 della legge 287/90 per effetto della standardizzazione delle clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale ABI (clausole di sopravvivenza, reviviscenza e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.), e il parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, del quale la Banca d’Italia di avvalse (docc. 10, 11 e 12 di parte opponente).

Non v’è dubbio che il provvedimento della Banca d’Italia possieda “un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento con cui è stato imposto all’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario” (Cass. civ., sez. I, 22-05-2019, n. 13846).

Peraltro, i giudici di legittimità hanno chiarito che la nullità di dette pattuizioni non determina affatto la caducazione dell’intero contratto, in mancanza di allegazione che quell’accordo, in assenza di dette clausole, non sarebbe stato concluso, perché l’art. 1419 c.c. prevede l’estensione della nullità a tutta la fattispecie contrattuale solo qualora l’interessato dimostri che le clausole nulle siano in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. In tale chiarita prospettiva, è evidente come “logicamente, solo la banca avrebbe potuto dolersi della loro espunzione”, mentre questa preferirebbe rafforzare la propria garanzia, benché privata delle clausole in specie, piuttosto che non farlo, e i fideiussori non potrebbero certo dolersi dell’espunzione di clausole palesemente poste a favore degli interessi dell’Istituto creditizio (Cass. civ., sez. I, 26-09-2019, n. 24044).

L’eccezione di nullità formulata dagli opponenti si incentra, invero, sulla clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (art. 6 del contratto di fideiussione, doc. 3), ma sul punto assume valenza dirimente il contenuto dell’art. 7 del citato contratto, che prevede il pagamento del fideiussore “a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio”.

Rilievo decisivo assume, allora, accertare quale debba essere la forma dell’istanza prevista dall’art. 1957 c.c. perché il creditore non incorra nella decadenza prevista da tale disposizione, vale a dire se sia necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, o sia sufficiente una richiesta stragiudiziale di pagamento.

Non v’è dubbio che la ratio dell’art. 1957 co. 1 c.c. debba essere colta nell’esigenza di impedire che il fideiussore, a causa dell’inerzia del creditore, resti incerto in ordine agli effetti e alla sorte della sua obbligazione e possa essere pregiudicato per ciò che attiene al suo rapporto con il debitore principale.

I giudici di legittimità hanno, però, da tempo chiarito che la clausola con cui il creditore si impegni a soddisfare il creditore “a semplice richiesta”, o entro un tempo predeterminato, può essere interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un’azione giudiziaria), nel senso che l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione è soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così Cass. civ., sez. I, 01-07-1995, n. 7345 in motivazione, richiamata da Cass. civ., sez. III, 21-05-2008, n. 13078), che può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore, contro l’uno o l’altro dei due condebitori solidali, e dunque anche contro il fideiussore, con effetti ugualmente idonei ad impedire l’estinzione della fideiussione (Cass. S.U. n. 5572/1979).

Nel caso in esame, le intimazioni di pagamento di cui si è detto in precedenza, ricevute da *** s.n.c. e dagli opponenti rispettivamente l’11 e il 4-7-2005, nonché il 21 e il 24-122010 soddisfano il requisito imposto dall’art. 1957 co. 1 c.c. e conducono di conseguenza a ritenere che la convenuta-opposta non sia affatto incorsa nella decadenza prevista dalla citata diposizione.

Dunque, la perdurante vigenza della regola posta dall’art. 1957 co. 1 c.c., dovuta alla nullità della clausola prevista all’art. 6 del contratto di garanzia, non incide in alcun modo sul diritto della convenuta di ottenere la condanna dei fideiussori al pagamento della somma indicata nel decreto ingiuntivo opposto.

11. Quanto alla domanda di regresso anticipato proposta dagli opponenti, co-fideiussori dei terzi chiamati SSS e JJJ rimasti contumaci, la domanda può trovare accoglimento, ma la condanna dei coobbligati è condizionata al pagamento di quanto dovuto dagli opponenti a ZZZ s.r.l., dovendo trovare applicazione il principio secondo cui il condebitore solidale, convenuto in giudizio dall’unico creditore, può promuovere l’azione di regresso di cui all’art. 1299 c.c. nei confronti degli altri coobbligati anche prima di aver pagato la propria obbligazione, fermo restando che l’eventuale sentenza di accoglimento non potrà essere messa in esecuzione se chi l’ha promossa non abbia a sua volta adempiuto nei confronti del creditore principale (Cass. civ., sez. III, 19-5-2008, n. 12691).

I terzi chiamati vanno dunque condannati al futuro pagamento della somma eccedente il 25% dell’importo spettante a ZZZ s.r.l., una volta che il XXX e la YYY avranno eseguito il pagamento dell’importo loro richiesto dalla convenuta.

La regolamentazione delle spese processuali, liquidate sulla scorta dei valori tariffari medi previsti dal d.m. 55/2014, segue la regola posta dall’art. 91 c.p.c., cosicché gli opponenti sono tenuti al pagamento delle medesime in favore di ZZZ s.r.l.

Non avendo i terzi chiamati svolto alcuna attività difensiva, le spese di lite tra costoro e gli opponenti si dichiarano interamente compensate, ai sensi dell’art. 92 c.p.c.

p.q.m.

definitivamente decidendo nel procedimento di opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1121/2018 R. Ing. del Tribunale di Rovigo, promosso da XXX e YYY nei confronti di ZZZ s.r.l., con la chiamata in causa di SSS e JJJ,

– rigetta l’opposizione proposta da XXX e YYY avverso il decreto ingiuntivo n. 1121/2018 R.Ing., che dichiara esecutivo, e per l’effetto condanna XXX e YYY al pagamento, in via solidale, in favore di ZZZ s.r.l., della somma di € 142.882,47, oltre agli interessi al tasso legale decorrenti dal 31-7-2017 al saldo, nonché al pagamento delle spese di lite già liquidate nel decreto ingiuntivo sopra indicato;

– condanna SSS e JJJ al pagamento, in favore di XXX e di YYY, della somma eccedente il 25% ciascuno dell’importo spettante a ZZZ s.r.l., una volta che XXX e YYY avranno eseguito il pagamento della somma oggetto di condanna in favore della società predetta;

– condanna XXX e YYY, in solido, al pagamento in favore di ZZZ s.r.l. della somma di € 13.430,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario del 15% e agli oneri fiscali e previdenziali, a titolo di rifusione delle spese di lite;

– dichiara interamente compensate le spese di lite tra gli opponenti ed SSS e JJJ.

Rovigo, 7 dicembre 2021.-

il giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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