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Somministrazione del servizio idrico

Somministrazione del servizio idrico, in caso di contestazione dei consumi spetta alla somministrante provare il quantum.

Pubblicato il 14 October 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI CROTONE

Il Tribunale di Crotone, sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 706/2022 pubblicata il 16/09/2022

nella causa civile iscritta al n. 2130/2019 R.G. proposta

da

XXX s.r.l., p. IVA

– attrice-

contro

YYY

– convenuto–

nonchè

ZZZ s.r.l., p. IVA

-convenuta-

CONCLUSIONI

All’udienza del 9.5.2022, sulle conclusioni dei procuratori delle parti, di cui al relativo verbale, la causa veniva trattenuta in decisione assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Oggetto: Accertamento negativo del credito da somministrazione servizio idrico.

MOTIVI

I.- Per quanto strettamente rileva ai fini della decisione, giusto il disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., le posizioni delle parti e l’iter del processo possono riassumersi come segue.

I.1.- Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX s.r.l. esponeva: che con scrittura privata autenticata per notaio 26.7.2010 aveva affittato ad *** s.r.l. il ramo d’azienda relativo al complesso *** ***, sito in; che, risoltosi il contratto per mutuo consenso, con altro atto pubblico del 17.6.2017, sempre per notaio, aveva affittato il medesimo ramo d’azienda a ZZZ s.r.l.; che la somministrazione della fornitura idrica e la conclusione del contratto con Italgas era stata compiuta nel 2004; che in data 7.8.2019 era pervenuta una richiesta di pagamento da YYY per forniture acqua per gli anni 2017, 2018 e 2019; che il contatore risultava comunque dismesso; che nonostante le spiegazioni fornite, era richiesto da YYY un ulteriore pagamento di € 70.467,17, per un totale di € 106.519,66; che nessun debito era imputabile alla deducente, dovendo eventualmente essere avviata un’interlocuzione con ZZZ s.r.l., che comunque aveva dichiarato che nei periodi considerati la struttura era chiusa. Chiedeva, pertanto, l’accertamento dell’inesistenza del credito nei suoi confronti.

I.2.- Si costituiva YYY con propria comparsa, deducendo: che dopo la sottoscrizione del contratto di fornitura nel 2004, non era stata concordata tra le parti alcuna variazione contrattuale riguardante la titolarità dell’utenza, che era rimasta intestata all’odierna attrice, né era stata comunicata a YYY alcuna cessione di ramo d’azienda; che il contatore non era mai stato dismesso (ma solo sostituito nel 2017) e la fatturazione dei consumi era regolare e corrispondente alle letture. Chiedeva pertanto il rigetto della domanda attorea, l’accertamento del debito a carico dell’attrice e di ordinare l’intervento di ZZZ s.r.l., società cessionaria del ramo d’azienda nei cui confronti formulava domanda di pagamento del debito, in via subordinata.

I.3.- Instaurato il contraddittorio ed ordinata la comparizione di ZZZ s.r.l., quest’ultima si costituiva con propria comparsa, deducendo: che la chiamata in causa del terzo ZZZ era da considerarsi tardiva e pertanto anche la domanda riconvenzionale formulata da YYY contro ZZZ era inammissibile; che non aveva mai ricevuto alcuna fattura o richiesta di pagamento, né era mai stata titolare di un rapporto contrattuale con YYY; che in data 4.10.2019 aveva chiesto notizie sul contratto di fornitura ma l’istanza era rimasta inevasa in quanto erano stati contestati i consumi precedenti, che erano stati contabilizzati in eccesso ed in periodi in cui la struttura era chiusa. Chiedeva, pertanto, la dichiarazione di inammissibilità della chiamata in causa del terzo e della domanda riconvenzionale formulata nei suoi confronti, il rigetto della domanda di YYY anche con l’accertamento della prescrizione del diritto.

I.4.- Ammessa ed espletata la prova testimoniale, all’udienza del 9.5.2022 la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.

MOTIVI

II.- La domanda dell’attrice è fondata e dev’essere accolta.

XXX s.r.l. ha adito l’intestato Tribunale al fine di ottenere l’accertamento negativo del credito portato da alcune fatture emesse da YYY nei suoi confronti ed aventi ad oggetto la fornitura del servizio idrico per il periodo 2017-2018-2019, recapitate nel 2019.

Al fine di ottenere tale accertamento, non contestando di aver attivato una fornitura idrica nel 2004 con l’allora gestore Italgas, ha eccepito di aver affittato, dapprima, nel 2010, ad *** s.r.l. e successivamente, nel 2017, a ZZZ s.r.l., il ramo d’azienda relativo al complesso *** *** nell’ambito del quale sarebbe stata utilizzata la fornitura idrica, sostenendo che i consumi non erano alla stessa imputabili.

Dal canto suo, YYY, precisando di essere subentrato nella gestione di tutti i contratti in essere con i precedenti gestori dal 18.1.2016, e che il contratto del 2004 non era mai cessato, ha sostenuto che l’unica sua interlocutrice e, quindi, debitrice, era rimasta comunque XXX, in quanto secondo le previsioni del Regolamento in essere tra le parti (art. 3) per ogni variazione contrattuale riguardante la titolarità dell’utenza era necessario perfezionare un nuovo contratto di fornitura, previa domanda di subentro, che i cessionari del ramo d’azienda non avevano mai inoltrato.

Non avendo comunicato la cessione del ramo d’azienda, secondo YYY era stata violata altresì la disposizione dell’art. 2558 c.c. con conseguente inoperatività della previsione che dispone che “se non è pattuito diversamente, l’acquirente subentra nei contratti stipulati”.

Secondo la prospettazione di YYY, sia XXX che ZZZ si erano rese inadempienti nei suoi confronti, in quanto non avevano comunicato il subentro, non avevano verificato la correttezza dei consumi, non avevano comunicato il blocco del contatore.

Ebbene, la prospettazione di YYY in merito alla riconducibilità in capo all’attrice del debito per forniture idriche non può essere condivisa.

Deve premettersi che nel presente ambito, trattandosi di azione di accertamento negativo, il criterio generale di riparto degli oneri assertivi e probatori è quello derivante dal combinato disposto degli artt. 1218 e 2697 cc e dal principio di vicinanza della prova, in forza dei quali incombe al preteso creditore allegare e provare la fonte negoziale dell’obbligazione di pagamento che assume inadempiuta totalmente o parzialmente e spetta al preteso debitore allegare e provare di avere esattamente adempiuto o altri fatti estintivi o comunque idonei a paralizzare la pretesa creditoria (ex multis: Cass. Sez. Un., 30.10.2001, n. 13533; Cass., 25.10.2007, n. 22361; Cass., 7. 3.2006, n. 4867; Cass., 1.12.2003, n. 18315; Cass., 5.10.1999 n. 11629).

Ebbene, risulta documentalmente che XXX abbia stipulato due contratti di affitto di azienda, nel 2010 e nel 2017, anche se per le questioni di causa quello che assume rilevanza è del 2017, con ZZZ s.r.l.; risulta inoltre incontestato che i consumi per i quali YYY ha emesso le fatture inviate all’attrice attengono al periodo 2017-2019 e si riferiscono esattamente all’attività fatta oggetto dell’affitto di ramo d’azienda.

Non risulta che vi sia stato un subentro di ZZZ nel contratto di fornitura idrica ma sono state allegate alcune interlocuzioni tra le parti, svolte nel 2019, dopo l’invio delle fatture, e conclusesi in un nulla di fatto, probabilmente in quanto le parti non sono riuscite ad accordarsi sull’imputazione dei consumi precedenti e pertanto non hanno sottoscritto alcun contratto di fornitura né risolto quello precedentemente in essere a nome di XXX.

Con riferimento al tipo specifico di contratto dedotto in giudizio, somministrazione del servizio idrico, va ricordato come la Corte di Cassazione abbia con massime consolidate affermato, in applicazione dell’art. 2697 cc e del principio della vicinanza della prova, come la bolletta sia idonea a dimostrare l’entità dei consumi della somministrazione in assenza di contestazioni da parte dell’utente mentre, in caso di contestazione dei consumi esposti nella bolletta, spetta alla somministrante provare il quantum dei beni somministrati, ovvero il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza tra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore (Cass. 2.12.2002, n. 17041; Cass., 28.5.2004, n. 10313; Cass., 16.6.2011, n. 13193).

Quanto, poi, alla contestazione di XXX sul difetto di titolarità del debito, sussistendo un valido contratto di affitto di azienda con ZZZ s.r.l., il fenomeno è previsto e regolato dall’art. 2558 c.c., che testualmente prevede: “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il terzo contraente può recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salva in questo caso la responsabilità dell’alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell’usufruttuario e dell’affittuario, per la durata dell’usufrutto e dell’affitto”.

Al solo fine della conoscenza dei terzi, come è noto, l’art. 2556 co. 2 c.c., impone al notaio rogante (o autenticante la firma) dei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda, l’obbligo di depositare i detti contratti nel Registro delle Imprese per l’iscrizione entro 30 giorni dalla stipula.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha sancito che il meccanismo previsto dall’art. 2558 c.c. è un effetto naturale della cessione della proprietà o del godimento dell’azienda e si verifica ipso jure per tutti i contratti a prestazioni corrispettive in corso, se diversi da quelli fondati sull’intuitus personae, a prescindere dall’accettazione e/o dalla comunicazione al terzo contraente; il terzo contraente può unicamente recedere per giusta causa, entro tre mesi dalla comunicazione (“L’art. 2558 c.c. – il quale prevede con norma suppletiva che, nel caso di trasferimento dell’azienda, salvo patto contrario, unitamente ai beni che la costituiscono si trasferiscono i contratti a prestazioni corrispettive non ancora completamente eseguite che non abbiano carattere personale sancisce, in effetti, che il trasferimento, in quanto mirante a garantire il mantenimento della funzionalità economica dell’azienda medesima, avviene secondo un meccanismo di attrazione dei contratti nella circolazione dell’azienda e costituisce un effetto naturale del contratto di trasferimento stesso, nel senso che si verifica indipendentemente dalla volontà delle parti che rileva soltanto per escluderlo. Pertanto, gli effetti del contratto trasferito si producono ipso iure, obbligando il terzo, a prescindere dall’accettazione e senza bisogno di comunicazione, la quale si configura come onere posto a carico delle parti del contratto di trasferimento dell’azienda e dei soggetti ad esse equiparati finalizzato al decorso del termine di tre mesi previsto per il recesso del terzo, motivato da giusta causa” – Cass. 7.12.2005 n. 27011; conf.: Cass., 9.10.2013 n. 22918).

L’art. 2558 c.c. produce, pertanto, il subentro automatico del cessionario/affittuario/usufruttuario dell’azienda nel contratto inerente l’azienda (Cass., 23. 1.2012 n. 840); gli effetti del trasferimento ovvero della cessione dell’azienda sono opponibili ai terzi dalla data della iscrizione nel Registro delle imprese (Cass. 3, 19.08.2013, n. 19155).

Nel caso in esame, certamente il contratto di fornitura in essere dal 2004 era inerente l’esercizio dell’azienda poi concessa in locazione, non è fondato sull’intuitus personae ed è un contratto a prestazioni corrispettive ancora in corso, né consta che le parti (XXX e ZZZ) abbiano inteso derogare all’effetto naturale dell’art. 2258 c.c.; avendo le parti dato prova che la scrittura privata di cessione di ramo d’azienda è stata autenticata dal notaio, quest’ultimo ha l’obbligo di provvedere al deposito nel Registro delle Imprese per l’iscrizione, onde è certo che tale circostanza si sia verificata.

Ne consegue che dalla data della cessione il contratto è opponibile ai terzi ed è dunque da tale data che si deve ritenere che si sia verificato il subentro nel contratto. Deve anche rilevarsi YYY non ha esercitato il diritto di recesso neppure dopo che, nel 2019, a seguito di numerose interlocuzioni tra le parti, aveva avuto piena conoscenza della cessione del ramo d’azienda, tanto che il subentro può dirsi definitivamente consolidato.

Ne deriva l’accoglimento della domanda principale.

III.- La domanda riconvenzionale formulata da YYY nella propria comparsa di risposta è inammissibile per tardività, così come la chiamata del terzo.

IV.- Dev’essere analizzata a questo punto la posizione processuale di ZZZ s.r.l.

ZZZ s.r.l. partecipa al giudizio in ragione di un intervento coatto per ordine del giudice ex art. 107 c.p.c.

Il giudice dispone l’intervento coatto quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo al quale la causa è comune; l’istituto in esame si distingue dall’integrazione del contraddittorio nel litisconsorzio necessario e dalla chiamata di terzo ad opera delle parti e può essere disposto quando il rapporto sostanziale dedotto in giudizio sia comune o comunque connesso, per identità di titolo o di oggetto, o di entrambi, con altro rapporto tra l’attore ed il convenuto (Cass., 3.6.1980, n. 3611).

La giurisprudenza sul punto precisa che può essere disposto anche se il rapporto sostanziale non è comune ed indivisibile rispetto ai soggetti chiamati, sulla base di un giudizio di mera opportunità processuale (Cass., 17.6.1999, n. 5983), compiuto dal giudice, discrezionale, non sindacabile (Cass. 5.9.2008, n. 22419; Cass., 22.6.1995, n. 7083).

Una volta esercitato questo potere e disposto l’intervento iussu iudicis, si determina una situazione di litisconsorzio processuale necessario, per cui il processo non può proseguire senza la partecipazione del terzo (Cass., 5.9.2008, n. 22419) ed il terzo acquista la qualità di parte processuale, indipendentemente dalla circostanza che proponga domande o che queste siano proposte nei suoi confronti, tanto che il terzo sarà comunque soggetto agli effetti della sentenza.

Le domande proposte dalle parti tuttavia non si estendono automaticamente e necessariamente al terzo ma occorre che la parte interessata formuli espressamente una domanda nei suoi confronti (Cass., 19.5.1988, n. 3483; Cass., 7.2.2008, n. 2901.

Fatta questa premessa di ordine generale, deve rilevarsi che dopo la disposizione dell’intervento per ordine del giudice, ZZZ s.r.l. si è costituita, chiedendo preliminarmente di accertare l’inammissibilità della chiamata del terzo e della domanda riconvenzionale formulate da YYY e nel merito ha eccepito la prescrizione del credito ed ha chiesto il rigetto della domanda dell’attrice.

Dal canto suo, dopo la costituzione di ZZZ, YYY ha insistito nella domanda di rigetto dell’azione giudiziale instaurata da XXX. Trattandosi, nella specie, di azione di accertamento negativo ed essendo inammissibile la domanda riconvenzionale, in sostanza la domanda di accertamento del credito nei confronti di ZZZ s.r.l., non essendo stata specificamente formulata neanche dopo la sua costituzione, non può essere vagliata.

Poiché tuttavia ZZZ s.r.l. ha chiesto l’accertamento negativo del credito, deve rilevarsi che, anche all’esito dell’istruttoria compiuta, non risulta sussistente un debito a carico di ZZZ per la fornitura idrica per cui è causa.

Non vi è stato alcun subentro nella fornitura intestata a XXX, nonostante l’espressa richiesta, esibita in atti, da parte di ZZZ; i consumi, pur fatturati nel periodo di riferimento in cui ZZZ risulta gestore della struttura, sono evidentemente contabilizzati in modo presunto (nonostante YYY sostenga che la contabilizzazione sia effettiva e non presunta, tuttavia la stessa non si è mai svolta nel contraddittorio tra le parti e non vi è prova degli assunti di YYY), in quanto gran parte di essi risultano calcolati in periodi in cui la struttura era chiusa, come confermato nel corso dell’istruttoria testimoniale svolta.

ZZZ ha eccepito inoltre che la struttura gestita è dotata di di un pro-prio potabilizzatore e di un allaccio autonomo al consorzio di bonifica dal quale la struttura ha sempre ottenuto la somministrazione dell’acqua e l’approvvigionamento per tutta la stagione, circostanza confermata altresì dai testi sentiti nel corso dell’istruttoria processuale (***, il quale ha lavorato dapprima per XXX e poi per ZZZ, ***, ***, ***, ***, dipendente ZZZ). In particolare il teste ***, che collabora con ZZZ, ha dichiarato sul punto che l’impianto idrico della struttura consente il riciclo dell’acqua e sulla vasca per riserva, ha dichiarato di non averla mai vista, ma che un tecnico spiegava quali manovre di controllo andavano fatte prima di fare eventuali variazioni nel locale tecnico a riguardo degli impianti, precisando che c’era un locale tecnico sotto ogni piscina. Il teste *** ha anche precisato che l’acqua utilizzata per la struttura era presa dalla condotta che non appartiene a YYY, ma che gli avevano riferito appartenesse al Consorzio di Bonifica.

Ne deriva che non può procedersi all’accertamento del credito neppure nei confronti di ZZZ s.r.l., risultando non provata la spettanza dei consumi in suo capo.

IV.- Le spese seguono la soccombenza e YYY dev’essere condannata al pagamento delle spese di lite sostenute dall’attrice XXX s.r.l. e da ZZZ s.r.l. I compensi sono calcolati sulla base delle tariffe di cui al D.M. n. 55/2014, secondo lo scaglione per il valore della controversia, i cui valori sono opportunamente ridotti in ragione della peculiarità della vicenda di specie, nella quale, per le peculiari circostanze dell’azione, in sostanza residua un debito per fornitura d’acqua senza titolare.

P.Q.M.

il Tribunale di Crotone, sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da XXX s.r.l., p. IVA, in persona del legale rappresentante p.t., contro YYY, in persona del legale rappresentante p.t., p. IVA, con atto di citazione ritualmente notificato (R.G. n. 2130/2019) e sulla posizione del terzo ZZZ s.r.l., p. IVA, in persona del legale rappresentante p.t., così provvede:

1) Accoglie la domanda attorea e quella del terzo ZZZ s.r.l. e dichiara per l’effetto che non sussiste alcun credito in capo a XXX s.r.l. ed a ZZZ s.r.l. per come indicato nella comunicazione del 7.8.2019 avente ad oggetto il pagamento della somma di € 36.052,10 e per come indicato nella fattura n. 116000/1 del 2.9.2019 per € 70.467,17;

2) Dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale formulata da

YYY;

3) Condanna YYY, in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento delle spese di lite sostenute da XXX s.r.l. e da ZZZ s.r.l., che quantifica in e € 7.795,00 per ciascuna parte per compensi professionali, oltre accessori se dovuti come per legge.

Così deciso in Crotone, il 16 settembre 2022.

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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