REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE CIVILE
composta dai magistrati dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._130_2025_- N._R.G._00000027_2024 DEL_03_04_2025 PUBBLICATA_IL_03_04_2025
nella causa iscritta al n. 27 del ruolo generale degli affari civili contenziosi per l’anno 2024 promossa da , in persona del legale rappresentante, con sede in Cagliari ed ivi elettivamente domiciliata, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura speciale a margine dei ricorsi introduttivi in primo grado appellante contro , in persona del legale rappresentante, con sede in Oristano ed elettivamente domiciliata in Cagliari, presso la propria sede amministrativa, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione in appello appellata la causa è stata tenuta a decisione sulle seguenti
CONCLUSIONI
Nell’interesse dell’appellante:
voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello, disattesa ogni contraria domanda – accertare e dichiarare che nulla doveva essere ripetuto dalla nei confronti e, per l’effetto, accertare e dichiarare la spettanza del contributo di € 187.866,00, così come determinato nel provvedimento di concessione prot. n. 4868 del 20 ottobre 2009 e in parte liquidato e poi restituito in sede di esecuzione della sentenza di primo grado;
– accertare e dichiarare l’ammissibilità delle spese sostenute dalla per cui è ricorso e il diritto della medesima Società all’accoglimento della domanda di pagamento del saldo definitivo presentata in data 20/10/2011 integralmente o nella misura che risulterà accertata in corso di causa e conseguentemente accertare la spettanza dell’erogazione del contributo residuo, nella misura richiesta pari a € 47.312,25, o in quella che risulterà accertata in corso di causa;
– condannare al risarcimento del danno subito dalla Società, da determinarsi secondo equità e comunque in misura non inferiore agli interessi moratori e alla rivalutazione monetaria maturata sulla somma spettante dalla data in cui l’istruttoria sulla domanda di pagamento si sarebbe dovuta concludere con esito positivo (05/12/2012) e fino all’effettivo invio dell’ordine di pagamento ad – con riguardo alle domande proposte con il giudizio di primo grado RAC 29/2014:
• accertare e dichiarare l’ammissibilità delle spese sostenute dalla per cui è ricorso e il diritto della medesima Società all’accoglimento della domanda di pagamento presentata in data 27/10/2011 integralmente o nella misura che risulterà accertata in corso di causa.
• condannare al risarcimento del danno subito dalla Società, da determinarsi secondo equità e comunque in misura non inferiore agli interessi moratori e alla rivalutazione monetaria maturata sulla somma spettante dalla data in cui l’istruttoria sulla domanda di pagamento si sarebbe dovuta concludere (26/11/2011) e fino all’effettivo invio dell’ordine di pagamento ad Con vittoria di spese e competenze dei due gradi del giudizio.
Nell’interesse dell’appellata:
l’Ecc.ma Corte d’Appello adita voglia rigettare l’avversaria impugnazione perché destituita di fondamento giuridico e fattuale e confermare per intero la sentenza n. 1515/2023 del 22 giugno 2023 resa dalla Prima Sezione del Tribunale Civile di Cagliari vittoria di spese, competenze e onorari dell’odierno giudizio d’appello.
SVOLGIMENTO DEL PROCESS0 Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato nella cancelleria del Tribunale di Cagliari in data 5.11.2013, espose di aver, in data 1.4.2009, presentato domanda partecipazione alla sottofase I della Misura 133 del Programma di Sviluppo Rurale 2007- 2013, presentando un progetto per un importo pari a € 286.000,00, di cui € 187.866,00 finanziabili con un contributo a fondo perduto.
La Misura 133, mirante a finanziare attività informative e promozionali di prodotti tutelati da marchi europei di qualità (DOP, IGP, DOC, agricoltura biologica), prevedeva che i soggetti interessati presentassero una domanda di concessione dell’aiuto corredata da una relazione tecnica illustrativa, un programma di attività e un piano finanziario;
in questa fase trovava applicazione l’art. 26, comma 2, del Reg. CE 1975/2006, secondo il quale i controlli amministrativi sulle domande di aiuto comprendevano, in particolare, la verifica dell’ammissibilità dell’operazione oggetto della domanda di sostegno, del rispetto dei criteri di selezione fissati nel programma di sviluppo rurale, della conformità dell’operazione per la quale era chiesto il sostegno con la normativa comunitaria e nazionale, nonché “della ragionevolezza dei costi dichiarati valutati con un sistema di valutazione adeguato” e dell’affidabilità del richiedente. Tale disposizione era stata poi abrogata dal Reg. CE 65/2011 che, comunque, all’art. 24 comma 2, conteneva le medesime previsioni.
All’art. 10 del relativo Bando era previsto di demandare il controllo amministrativo a un’apposita Commissione di Valutazione costituita da esperti del settore, la cui attività era articolata in due fasi:
una preliminare di verifica dell’affidabilità del richiedente e una concernente il merito della richiesta, in particolare la ragionevolezza e la congruità delle spese proposte.
Nella specie la aveva determinato quali attività e spese erano ammissibili e finanziabili.
Con determinazione n. 4868 del 20 ottobre 2009, quindi, la domanda era stata ammessa per una 268.380187.866,00 di contributo a fondo perduto (pari al società pertanto, aveva provveduto a contrarre mutui bancari e polizze fideiussorie, al fine di reperire le risorse necessarie per avviare e realizzare il progetto ammesso a finanziamento.
Aveva proceduto, quindi, all’esecuzione della attività descritte nel programma di attività allegato alla domanda di concessione ed espressamente autorizzate e, realizzato l’80% delle attività ammesse al finanziamento, come previsto dal Bando, in data 4.4.2011 aveva presentato domanda di pagamento del I° SAL, rendicontando spese per l’ammontare complessivo di € 216.784,43, e chiedendo quindi l’erogazione della somma di € 151.749,10, pari al 70% delle somme rendicontate.
Con riferimento alla predetta domanda di pagamento, la società attrice espose che, in detta fase, trovavano applicazione i principi specificamente previsti dall’art. 26, comma 3, Reg. CE 1975/2006 (poi sostituito dall’art. 24, comma 3, Reg. UE 65/2011) , secondo i quali:
“i controlli amministrativi sulle domande di pagamento comprendono in particolare, nella misura in cui sia pertinente per la domanda presentata, la verifica:
a) della fornitura dei prodotti e dei servizi cofinanziati:
b) della realtà della spesa oggetto della domanda;
c) della conformità dell’operazione completata con l’operazione per la quale era stata presentata e accolta la domanda di aiuto”.
Con nota del 11.7.2011 aveva chiesto una serie di integrazioni documentali, prontamente evasa con nota del 25.7.2011.
pertanto, con determinazione n. 4842/2011 del 17.10.2011, aveva autorizzato il pagamento di € 129.343,50, dando atto che la società ricorrente aveva completato l’invio della documentazione utile per l’accertamento finale.
In data 21.10.2011 essa attrice aveva presentato domanda per il pagamento del saldo finale, chiedendo l’erogazione del contributo residuo di 47.312,25;
in tale occasione con nota n. 12596 del 9.3.2012, aveva chiesto integrazioni documentali e chiarimenti relativi ai documenti già allegati;
anche a dette richieste essa attrice aveva dato tempestiva risposta con nota del 3.4.2012.
Tuttavia, con nota n. 64491 del 11.10.212, aveva respinto la domanda di pagamento, assumendo “l’incompletezza della documentazione presentata” con “conseguente impossibilità di valutare e verificare la congruità delle spese , del tutto arbitrariamente, dopo aver autorizzato il pagamento delle spese relative all’esecuzione del 80% delle spese programmate, aveva chiesto un nuovo elaborato progettuale.
Con determina n. 5507 del 5.12.2012, quindi, aveva rigettato la domanda di pagamento per asserita incompletezza della documentazione oggetto della richiesta di integrazione, e per l’effetto aveva ridefinito le spese ammesse nel I° SAL in € 43.998,00 e il contributo dovuto in € 30.798,60.
Tanto esposto, l’attrice sostenne che aveva confuso il momento procedimentale del controllo sulla congruità delle spese, attribuito alla commissione di valutazione, con quello di verifica della domanda di pagamento, avente ad oggetto la realtà ed effettività della spesa sostenuta;
ciò in quanto la prima verifica era stata già effettuata con esito positivo, così come quella relativa al pagamento del I° SAL.
quindi, che non aveva neppure mai emesso un provvedimento di revoca del contributo né di recupero delle somme erogate, aveva del tutto illegittimamente e contraddittoriamente effettuato una nuova ed ulteriore valutazione di congruità dei medesimi documenti già oggetto di verifica, positiva, in occasione del pagamento del I° SAL, oltre a chiedere un nuovo elaborato progettuale.
In particolare, poi, confutò tutte le contestazioni mosse da con riferimento ad una serie di fatture analiticamente indicate.
La società attrice, pertanto, chiese venisse dichiarata la spettanza del contributo di € 187.866,00, come determinato con il provvedimento di concessione del 20.10.2009;
l’ammissibilità delle spese sostenute e, quindi, il proprio diritto all’accoglimento della domanda di pagamento del saldo di € 47.312,25, o , in subordine, della somma nella misura accertata in giudizio, con condanna di al risarcimento dei danni.
costituitasi, contestò il fondamento del ricorso, assumendo che la società non aveva integrato la domanda di pagamento con documentazione idonea a dare adeguata dimostrazione dei costi sostenuti;
sul punto sostenne che, nella fase dell’istruttoria della domanda di pagamento, non era preclusa una verifica delle spese effettivamente sostenute e della loro riferibilità ad investimenti effettivamente realizzati, anche perché in tale fase occorreva effettuare un controllo come una documentazione che raggruppasse e riepilogasse in modo organico tutte le integrazioni, modifiche e variazioni al programma, atteso che con la domanda di saldo finale era stata notata una identità di voci di spesa già chieste con il I° SAL. Con distinto ricorso ex art. 702 bis c.p.c. propose analoghe questioni, e formulato le medesime domande, con riferimento alla dichiarazione di ammissibilità delle spese sostenute con riferimento alla Misura 133, III sottofase, cui era stata parimenti ammessa, e il proprio diritto all’accoglimento della domanda di pagamento presentata in data 27.10.2011;
domanda che con determinazione n. 5448 del 4 dicembre 2012, aveva rigettato sul rilievo della mancata presentazione di documentazione indispensabile per il completamento dell’istruttoria.
costituitasi anche nell’ulteriore giudizio, dedusse che era stata legittimamente applicata la penale di cui all’art. 30, par. 1, Reg. UE 65/2001, che prevede una riduzione dell’erogazione ove venga superata di oltre il 3% la differenza tra l’importo richiesto dal beneficiario con la domanda di pagamento e l’importo riconosciuto a seguito della compiuta istruttoria.
Disposto il mutamento del rito e la riunione dei due giudizi, ed istruita la causa con produzioni documentali, con sentenza n. 1515/23 il Tribunale adito rigettò le domande formulate dalla società attrice.
Il primo giudice, anzitutto, rilevò che il giudizio aveva per oggetto l’accertamento dei presupposti per il riconoscimento, a favore della ricorrente, dei contributi previsti dalla Misura 133 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013;
il giudizio, quindi, non era volto ad un controllo di mera legittimità del provvedimento di rigetto del saldo, né la domanda attrice era volta all’annullamento di un atto illegittimo.
Di conseguenza, l’esclusione della riconducibilità del giudizio a un modello procedimentale impugnatorio, comportava l’irrilevanza delle contestazioni della ricorrente in ordine all’asserita arbitrarietà di “ulteriore valutazione dei medesimi documenti in un momento successivo”, già conosciuti dalla commissione di valutazione e che, nella fase di pagamento, avrebbero dovuto essere oggetto di verifica solo sotto il profilo dell’effettività e della realtà delle spese sostenute, sulla base di un mero riscontro documentale. che rilevava, infatti, era solo accertare se, sulla scorta del bando e della disciplina presupposta, spettasse o non il contributo richiesto.
Ciò posto, il primo giudice, richiamata la disciplina relativa alla fase di ammissibilità della spesa (art. 24, comma 2, Reg. UE n. 65/2011) e quella relativa alle verifiche da effettuare con riferimento alla domanda di pagamento (art. 24, comma 3, cit), osservò che la ragione sostanziale del rigetto della domanda di pagamento era costituita dalla mancata presentazione della documentazione necessaria al completamento dell’istruttoria, funzionale al controllo imposto dal citato regolamento europeo.
Nel caso in esame, dalla lettura del provvedimento di rigetto e, in particolare, del suo allegato costituito dal prospetto relativo all’esame delle fatture portate a giustificazione della spesa, con relativa specificazione della spesa ammessa e di quella non ammessa, si traeva l’indicazione di fondo di una genericità e carenza delle pezze giustificative prodotte, tali da lasciare una generale sensazione di inattendibilità della documentazione, con conseguente giudizio circa il mancato raggiungimento degli obiettivi del progetto finanziato. Il giudice, quindi, esaminò, esemplificativamente, le fatture nn. 5 e 6 del 15.2.2010, ritenendone la genericità, e ritenne provata la mancata rendicontazione di 640 giornate di promozione e degustazione, che a seguito di richiesta di integrazione erano state provate limitatamente a 111 giornate;
il riscontro della insufficiente documentazione dell’attività programmata, dunque, rendeva fondato il rigetto della domanda di pagamento del saldo.
Quanto, poi, alla domanda relativa alla Misura RAGIONE_SOCIALE sottofase TARGA_VEICOLO, e rilevato che trattavasi, pacificamente, di un unico progetto, del quale la domanda in questione costituiva un ampliamento, il giudice ritenne che, al di là delle ragioni poste da a fondamento della determinazione n. 5448 del 4.12.2012, il rigetto della domanda di pagamento del primo progetto implicava anche quello della seconda domanda, priva di autonomia propria;
cosicché la sostanziale revoca del beneficio non poteva che travolgere l’intero progetto.
Avverso la predetta sentenza ha proposto appello, cui ha resistito La causa è stata quindi tenuta a decisione sulle conclusioni sopra trascritte.
DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di gravame l’appellante ha rimarcato l’irragionevolezza e la gravità del comportamento di che, dopo aver liquidato il I° SAL, aveva rigettato la domanda di saldo, rimesso in discussione l’intero progetto, compreso quello integrativo;
soprattutto, a fronte di una istruttoria, tutt’altro che frettolosa o superficiale, relativa al I° SAL parzialmente approvato, non era ammissibile che, in sede di domanda di pagamento del saldo finale, potesse rimettere in discussione quanto già approvato e liquidato in sede di SAL parziale.
Secondo l’appellante, dunque, il primo giudice aveva completamente travisato le regole di funzionamento previste dalla normativa europea e dal bando della Misura 133;
al riguardo ha ribadito la distinzione tra le due fasi istruttorie, la prima, disciplinata dal comma 2 dell’art. 24 Reg. Ue 65/2011 e dall’art. 10 del Bando, relativa all’ammissibilità della domanda, e la seconda, disciplinata dal comma 3 del medesimo art. 24 e dall’art. 12 del Bando, relativa alle ben differenti verifiche da effettuare con riferimento alla domanda di pagamento.
Siffatta seconda verifica era già stata effettuata con riferimento al I° SAL, con esito positivo, cosicché né né il giudice, potevano nuovamente effettuare il controllo previsto per la prima fase, ossia sulla congruità della spesa.
Il motivo non è fondato.
Il primo giudice ha espressamente richiamato la disciplina comunitaria, ed anche quella prevista dal Bando, mettendo ben in evidenza la differenza tra il primo controllo, previsto dal comma 2 dell’art. 24 cit. e dell’art. 10 del Bando, effettuato da una apposita commissione ed avente ad oggetto la “congruità” delle spese proposte per sostenere il progetto ammesso al beneficio, e la seconda verifica, prevista dal comma 3 dell’art. 24 e dall’art. 12 del Bando, da effettuarsi al momento dell’istruttoria sulla domanda di pagamento. In particolare, il primo giudice, al punto 9) della motivazione, neppure considerato dall’appellante, ha rilevato che, mentre il controllo amministrativo sulle domande di aiuto ha per oggetto la verifica della ragionevolezza dei costi dichiarati, ossia la loro congruità, le verifiche previste dal comma 3 dell’art. 24 riguardano la realtà della spesa oggetto della domanda e la conformità ’operazione completata con l’operazione per la quale era stata presentata ed accolta la domanda di aiuto”.
Non può, pertanto, residuare alcun dubbio in ordine al fatto che il primo giudice avesse compreso la differenza tra le due fasi, e che dunque non abbia compiuto alcuna valutazione sulla congruità delle spese proposte, né tanto meno rilevato che siffatta valutazione fosse stata effettuata da Al contrario, al punto 8)
della sentenza il giudice ha ben delineato l’oggetto del giudizio, volto ad accertare se, sulla base della disciplina di riferimento, all’attrice spetti il contributo richiesto;
ossia se la documentazione allegata alla domanda di pagamento sia idonea a consentire il vaglio positivo del giudizio di realtà ed effettività della spesa sostenuta e la sua riferibilità al progetto per il quale era stata presentata, ed accolta, la domanda di aiuto.
In tale contesto, non appare condivisibile la prospettazione dell’appellante, secondo cui l’avvenuta approvazione del I° SAL renderebbe ormai intangibile quella verifica positiva e precluso ogni suo ulteriore controllo e revisione;
ciò, soprattutto, nel caso in esame, in quanto ha dedotto che al momento della domanda di pagamento del saldo erano state riproposte spese già oggetto del primo SAL, tanto che aveva chiesto la redazione di un elaborato finale riepilogativo, rendendo così necessaria una complessiva, finale, valutazione delle stesse.
In altri termini, nel caso in esame aveva dedotto che la positiva valutazione compiuta con riferimento alla domanda di pagamento del I° SAL doveva essere oggetto di una più attenta analisi alla luce delle carenze documentali, ed incongruenze, rilevate nel corso dell’istruttoria per il pagamento del saldo.
Tale prospettazione è corretta, avuto riguardo all’art. 12 del Bando, relativo alla “Realizzazione e rendicontazione delle operazioni” che prevede, tra l’altro, che il beneficiario produca una “relazione finale, comprendente la descrizione particolareggiata dell’attività svolta, dei risultati conseguiti e dei costi sostenuti con riferimento agli obiettivi progettuali” nonché un “riepilogo generale delle spese sostenute, suddivise fra i vari interventi realizzati;
elenco analitico dei documenti giustificativi di spesa con gli estremi dei pagamenti effettuati”.
Non è, per contro, previsto che, nei casi di parziali pagamenti già effettuati, a fronte della propria precedente valutazione, in modo da avere un quadro complessivo dell’attività svolta, delle spese tutte effettivamente sostenute, e della loro riferibilità al progetto ammesso a contributo. Deve, pertanto, ritenersi del tutto corretta l’analisi compiuta da in sede di domanda di pagamento del saldo finale, comprensiva anche di quanto già liquidato in occasione della domanda di pagamento del I° SAL.
Con gli ulteriori motivi di gravame la società appellante ha dedotto che l’affermazione del primo giudice relativa ad una generale inattendibilità della documentazione trasmessa a corredo della domanda di pagamento era apodittica, e tra l’altro espressa a seguito di un esame di detta documentazione limitato a due fatture e alle spese relative a 640 giornate di attività, tralasciando la valutazione di tutte le altre, comprese quelle allegate alla domanda di pagamento dell’ulteriore misura 133 sottofase III (RG 29/2014). Sul punto, l’appellante ha sostenuto che, sia la documentazione esaminata dal primo giudice, sia quella non verificata in quanto ritenuta assorbita, analiticamente richiamata nell’atto di appello, era invece idonea a comprovare la spesa sostenuta.
Tali censure sono fondate.
Deve essere evidenziato che con la determinazione n. 5507/12 aveva disposto il rigetto della domanda di pagamento finale, fondando tale decisione sulla seguente motivazione:
“la richiesta di integrazione documentale inoltrata a questo ufficio … è stata solo parzialmente evasa, per cui la mancata presentazione di svariati documenti ivi richiesti non ha consentito il completamento dell’attività istruttoria, con le conseguenze meglio specificate nell’allegato al sopracitato rapporto istruttorio”;
ossia anche una ridefinizione delle spese ammesse nel I° SAL a € 49.998,00 e il contributo a € 30.798,60.
Una motivazione del tutto analoga era stata posta a fondamento della determina n. 5548/12, con la quale era stata rigettata la domanda di pagamento relativamente alla Misura 133 sottofase III;
dall’allegato rapporto di fine istruttoria, inoltre, risulta che, per effetto dell’applicazione della penale di cui all’art. 30, par. 1, Reg. Ue 65/2011, gli importi dovuti erano risultati essere pari a zero.
A seguito di invito del primo giudice a trattare la questione relativa alle ricadute che avrebbe.1.2023 aveva sostanzialmente esposto che la conferma della legittimità delle predette determinazioni di rigetto delle domande di pagamento avrebbe comportato la revoca della determinazione di autorizzazione al pagamento del I SAL, con conseguente restituzione degli importi a tale titolo già erogati, nonché la revoca della concessione di aiuto.
Una pronuncia di revoca delle determine nn. 3460/10 e 4868/2009, con le quali erano stati concessi gli aiuti relativi alla Misura 133, sottafasi I e III, non risulta dunque essere mai stata emessa;
così come non risulta essere mai stata emessa una determinazione di revoca per mancato raggiungimento degli obiettivi, ai sensi dell’art. 14 del Bando, cosicché ogni questione sul punto non appare essere né conferente né rilevante ai fini della decisione.
Invero, solo un provvedimento di revoca avrebbe giustificato una valutazione come quella effettuata dal primo giudice, limitata a solo parte della documentazione, e ritenuta sufficiente a fondare un giudizio di “generale sensazione di inattendibilità della documentazione, con conseguente giudizio circa il mancato raggiungimento degli obiettivi del progetto finanziato”.
Il presente giudizio, infatti, ha per oggetto la domanda di pagamento delle spese sostenute da ed è quindi volto a dirimere il contrasto tra le parti laddove, secondo la società attrice, aveva applicato un criterio formalistico ed anche erroneo nell’esame delle domande di pagamento, e soprattutto chiesto documentazione non necessaria a dare conto delle spese sostenute, mentre ha dedotto che la ricorrente non aveva provveduto ad integrare la documentazione nei termini richiesti, e ciò di per sé comportava il rigetto della domanda di pagamento. In tale contesto, dunque, l’esame non può essere limitato a solo alcune fatture, la cui incompletezza o inattendibilità può giustificare una revoca del contributo, ma non anche il rigetto della domanda di pagamento di tutte le spese asseritamente sostenute per la realizzazione del progetto ammesso all’aiuto;
così come non può esonerare il giudice dall’esame della documentazione allegata alla domanda di pagamento delle spese relative alla sottofase III, invece del tutto omesso da parte del primo giudice.
A tal fine, si ritiene necessario disporre consulenza tecnica, al fine di accertare, sulla base della documentazione allegata da alle domande di pagamento del I° SAL, del saldo relativo alla Misura 133 sottofase I, e del pagamento relativo alla Misura 133 sottofase III, se la stessa fosse idonea a comprovare le singole voci di spesa e per quale importo.
La causa, pertanto, deve essere rimessa in sede istruttoria per l’espletamento di tale incombente.
La liquidazione delle spese del giudizio è riservata alla decisione definitiva.
La Corte, non definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, eccezione e deduzione:
1. Rigetta il primo motivo di appello;
2. Rimette la causa in istruttoria con separata ordinanza.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del 26 marzo 2025
Il Consigliere estensore dott. NOME COGNOME Il Presidente dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.