REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BRESCIA
SEZIONE SPECIALIZZATA TRIBUNALE DELLE IMPRESE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 226/2021 pubblicata il 29/01/2021
nelle cause riunite di I Grado iscritte al n. r.g. /2017 e al n. /2017 promosse da:
XXX (C.F.), con il proc. dom. avv. , con domicilio eletto in;
attrice contro
YYY (C.F.)
ZZZ (C.F.)
KKK S.R.L. (C.F.)
Tutti con l’avv., con domicilio eletto in
convenuti
OGGETTO: Concorrenza sleale interferente.
Conclusioni delle parti Per parte attrice
“In via preliminare
Rigettarsi perchè del tutto infondata in fatto e in diritto, e comunque rinunciata sia:
a) la domanda di KKK di disconoscimento della provenienza e comunque la conformità ai fatti ex art. 2712 C.C.;
b) la domanda del solo YYY di inaccoglibilità delle domande svolte da Controparte.
Verso tutti e tre i convenuti rigettare l’eccezione preliminare di inammissibilità e improcedibilità della domanda attorea, perchè infondata in fatto e in diritto, trattandosi di vicenda del tutto diversa da quella di cui al ricorso ex art. 700 cpc, come più sopra chiarito.
Nel merito per tutti e tre i convenuti (ZZZ, KKK e YYY)
a) Accertato e verificato che i convenuti, in via tra loro solidale, hanno posto in essere atti di concorrenza sleale verso XXX, ordinare agli stessi, sempre in via solidale di cessare le condotte in atto dirette allo sviamento della clientela di XXX a vantaggio loro e /o di KKK Srl di cui ZZZ e YYY sono soci ed amministratori, e perciò in particolare ordinare loro di cessare ogni attività di avvicinamento della clientela della società XXX allo scopo di promuovere con detta clientela la stipula di contratti sottratti alle ricorrenti, nonché ordinare loro di cessare di tenere comportamenti comunque idonei ad ingenerare nella clientela medesima identificazione o confusione tra lo XXX Snc – XXX srl e KKK Srl;
b) ordinare ai convenuti, in via tra loro solidale, di astenersi in futuro da qualsiasi attività diretta allo sviamento della clientela di XXX Snc a vantaggio di KKK Srl;
c) condannare i convenuti in via fra loro solidale a pagare la somma di non meno di 374.666,54 euro a titolo di risarcimento danni, pari al fatturato che faceva XXX col cliente tunisino, inclusa la perdita per“volturazione” dell’ordine al cliente tunisino, ovvero la somma maggiore e minore che emergerà in corso di causa con possibilità per il Giudice adito di quantificarla in via equitativa.
d) in particolare ordinare ai convenuti ZZZ e KKK Srl di consegnare all’attrice XXX
Snc ogni copia, totale o parziale, cartacea o informatica, disegni, layout e quant’altro, nulla escluso e gli elenchi dei clienti delle ricorrenti cui siano in possesso;
e) imporre ai convenuti, in via tra loro solidale, il pagamento di una penale di Euro 1.500,00 per ogni episodio di violazione dei provvedimenti concessi ai summenzionati punto a), b), in seguito accertato, analoga penale imporre per ogni giorno di ritardo nell’attuazione dei medesimi provvedimenti
f) ordinare la pubblicazione dell’emanando provvedimento, ai sensi dell’art. 2600 cpv. c.c., con le forme previste dall’art. 120 c.p.c., nonché sull’home page del sito Internet di KKK e su quello di XXX con modalità di collocazione e grafiche che diano il giusto e proporzionato risalto.
Nel merito solo per KKK Srl
Accertare e dichiarare che KKK SRL ha rinunciato al disconoscimento di cui al doc. sub 4 di questa difesa; in subordine pur non ritenendo superata l’eccezione di decadenza cui sopra, essendo questo il primo atto scritto successivo a quello in cui il disconoscimento è stato fatto, volendo questa difesa utilizzare i documenti “disconosciuti” si chiede sin d’ora – quale primo atto successivo al disconoscimento fatto da parte convenuta– che codesto Giudice proceda alla verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c In via subordinata:
Laddove fosse riconosciuta una qualche fondatezza delle eccezioni delle tre parti convenute, e vi fosse anche solo un limitato accoglimento delle tesi delle tre parti convenute, considerando l’unitarietà della difesa, limitare ad una sola le spese di lite In via istruttoria:
ci si riporta alle domande come espressamente indicate nei precedenti atti difensivi, e si reitera in particolare, la richiesta di CTU contabile sull’analisi del fatturato degli anni 2017/2018 e anni precedenti (2015/2016) della società XXX Snc in relazione ai nominativi degli stessi clienti evidenziando la presenza o meno nel 2017/2018 dei nominativi dei clienti del 2015-2016.
In ogni caso:
con condanna alle spese ed onorari del presente giudizio, considerato però la fase introduttiva riferita ai 2 giudizi, oggi riuniti, anche in via solidale fra i tre convenuti.”
Per parte convenuta
“ NEL MERITO: dichiarando di non accettare il contraddittorio in relazione ad eventuali domande nuove formulate da Controparte in sede di precisazione delle conclusioni in quanto inammissibili e tardive, accertarsi e dichiararsi la improcedibilità o inammissibilità o comunque la inaccoglibilità delle domande svolte da Controparte per effetto del giudicato o comunque della decisioni del Tribunale di Brescia, Sezione Specializzata in Materia di Imprese, oggetto della pronuncia definitiva di merito nel contesto del ricorso ex art.700 Cpc sui relativi punti oggetto del contendere e segnatamente in ordine alla domanda riconvenzionale.
SEMPRE NEL MERITO: nel denegato caso di non accoglimento della domanda testè svolta, previa reiezione di tutte le avverse eccezioni e richieste, respingersi tutte le istanze e domande avversariamente formulate in quanto infondate sia in fatto che in diritto e comunque poiché non provate. IN OGNI CASO: rifuse le spese ed i compensi ex D.M. n.37/2018”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Esponendo di essere una società operante nel settore della carpenteria meccanica, l’odierna attrice, XXX s.n.c. di XXX, agiva nei confronti della concorrente KKK s.r.l. e degli ex dipendenti ZZZ e YYY, ora soci e amministratori della predetta società, lamentando la commissione di atti di concorrenza sleale interferenti con privative industriali.
Premetteva di avere avviato nei confronti degli odierni convenuti un procedimento cautelare ex artt. 2598 c.c. e 700 c.p.c, conclusosi con una ordinanza di parziale accoglimento del 6 febbraio 2017, non oggetto di reclamo, che ordinava ai resistenti la restituzione delle utenze telefoniche e delle chiavi di accesso alla casella aziendale Dropbox, rigettando le ulteriori domande cautelari in punto di sottrazione di segreti aziendali e storno di know-how.
Nel merito parte attrice allegava, in primo luogo, lo sfruttamento indebito di know-how tecnico (disegni e progetti) e commerciale (tempi, offerti, prezzi) da parte degli ex dipendenti, già assunti come “impiegati tecnici”, attuato mediante la sottrazione dei file contenuti nella casella aziendale Dropbox, finalizzato ad agganciare la clientela dell’attrice, circostanze oggetto anche di un procedimento penale avviato nei confronti dei medesimi (doc. 27-29).
Contestava quindi alla controparte lo sviamento di clientela, posto in essere in costanza di rapporto di lavoro, come si desume dalla costituzione di KKK s.r.l. avvenuta in data 12.10.2016 e dall’email inviata da YYY a un cliente tunisino il 18.10.2016 (doc. 4 att.), nell’intento di stornare un ordine del valore di circa 100 mila euro (doc. 23), email inviata in copia conoscenza a ZZZ presso un indirizzo corrispondente a un account di KKK s.r.l.
Alla luce delle suddette circostanze chiedeva l’inibitoria delle condotte anticoncorrenziali sopra descritte, con fissazione di penale per l’eventuale violazione e pubblicazione del provvedimento, nonché il risarcimento dei danni subiti, quantificati in euro 374.666,54, “pari al fatturato che faceva XXX col cliente tunisino, inclusa la perdita per volturazione dell’ordine al cliente tunisino, ovvero la somma maggiore e minore che emergerà in corso di causa con possibilità per il Giudice adito di quantificarla in via equitativa”, insistendo inoltre per la consegna di “ogni copia, totale o parziale, cartacea o informatica, disegni, layout e quant’altro, nulla escluso e gli elenchi dei clienti delle ricorrenti cui siano in possesso”.
Successivamente alla scadenza del termine per il deposito della memoria di replica, parte attrice dava atto dell’esito del richiamato procedimento penale.
1.2 I convenuti nei due procedimenti riuniti, assistiti dai medesimi difensori, formulavano difese sostanzialmente sovrapponibili, che possono quindi essere riepilogate congiuntamente.
In via preliminare eccepivano l’inammissibilità o improcedibilità delle domande avversarie, alla luce della formazione del “giudicato cautelare” a seguito della mancata impugnazione da parte della società attrice della richiamata ordinanza ex art. 700 c.p.c.
Nel merito deducevano l’insussistenza dei presupposti per proteggere le informazioni tecnicocommerciali di cui si lamentava la sottrazione, ai sensi degli art. 98 e 99 CPI, evidenziando che l’attività di carpenteria per conto terzi svolta dalla società attrice non richiedeva particolari conoscenze tecniche e che le informazioni commerciali erano generiche ed agevolmente conoscibili dai dipendenti dimissionari, senza necessità di asportare supporti documentali.
Per i medesimi motivi escludevano la sussistenza di qualsivoglia illecito confusorio, alla luce della natura dell’attività svolta dalle due società.
Inoltre contestavano l’utilizzo delle utenze telefoniche e delle informazioni contenute nella cartella Dropbox, avendo ottemperato senza indugio all’ordine cautelare di restituzione emanato dal Tribunale. Contestavano il preteso sviamento di clientela, disconoscendo ex art. 2712 c.c. l’email prodotta da controparte (doc. 4 att.) e rilevando che soltanto un cliente era (spontaneamente) passato a KKK, per motivi causalmente indipendenti dalle condotte allegate dall’attrice, come da dichiarazione del cliente resa in sede cautelare.
Rilevavano in ogni caso la mancata prova della sussistenza di un danno, avendo parte attrice prodotto in giudizio unicamente documentazione irrilevante, relativa al fatturato “storico” realizzato con il suddetto cliente.
1.3. Il procedimento r.g. /2017 traeva origine dal provvedimento di separazione, emanato dal Giudice del Lavoro, della causa riconvenzionale introdotta da XXX s.n.c. nei confronti di YYY, con successiva riassunzione avanti a questa Sezione competente in via tabellare.
Nelle more della riassunzione l’odierna attrice avviava il procedimento r.g. /2017 nei confronti degli altri convenuti: i due procedimenti venivano quindi riuniti all’esito della udienza di trattazione, stante la connessione oggettiva e parzialmente soggettiva.
La causa era istruita con l’interpello dei convenuti e l’esame dei testimoni citati all’udienza del 23.01.2019: esaurita l’istruttoria orale il G.I., respinta la richiesta di c.t.u. formulata da parte attrice ai fini della quantificazione del danno, rinviava per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 17.09.2020, all’esito della quale la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione, con assegnazione alle parti dei termini per comparse conclusionali e memorie di replica.
2. Le domande attoree non possono trovare accoglimento.
2.1. Muovendo dalle questioni preliminari, occorre innanzitutto rilevare la manifesta tardività del deposito di parte attrice della nota del 7.12.2020, con cui si dà atto “della lettura in data odierna del dispositivo della sentenza penale da parte del dott. *** nel procedimento penale n. /2017 RG /2019 a carico di YYY e ZZZ, dove è stata riconosciuta la loro penale responsabilità con riferimento al capo 2, previa riqualificazione giuridica del fatto di cui all’art. 615 ter c.p., condannati alle pena di mesi 4 di reclusione, oltre risarcimento del danno in favore delle parti civili unitamente al responsabile civile, KKK srl, della somma di euro 5000,00 per ciascuna parte civile, quale danno non patrimoniale”.
Detto deposito è infatti avvenuto in fase decisionale, ampiamente dopo la scadenza dei termini per il deposito della memoria di replica, con la conseguenza che il Collegio non può tenere conto delle deduzioni ivi svolte.
Ad abundantiam si osserva che tale sentenza penale, meramente evocata e non versata in atti, non risulterebbe comunque passata in giudicato.
2.2. L’eccezione di inammissibilità o improcedibilità formulata dai convenuti è manifestamente infondata: come noto, i provvedimenti cautelari sono inidonei ad acquisire autorità di giudicato per gli effetti di cui all’art. 2909 c.c. (ex multis Cass. civ. sez. un., 23/09/2013, n.21677).
2.3. Il disconoscimento da parte dei convenuti, ai sensi dell’art. 2712 c.c., dell’email prodotta sub doc. 4 va dichiarato inammissibile in quanto generico.
Premesso che “il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime” (Cass. n. 11606/2018), tale disconoscimento deve essere tuttavia “chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. civ. sez. I, 17/07/2019, n. 19155).
Nel presente caso YYY si è limitato, con il primo atto difensivo utile, a contestare e disconoscere “la mail del 18.10.2016, ore 12.15 quanto a provenienza e contenuto”, mentre KKK s.r.l. ha dichiarato in comparsa di costituzione “di disconoscerne la provenienza e comunque la conformità ai fatti”. Orbene, considerato che l’autore apparente dell’email in questione ne ha contestato l’invio in termini del tutto generici (né invero ha affermato di avere trasmesso una comunicazione recante un contenuto difforme da quello risultante dal doc. 4), mentre ZZZ, destinatario della stessa email in copia conoscenza, non ne ha contestato la ricezione (né ha prodotto una comunicazione avente un tenore diverso da quella in atti), il Collegio ritiene di attribuire piena efficacia probatoria al doc. 4 att..
3.1 Nel merito, all’esito del giudizio e dell’istruttoria orale svolta risulta confermata un’unica condotta non conforme a correttezza professionale da parte della concorrente KKK s.r.l., posta in essere attraverso i propri soci fondatori e amministratori ZZZ e YYY: la sottrazione di un ordine del cliente tunisino “***”, avvenuta allorquando le predette persone fisiche erano ancora alle dipendenze della società attrice.
Risulta infatti provato documentalmente (doc. 4 att.) che in data 18.10.2016 YYY inviava una email al suddetto cliente, includendo in c.c. ZZZ (g.ZZZ@KKK.it), per fornire una “situazione aggiornata ordini in corso”: all’interno di tale documento YYY distingueva le “forniture XXX” dalle “forniture KKK”, queste ultime “pronte” a partire dal 25.10.2016, 14.11.2016 e 21.11.2016, a seconda del materiale oggetto dell’ordine.
Considerato che KKK s.r.l., concorrente di XXX s.n.c. alla luce del rispettivo oggetto sociale nonché della operatività in concreto sul medesimo mercato, risulta costituita da YYY e ZZZ in data 12.10.2016, prima della cessazione del rapporto con il datore di lavoro (le dimissioni sono infatti datate 4.11.2016) e tenuto conto delle dichiarazioni del teste ***, fornitore di XXX s.n.c. (“confermo il contenuto della dichiarazione effettuata il 05.01.2017 sub doc 34 att, in particolare che in data 08 ottobre 2016 due persone, che riconosco nei sig.ri YYY e ZZZ qui presenti, si sono presentati nella mia ditta proponendomi di lavorare con loro, avendo essi da poco avviato, secondo quanto allora riferitomi, una autonoma iniziativa imprenditoriale ”, precisando che “YYY e ZZZ non hanno mai citato XXX Snc durante la conversazione, ho capito che conoscevano la mia ditta grazie al mio rapporto commerciale con XXX Snc solo nel momento in cui ho riconosciuto alcuni disegni che mi avevano sottoposto durante la visita al fine di illustrare le proprie esigenze di fornitura e di ottenere un mio preventivo”), il Collegio ravvisa elementi probatori sufficienti per affermare che, in costanza di rapporto di lavoro, i convenuti ZZZ e YYY stavano operando a vantaggio di KKK s.r.l., società concorrente dai medesimi fondata e amministrata, e che in tale contesto hanno contattato il cliente *** (al pari del fornitore ***) per proporre l’instaurazione di un rapporto con KKK s.r.l., sfruttando il rapporto di fiducia esistente tra il cliente tunisino e YYY stesso, rapporto evidenziato dallo stesso cliente nella dichiarazione scritta versata in atti.
Tuttavia l’evidente illiceità della condotta, contraria ai principi della correttezza imprenditoriale, va limitata sul piano oggettivo e temporale all’ordine (doc. 23 att.) che il cliente aveva già inoltrato a XXX s.n.c., mentre quest’ultima non può dolersi dell’interruzione definitiva dei rapporti commerciali con il cliente, trattandosi di evento causalmente indipendente dalle condotte qui contestate, bensì riconducibile alla volontà negoziale del cliente, il quale ha inteso, in piena autonomia, rivolgersi al nuovo fornitore KKK, asseritamente in virtù del rapporto consolidato con YYY (cfr. dichiarazione sub all. A fascicolo cautelare).
Al riguardo parte attrice evoca la circostanza che tale dichiarazione possa essere stata “indotta”, rinviando genericamente sul punto alle risultanze del procedimento penale: sia sufficiente osservare, tuttavia, che la declaratoria di infondatezza delle ulteriori doglianze svolte da parte attrice, come si dirà di seguito, in particolare sotto il profilo della pretesa sottrazione di segreti aziendali, comporta l’irrilevanza della questione, essendo evidente che in assenza di una fattispecie di indebito sfruttamento di informazioni segrete (di tipo tecnico o commerciale), aventi un rilevante valore economico, la definitività del passaggio del cliente a KKK non può trovare spiegazione se non nell’ambito di una fisiologica perdita di clientela, riconducibile a ragioni di mercato, a prescindere dalla genuinità dei motivi, più o meno appartenenti alla sfera negoziale interna a *** e quindi irrilevanti in questa sede, che supportano la preferenza accordata a KKK.
3.2. Al di là dello sviamento di un unico cliente (rectius di una singola fornitura) le ulteriori doglianze attoree sono infondate.
Con riguardo alla sottrazione di segreti aziendali, come anticipato, questa Sezione ha già avuto di affermare (Trib. Brescia, ord. 3.1.2020) che l’art. 98 c.p.i., primo comma, prevede la tutela delle informazioni aziendali che “a) siano segrete nel senso che non siano nel loro insieme, o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.
La tutela (art. 99 c.p.i.) è concessa contro le condotte di acquisizione, utilizzazione e rivelazione delle informazioni, purché poste in essere “in modo abusivo”, risultando comunque esclusa ogniqualvolta l’informazione sia ottenuta dal terzo “in modo indipendente”.
I requisiti ai fini della protezione delle informazioni di cui sopra possono essere così puntualizzati:
a) novità, in quanto l’informazione non deve essere generalmente nota ovvero agevolmente accessibile da terzi;
b) valore economico, idoneo ad attribuire un vantaggio competitivo, che viene meno laddove l’informazione sia resa pubblica, con la precisazione che tale requisito presuppone l’effettuazione di uno sforzo economico per ottenere (ovvero duplicare) tali informazioni,
c) segretezza, intesa come sottoposizione delle informazioni a misure ragionevolmente adeguate alla protezione, di ordine fisico (es. password) e giuridico (es. non disclosure agreement), con la precisazione che la segretezza non equivale ad una assoluta inaccessibilità (condizione, peraltro, di difficile se non impossibile verificazione), bensì presuppone che l’acquisizione delle informazioni segrete richieda da parte del terzo non autorizzato sforzi non indifferenti, con la conseguenza che non possono essere tutelate informazioni soggette, per loro natura ovvero in ragione di altre circostanze, a diffusione incontrollata o incontrollabile.
Premesso quanto sopra in diritto, il Collegio non può che confermare le considerazioni del Giudice investito del procedimento cautelare: il difetto di allegazione in punto di descrizione del know-how asseritamente sottratto è tale da precludere non soltanto la concessione della tutela ex art. 98 c.p.i., ma finanche la stessa identificazione delle informazioni riservate di cui si lamenta l’altrui sfruttamento, essendosi parte attrice limitata sul punto a rinviare tout court alla documentazione relativa al procedimento penale (doc. 29) e a una perizia tecnico-informatica (doc. 35), produzioni documentali prive di concreta rilevanza in questa sede, oltreché avvenute con la seconda memoria ex art. 183, comma sesto, c.p.c., oltre il termine utile per formulare nuove allegazioni.
Benché, come affermato da questa Sezione in un caso analogo, l’art. 99 C.p.i. faccia espressamente salva la normativa in materia di concorrenza sleale, ogniqualvolta l’utilizzo di know-how altrui avvenga con modalità comunque scorrette, nel caso in esame parte attrice ha omesso di individuare la tipologia e le caratteristiche delle informazioni segrete in tesi sottratte: in altre parole l’attrice, pur dovendo conoscere il know-how di cui si professa titolare, non è stata in grado di descriverlo e puntualizzarlo, limitandosi ad allegare la copiatura di non meglio precisati file e la loro successiva cancellazione da parte dei convenuti imputati nel procedimento penale.
All’esito del giudizio, invero, è emerso soltanto che i convenuti hanno avuto accesso alla casella aziendale Dropbox per un certo periodo di tempo, fino alla restituzione delle chiavi di accesso avvenuta pochi giorni dopo l’emanazione dell’ordinanza cautelare, ma tanto il contenuto di tale casella quanto la rilevanza sotto il profilo concorrenziale rappresentano aspetti rimasti totalmente inesplorati nelle allegazioni di parte, impedendo così al Collegio qualsiasi approfondimento della questione.
3.3 Non può trovare accoglimento la domanda di risarcimento dei danni derivanti dagli atti di concorrenza sleale accertati in giudizio, atteso che parte attrice non ha offerto elementi idonei alla quantificazione del pregiudizio subito a seguito dello storno dell’ordine ***.
Infatti parte attrice ha omesso di allegare circostanze indispensabili per pervenire a una ipotetica quantificazione del danno, limitandosi a fare riferimento al fatturato complessivamente realizzato con il cliente perso, mediante produzione in giudizio di prospetti IVA riepilogativi del fatturato verso tutti i clienti (doc. 24 e ss) impropriamente qualificati come “bilanci di esercizio”.
Osserva il Collegio che, nell’ottica di una quantificazione del danno, sia pure approssimativa e da effettuare in via equitativa, la società attrice avrebbe dovuto allegare e provare la propria struttura dei costi e i margini usuali per forniture simili, producendo in giudizio dati analitici di contabilità industriale, dai quali dedurre l’utile astrattamente ricavabile dall’esecuzione dell’ordine stornato. Di converso, malgrado le specifiche difese sul punto di controparte, l’attrice non ha esposto i margini che contraddistinguono la propria attività in generale né tantomeno l’utile specificamente fatto registrare in passato nel rapporto con il cliente oggetto di storno.
Alla stregua di tale insanabile deficit assertivo e probatorio la domanda risarcitoria non può che essere rigettata, discutendosi di un pregiudizio patrimoniale non sufficientemente dimostrato in punto di an e di quantum, posto che, per quanto consta agli atti, la fornitura distratta in favore di KKK ben avrebbe potuto essere eseguita “in perdita”, in assenza di evidenze di segno contrario.
3.4 Premesso che la parte attrice non svolge nelle proprie conclusioni autonoma domanda di accertamento dell’illecito anticoncorrenziale, l’inibitoria nei confronti di parte convenuta all’utilizzo, in ogni forma e con ogni modalità, delle informazioni riservate tecniche o commerciali non può essere concessa per carenza dei requisiti (i) di determinatezza delle informazioni e (ii) di attualità dell’illecito, come già osservato con l’ordinanza ex art. 700 c.p.c..
Al riguardo il Collegio osserva che la natura dell’unico illecito accertato appare incompatibile con un provvedimento di inibitoria, che presuppone un illecito a effetti permanenti, mentre in questo caso gli effetti della sottrazione di un singolo ordine risultano esauritisi con l’esecuzione della fornitura e il relativo pagamento del corrispettivo in favore della concorrente (del resto non è neppure allegato in giudizio lo sviamento di ulteriori clienti di XXX s.n.c.).
Il rigetto della domanda di inibitoria assorbe la richiesta di fissazione di penale ex art. 614 bis c.p.c.
In ragione del tempo trascorso dall’epoca dei fatti e del carattere episodico dell’illecito concorrenziale, il Collegio ritiene che l’ulteriore richiesta di pubblicazione della sentenza costituisca una misura sproporzionata rispetto all’evento lesivo, di portata assolutamente contenuta.
L’indeterminatezza dei documenti e delle informazioni asseritamente sottratte comporta infine l’impossibilità di accogliere la domanda di consegna dei medesimi, come già osservato in sede di procedimento cautelare, all’esito del quale, peraltro, i convenuti hanno restituito le chiavi di accesso alla casella Dropbox, così soddisfacendo l’interesse di parte attrice sul punto.
4. Tenuto conto della declaratoria di infondatezza dell’eccezione preliminare formulata dai convenuti nonché dell’accertamento della sussistenza di un episodio di concorrenza sleale, sia pure isolato, il Collegio ravvisa i presupposti per compensare integralmente le spese dei due giudizi. P. Q. M.
Il Tribunale di Brescia, Sezione specializzata in materia di impresa, riunito in composizione collegiale, pronunciando in via definitiva nei due procedimenti riuniti, disattesa ogni altra domanda e istanza, anche istruttoria:
I) rigetta l’eccezione preliminare formulata dai convenuti;
II) rigetta, siccome infondata, ogni domanda svolta da parte attrice nei confronti dei convenuti;
III) compensa per intero tra le parti le spese, ai sensi dell’art. 92, c. 2, c.p.c.
Brescia, 22 gennaio 2021
Il Giudice estensore Il Presidente
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