REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di SONDRIO
SEZIONE UNICA CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 256/2018 pubblicata il 16/07/2018
nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. promossa da:
XXX con l’avv.
ATTORE contro
YYY con l’avv.
CONVENUTA CONCLUSIONI
Per l’attore
In via principale: accertato e dichiarato il legittimo possesso da parte del Sig. XXX sull’immobile sito in **** e sui beni ivi contenuti e meglio elencati alle pagine due e tre dell’atto di citazione, nonché l’avvenuto spoglio da parte della Sig.ra YYY, condannare la stessa alla restituzione dei suddetti beni al Sig. XXX.
In subordine: nella denegata ipotesi in cui venga ritenuto sussistente un legittimo compossesso fra il Sig. XXX e la Sig.ra YYY su alcuni dei beni elencati alle pagine due e tre dell’atto di citazione, condannare quest’ultima a reintegrare il Sig. XXX nel compossesso di tali beni, attraverso la restituzione degli stessi con modalità tali da consentire l’esercizio reciproco di un pacifico ed effettivo compossesso anche da parte del Sig. XXX.
In ogni caso, con vittoria di spese, competenze onorari ed accessori del presente giudizio, nonché della fase cautelare.
In via istruttoria: si chiede l’ammissione di tutte le istanze istruttorie non ammesse, formulate in atti.
Per la convenuta
In via preliminare o pregiudiziale: visti gli art. 703, co. 4, c.p.c. e 669 octies c.p.c., accertare l’intangibilità e definitività dell’ordinanza o decreto interinale di rigetto n. 56 del 8.1.2016 emesso nel procedimento n. **** di R.G.; per l’effetto, dichiarare l’inammissibilità o comunque l’infondatezza della domanda promossa dall’attore nel presente giudizio.
Nel merito: – in via principale, rigettare la domanda attorea in quanto infondata sia in fatto che in diritto nonché priva dei presupposti per l’accoglimento;
– in via subordinata, limitare l’eventuale ordine di reintegrazione del possesso ai soli beni di cui risulti accertato e provato sia il possesso in capo all’attore che l’effettivo e preteso spoglio da parte della convenuta;
In ogni caso: con vittoria di spese e competenze di causa.
In via istruttoria: si chiede l’ammissione delle istanze istruttorie dedotte in atti e non ammesse.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Il presente giudizio concerne la fase di merito del giudizio possessorio instaurato da XXX per un asserito spoglio ai suoi danni compiuto dal coniuge YYY.
In particolare, con ricorso a questo Tribunale depositato in data 11.3.2015, XXX lamentava l’illegittima asportazione da parte del coniuge di determinati arredi ed effetti personali di sua proprietà, presenti nella casa di montagna sita in *****.
YYY, ritualmente costituitasi, resisteva alle avverse domande, affermandone l’inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.
Istruito il giudizio a mezzo di interrogatorio libero delle parti e l’escussione, sotto giuramento, di sommari informatori, il Tribunale di Sondrio, con ordinanza depositata l’8.1.2016, rigettava integralmente il ricorso nel merito, ritenendo non raggiunta da parte del ricorrente la prova dell’autonomo possesso sui beni e gli arredi presenti nell’immobile di ***** all’epoca del dedotto spoglio.
Introdotta dal XXX la fase di merito e ritualmente costituitasi la convenuta, concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., la presente causa veniva trattenuta in decisione senza espletare ulteriore istruttoria, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c..
In applicazione del criterio della ragione più liquida, si reputa non necessario esaminare la preliminare domanda di inammissibilità della convenuta, potendo la domanda attorea essere rigettata nel merito sulla base di una questione assorbente, pur se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre, essendo ciò suggerito dal principio di economia processuale e da esigenze di celerità anche costituzionalmente protette, ai sensi dell’art. 111 co.1 Cost. (Cass. 28.5.2014 n. 12002).
L’ordinanza possessoria va infatti confermata, stante l’infondatezza delle domande attoree, così come va rigettata la richiesta attorea di remissione in istruttoria del presente giudizio.
Alla luce degli atti, della documentazione prodotta e delle deposizioni dei sommari informatori assunte sotto giuramento (qui valevoli come testimonianze), sono provati e/o incontestati i seguenti fatti di causa.
L’attore e la convenuta, coniugati nel 2003 in regime di separazione dei beni, sono, dal 2008, rispettivamente nudo proprietario ed usufruttuaria dell’immobile sito in ******** (cfr. atto notarile doc. 2 convenuta), utilizzato dalla coppia come casa di montagna sino al 2013, anno in cui vi hanno trascorso assieme le ultime vacanze di Natale (cfr. dichiarazioni di entrambe parti in sede di interrogatorio). Nel gennaio 2014 la relazione entrava in profonda crisi e seguiva la separazione di fatto tra i coniugi (cfr. ibidem). Verso metà febbraio 2014 la convenuta faceva cambiare la serratura dell’immobile, avvalendosi dell’aiuto di un conoscente comune, tale ZZZ, il quale provvedeva personalmente ad acquistare ed a sostituire la serratura (cfr. dep. teste ****). Fatta salva una breve riappacificazione nell’aprile 2014, la crisi della coppia perdurava, tanto che nell’agosto 2014 la convenuta traslocava in Saronno in un appartamento preso in locazione, ivi trasferendo alcuni arredi presi dalla casa di **** (cfr. contratto di locazione del 3.7.2014, doc. 6 convenuta, nonché dep. teste ****). In data 7.11.2014 l’attore, rientrato a **** e fatta forzare la serratura della casa, trovava l’appartamento spoglio dei beni mobili e degli arredi di cui oggi richiede la restituzione (cfr. dep. teste ***).
Ciò appurato, occorre anzitutto analizzare le condotte della convenuta del febbraio e dell’agosto del 2014, ambedue qualificate dall’attore come spogli in suo danno.
La prima condotta costituirebbe in astratto uno spoglio, atteso che la convenuta ha impedito all’attore di esercitare il possesso – da reputarsi pacifico, prima della crisi coniugale – sui suoi arredi dell’immobile di ****, non permettendogli di accedere all’appartamento, cambiando la serratura della porta di entrata. Tale azione, contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta, non sarebbe giustificata né dalla crisi coniugale, atteso che la sola assegnazione della casa coniugale giustificherebbe il cambio di serratura (Cass. Sez. 2, 5.6.1991 n. 6348), né dalla titolarità del diritto di usufrutto, concernente il solo immobile e non i suoi arredi (cfr. atto notarile doc. 2 convenuta), di cui, si ripete, il XXX era proprietario in quanto da lui acquistati durante il matrimonio in regime di separazione dei beni.
Peraltro, l’azione a tutela del descritto spoglio è inammissibile ex art. 1168 comma 3 c.c., essendo decorso oltre un anno tra l’evento (metà febbraio 2014) ed il deposito del ricorso introduttivo del giudizio possessorio (11 marzo 2015). Né risulta agli atti o dalle prove orali alcun elemento di prova della clandestinità dello spoglio tale da eventualmente differire il termine per la proposizione del ricorso possessorio, considerata, per di più, la successiva, pur temporanea, riappacificazione della coppia nell’aprile 2014.
L’attore ascrive alla convenuta un’altra condotta spoliativa, allorché la YYY, nell’agosto del 2014, trasferiva alcuni degli arredi dell’attore della casa di **** nell’immobile da lei condotto in Saronno (cfr. cfr. contratto di locazione del 3.7.2014, doc. 6 convenuta, e dep. teste ****).
Sul punto, tuttavia, non si ravvisa la prova del possesso da parte dell’attore sugli arredi in epoca prossima all’agosto 2014, atteso che – come esposto – nel febbraio 2014 la convenuta aveva impedito ad impedire al coniuge l’accesso all’immobile e, quindi, il possesso degli arredi ivi presenti.
Invero, incombe su chi si reputa spogliato la prova del proprio possesso in epoca prossima allo spoglio (ex multis, Cass. sez. 2, 27.12.1993 n. 12790; Cass. sez. 2, 18.5.1985 n. 3055); possesso che, nel caso di specie, non può presumersi, ma occorre che sia specificamente dimostrato dall’attore, a fronte dell’interversione del possesso degli arredi in favore della convenuta, già avvenuta sei mesi prima dell’agosto del 2014.
L’espletata istruttoria consente di ritenere non raggiunta la prova del possesso e/o compossesso dell’attore degli arredi della casa di **** in epoca prossima all’agosto 2014.
Invero, è irrilevante il deposto del teste ****, ove afferma di essersi recato nella casa di Madesimo per l’ultima volta nel 2013; del pari, il teste – amico dell’attore da lunghissima data – è poco attendibile laddove riferisce de relato actoris sulla presenza nell’appartamento dell’attore e della moglie, peraltro ben prima dell’agosto 2014 (aprile 2014). Per contro, a conferma della persistenza dell’interversione del possesso in favore della convenuta dopo il febbraio 2014, i testi **** e **** hanno dichiarato, in modo puntuale, di essersi recati personalmente a ***** con la convenuta tra febbraio ed agosto 2014, e di avere ogni volta trovato la casa ammobiliata. A riprova, giova altresì il deposto della teste **** (confermato dallo stesso XXX) per cui l’attore, tornato a **** il 7.11.2014, era stato costretto a fare forzare la serratura per potere accedere all’appartamento.
Tanto consente di ritenere provata la persistenza dell’interversio possessionis in favore della convenuta sugli arredi della casa di ***** per tutta l’estate 2014 e, dunque, l’assenza – all’epoca – in capo all’attore di un (com)possesso tutelabile con l’azione di spoglio. Ne consegue il rigetto delle domande attoree, principale e subordinata.
Alla luce di quanto premesso, va altresì respinta l’istanza attorea di rimessione in istruttoria del presente giudizio, sulla scorta dell’irrilevanza e/o inammissibilità delle richieste istruttorie formulate da parte attrice nella seconda memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c..
In particolare, sono anzitutto irrilevanti i capitoli da a) a j) in quanto relativi a dedotti fatti risalenti al gennaio 2014, precedenti alla successiva interversione del possesso in favore della convenuta del febbraio 2014. Infine, si reputano privi di valore probatorio i prodotti stralci di conversazione whatsapp (oltre che irrilevanti, poiché risalenti a marzo/aprile 2014) poiché suscettibili di successive modifiche, in quanto files di testo estrapolati dai messaggi originali – non prodotti –, nonché privi di qualsivoglia attestazione di conformità. Ne consegue l’irrilevanza della prova per interpello o per testimoni in relazione a tale carteggio.
Al rigetto delle domande attoree, consegue la condanna dell’attore alla rifusione in favore della convenuta delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano, secondo i valori medi ex d.m. 55/2014 per causa di valore indeterminabile di bassa complessità, in € 7.254,00 (segnatamente € 1.620,00 per fase di studio, € 1.147,00 per fase introduttiva, € 1.720,00 per fase istruttoria, € 2.767,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge.
p.q.m.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, rigetta le domande attoree.
Condanna XXX al pagamento delle spese del giudizio in favore di YYY, liquidate in motivazione in complessivi € 7.254,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Sondrio, 16 luglio 2018.
Il Giudice
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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