N. R.G. 2024/19922
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO OTTAVA
SEZIONE CIVILE N. R.G. 19922/2024
Il Tribunale, costituito in Camera di Consiglio nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME PRESIDENTE dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME Relatore a scioglimento della riserva assunta in data 5.2.2025 ha pronunciato la seguente
ORDINANZA N._R.G._00019922_2024 DEL_14_02_2025 PUBBLICATA_IL_17_02_2025
nella procedura R.G. 19922/24 avente ad oggetto:
reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. promossa da: ) assistito e difeso dall’avv. NOME COGNOME reclamante contro ) in proprio e quale socia e legale rappresentante de rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME contro (c.f.: ) rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME reclamata * * * C.F. all’opposizione ex art. 615 co.2 c.p.c., proposta dopo l’inizio dell’esecuzione per rilascio di immobile, avverso l’atto di precetto notificatogli in data 12.4.2024 e fondato sul decreto del Tribunale di Torino del 8.3.2024 che revocava l’assegnazione della casa ex coniugale in ragione della intervenuta indipendenza economica del figlio NOME, convivente con il padre; Esponeva il reclamante in punto fumus boni iuris che:
1) disponeva di un titolo che lo legittimava ad occupare l’immobile de quo per essere sin dal 1989 socio della società proprietaria dell’immobile e che, in forza dell’art 3 dello Statuto, era consentito alla società di “concedere gli immobili di proprietà sociale in uso gratuito ai soci” come comprovato dallo stato di famiglia;
2) difettava il titolo esecutivo idoneo al rilascio posto che il decreto di revoca doveva ritenersi condizione necessaria ma non sufficiente avendo quale unico effetto quello di ripristinare l’originario regime civilistico del bene;
3) la creditrice difettava della legittimazione attiva a chiedere il rilascio non potendo vantare la proprietà né altro diritto reale sul bene per esserne proprietaria, appunto, la 4) difettava, inoltre, l’interesse ad agire esecutivamente ex art 100 c.p.c. della sig pure in via mediata quale socia della condizione che spetta solo a chi è titolare del diritto di proprietà e che non coincide con l’interesse a ricorrere dell’ex coniuge che agisce per la revisione delle condizioni di divorzio ex art 9 l.n. 898/70;
Tutto questo dedotto in fatto e in diritto e, dopo aver argomentato anche in merito alla sussistenza del periculum in mora, rappresentato dal rischio di dover affrontare spese non recuperabili per la conclusione di contratti di acquisto e di locazione per gli attuali occupanti sigg. e i figli e NOME e il nipote e dal trauma psicologico di reperire una nuova e diversa abitazione rispetto a quella dove vivono da anni, chiedeva, quindi, la revoca dell’ordinanza impugnata e la sospensione dell’esecuzione;
Si costituiva in giudizio la convenuta in proprio e quale legale rappresentante della società la quale contestava le pretese avversarie e ne chiedeva il rigetto richiamando gli atti della fase cautelare davanti al G.E. evidenziando:
che difettava la prova dell’esistenza di un contratto di comodato ad uso familiare tra la società proprietaria dell’unico bene che era stata la casa coniugale e il sig e non era raggiunta la prova della permanenza delle esigenze familiari cui l’abitazione era destinata;
nel resto, e in particolare sul difetto di legittimazione ad e sulla carenza di interesse della sig richiamava il provvedimento impugnato;
concludeva per il rigetto del reclamo;
Si costituiva in giudizio il resistente figlio maggiorenne delle parti, il quale evidenziava che il G.E., nel provvedimento di rigetto della sospensiva aveva omesso di considerare la posizione del figlio in modo autonomo rispetto a quella del padre;
e, in particolare, evidenziava la propria legittimazione attiva a introdurre l’opposizione ex art 615 c.p.c. in quanto il precetto per rilascio e la monitoria di sgombero erano stati notificati anche a lui;
che il titolo esecutivo non poteva essere azionato nei suoi confronti poiché egli non era stato assegnatario della casa coniugale non avendo partecipato al giudizio di divorzio;
contestava, pertanto, il diritto della madre ad agire esecutivamente contro di lui per mancanza di un titolo esecutivo formato nei suoi confronti;
eccepiva la propria detenzione qualificata che aveva titolo in un negozio giuridico di tipo familiare;
contestava la legittimazione ad agire esecutivamente anche da parte della quale legale rappresentante della dovendo procurarsi un titolo idoneo a tal fine;
eccepiva la tardività della costituzione della società semplice perché l’esecuzione per rilascio era stata intrapresa dalla sola in punto periculum in mora, richiamava quanto detto dal reclamante e, in particolare, eccepiva l’impossibilità di affrontare spese per la conclusione di un contratto di locazione non avendo redditi propri;
chiedeva pertanto l’ accoglimento del reclamo;
Sentite le parti all’udienza il Collegio si è riservato.
Il Collegio osserva quanto segue:
Il reclamo ex artt. 624 e 669 terdecies c.p.c. avverso il rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione proposta ex art 615 co 2 c.p.c. dopo l’inizio dell’esecuzione è fondato e va accolto;
Le parti, ex coniugi, hanno ottenuto la modifica delle condizioni di divorzio con decreto in data 8.3.2024 che ha revocato l’assegnazione della casa coniugale al sig , in precedenza disposta in ragione della convivenza del figlio NOME, non ancora economicamente autosufficiente, con il padre;
Quest’ultimo, odierno reclamante, ha proposto opposizione ex art 615 co 2 c.p.c. averso all’esecuzione per rilascio volta ad ottenere la restituzione dell’immobile di proprietà della società semplice della quale sono soci al 50% gli ex coniugi sig.ri Il primo giudice, nel rigettare la sospensiva, ha ritenuto essere valido titolo esecutivo il decreto di revoca dell’assegnazione della casa familiare del 8.3.2024, confermato in Corte d’Appello e fatto oggetto di ricorso per Cassazione;
ha ritenuto sussistente la legittimazione attiva della sig.ra in quanto socia della proprietaria dell’immobile individuando, quindi, un interesse mediato al rilascio in vista di una futura vendita;
inoltre, ha evidenziato che anche quando fosse provato il contratto di comodato “familiare” sarebbe prevalsa, in ogni caso, la disciplina dell’assegnazione della casa che era venuta meno per la raggiunta indipendenza economica dei figli;
Ritiene il Collegio di esaminare per primi i motivi indicati ai nn. 3 e 4 del reclamo con i quali l’opponente domanda la sospensione dell’esecuzione eccependo l’inesistenza originaria del titolo o della sua efficacia ai fini dell’esecuzione per rilascio e il difetto di legittimazione della creditrice perché rappresentano la ragione più liquida della decisione (vd. da ultimo Cass. n. 693/24);
E’ all’esame del Tribunale la questione dell’eseguibilità dell’obbligo di rilascio dell’immobile destinato ad abitazione familiare quando il diritto si assume consacrato nel decreto di modifica delle condizioni di divorzio che abbia revocato la precedente assegnazione della casa coniugale e che rappresenta, quindi, titolo esecutivo giudiziale;
più in generale si affronta il problema dell’esigibilità del diritto di credito alla restituzione del bene come accertato in un titolo giudiziale nel quale non è espresso un comando al rilascio né un termine di esecuzione e del quale siano contestati, dal debitore opponente, i requisiti di certezza ed esigibilità e, in ultima istanza, di esistenza stessa del titolo;
Il decreto azionato dalla sig.ra emesso su sua richiesta dal Tribunale di Torino in data 8.3.2024 a modifica delle condizioni di divorzio, dispone testualmente la “revoca (del)l’assegnazione della casa coniugale al sig sita a Torino INDIRIZZO senza ulteriori specificazioni e, in particolare, senza condannare al rilascio il sig e il figlio NOME in favore della sig.ra o di altri diversi soggetti e senza l’indicazione del termine per il Collegio, con la giurisprudenza di legittimità, che: “il provvedimento ovvero la sentenza rispettivamente attributivi o di revoca (della casa coniugale n.d.r.) costituiscono titolo esecutivo, per entrambe le situazioni, anche quando l’ordine di rilascio non sia stato con essi esplicitamente pronunciato.
(Principio affermato dalla S.C. con riguardo all’opposizione, esperita dalla coniuge già assegnataria della casa familiare, al precetto notificatole dall’altro coniuge per il rilascio dell’immobile, sulla base della sola sentenza del tribunale di revoca dell’attribuzione” vd Cass n. 1367/2012);
Poiché l’esecuzione si fonda su di un titolo esecutivo giudiziale sono irrilevanti tutte le questioni che devono, o dovevano, essere fatte valere dinnanzi al giudice della cognizione (ad es. la precarietà delle condizioni economiche del figlio maggiorenne) perché, in sede esecutiva e nelle relative opposizioni, non possono essere dedotti fatti estintivi, impeditivi o modificativi verificatisi prima della maturazione delle preclusioni processuali, ad essi relative, nel giudizio di cognizione che ha portato alla formazione di tale titolo (in questo senso la giurisprudenza costante e da ultimo Cass n. 3716/2020); Rileva il Tribunale che parte reclamante eccepisce il difetto di un titolo esecutivo idoneo all’esecuzione per rilascio della casa coniugale in favore del creditore procedente sig.ra poichè il suddetto decreto di revoca doveva ritenersi condizione necessaria ma non sufficiente avendo quale unico effetto quello di ripristinare l’originario regime civilistico del bene;
L’argomento riprende il principio di diritto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 15373/2016 che ha stabilito che “In materia di divorzio, la sentenza che ponga a carico del marito l’obbligo di mantenimento della ex moglie e revochi l’assegnazione della casa coniugale a quest’ultima, contestualmente affermando che il bene segua “il normale regime civilistico”, va intesa nel senso che la casa torna nel godimento esclusivo della stessa ex moglie, in quanto ne era unica proprietaria, essendo tale interpretazione l’unica desumibile, oltre che dal tenore letterale del disposto, anche dalla piena corrispondenza di una simile conseguenza con l’imposizione, sempre al marito, dell’assegno di mantenimento. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva accolto l’opposizione a precetto per il rilascio dell’immobile, intimato dal marito a carico dell’ex moglie, rilevando come l’assenza di una titolo dotato del requisito della certezza che lo legittimasse a procedere ad esecuzione forzata)”;
Nel caso all’esame del Tribunale la proprietà della casa ex coniugale è della società semplice della quale sono soci al 50% i sigg. Sul punto la posizione delle parti coincide nelle premesse poiché è circostanza condivisa da entrambi che il provvedimento che revoca l’assegnazione della casa coniugale comporta che il bene segua “il normale regime civilistico” che è il regime di proprietà dell’immobile in capo alla società semplice, ma differisce nelle conclusioni a cui esse giungono;
Dovendo l’esecuzione procedere sulla base di un titolo dotato del requisito della certezza circa la pretesa da eseguirsi (art. 474, co.1 c.p.c.), l’assenza di una espressa assegnazione della casa alla sig.ra unitamente alla circostanza che la proprietà dell’immobile è in capo ad un soggetto terzo rispetto alle parti del procedimento esecutivo, esclude l’esistenza di quel requisito;
Infatti, facendo applicazione del principio di diritto espresso dalla Suprema Corte con la sentenza sopra richiamata la casa familiare, a seguito della revoca dell’assegnazione al sig , torna nel godimento esclusivo della società che ne è unica proprietaria, essendo tale interpretazione del decreto di revoca emesso dal Tribunale l’unica desumibile dalla sua lettura;
La società semplice proprietaria, però, non dispone di un titolo per ottenere la restituzione del bene da chi attualmente lo occupa né può essere utilizzato, a tale scopo, quello formato nell’ambito del giudizio di modifica delle condizioni di divorzio che non ha visto, ovviamente, la partecipazione della società semplice In questo senso difetta la legittimazione attiva della sig sia in proprio perché non è proprietaria del bene, sia nella sua qualità di rappresentante della società, perché con il precetto per rilascio ha agito iure proprio; infatti, “Va esclusa la legittimazione a promuovere l’azione esecutiva in capo al soggetto, diverso da quello indicato nel titolo esecutivo, che ha notificato il precetto in nome proprio, né è possibile una successiva ratifica dell’intimazione di pagamento da parte dell’effettivo creditore, posto che questa implica l’intenzione di far propri gli effetti di un’attività svolta con la spendita (almeno implicita) del nome del soggetto rappresentato.
(Nella di una ASL sulla base di sentenza di risarcimento di danno erariale emessa della Corte dei Conti in favore della Regione Lazio, rilevando la mancanza nel precetto della spendita del nome del distinto ente titolare del credito)” (Cass n. 29902/2024);
La sig.ra solo con gli atti depositati nel fascicolo dell’opposizione ha effettuato la contemplatio domini spendendo la sua qualifica di socia e legale rappresentante della società semplice ma, per quanto detto, tale indicazione risulta tardiva avendo notificato il precetto esclusivamente in nome proprio;
In conclusione, sebbene il decreto di modifica delle condizioni di divorzio sia astrattamente un titolo esecutivo e possa legittimamente fondare l’esecuzione per rilascio della ex casa coniugale non vale, nel caso concreto, ad ottenere in favore della creditrice la restituzione dell’ immobile da parte dell’ex coniuge, e a maggior ragione dal figlio NOME, in quanto la sig.ra non è proprietaria del bene;
analogamente, la società proprietaria, dovrà munirsi di un titolo esecutivo valido per ottenere il rilascio dagli attuali occupanti non potendo utilizzare il titolo formato nei confronti di altri soggetti in difetto dei presupposti dell’art 475 c.p.c.;
L’accertamento della mancanza di un titolo idoneo all’esecuzione, circostanza di per sé integrante i gravi motivi di cui all’art 624 c.p.c., esime il Collegio dal valutare il presupposto del periculum in mora;
Il reclamo è, pertanto, fondato e l’esecuzione va sospesa in riforma dell’ordinanza impugnata;
Non possono essere assegnati nuovi termini per l’introduzione del giudizio di merito già correttamente concessi dal primo giudice;
Le spese seguono la soccombenza del reclamato e sono liquidate come da dispositivo ai valori medi per le cause di valore indeterminabile di bassa complessità (tra i 26.000 ed i 52000 euro per i procedimenti cautelari);
sono liquidate per la fase davanti al Ge nella stessa misura già indicata dal primo giudice;
visti gli artt. 617 e 669 terdecies c.p.c., Accoglie il reclamo e per l’effetto in riforma dell’ordinanza impugnata sospende l’esecuzione;
Rigetta nel resto;
tenuta e condanna parte resistente al rimborso in favore di parte reclamante delle spese di lite, che liquida in complessivi 166,00 euro per esposti e in 3228,00 euro per compensi della fase del reclamo (di cui euro 1175,00 per fase studio, euro 851,00 per fase introduttiva ed euro 1202,00 per fase decisionale) e in € 1.615,00 per compensi della fase davanti al Ge (di cui € 588,00 per fase di studio, € 426,00 per fase introduttiva ed € 601,00 per fase decisionale), oltre rimborso spese generali forfettario 15%, C.P.A. e I.V.A., se dovuta; Dichiara tenuta e condanna parte resistente al rimborso in favore di parte resistente delle spese di lite, che liquida in complessivi 3228,00 euro per compensi della fase di reclamo (di cui euro 1175,00 per fase studio, euro 851,00 per fase introduttiva ed euro 1202,00 per fase decisionale) e in € 1.615,00 per compensi della fase davanti al Ge (di cui € 588,00 per fase di studio, € 426,00 per fase introduttiva ed € 601,00 per fase decisionale), oltre rimborso spese generali forfettario 15%, C.P.A. e I.V.A., se dovuta. Si comunichi.
Torino, 5.2.2025.
Il Giudice Est.
Dott. NOME COGNOME Il Presidente del Collegio Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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