REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO DECIMA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 7991/2022 pubblicata il 13/10/2022
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 53426/2019 promossa da:
XXX, in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore YYY, rappresentata e difesa dall’avvocato
ATTRICE contro
SOCIETA’ ZZZ DI ASSICURAZIONI (C.F. ),
rappresentato e difeso dall’avvocato “KKK – S.P.A.”. (C.F.)
CONVENUTI
CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni in data 29.03.2022 le parti concludevano come da verbale di causa.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Con atto di citazione ritualmente notificato XXX, in proprio e quale esercente la potestà genitoriale sul figlio minore YYY, conveniva in giudizio la Società ZZZ di Assicurazioni e la KKK S.p.A., in persona dei loro legali rappresentanti pro tempore, per sentirli condannare al risarcimento dei danni derivanti dalla morte del marito (e padre), sig. ***, avvenuta a seguito di un incidente stradale verificatosi in data 26.05.2017, alle ore 14.30 circa, in Milano, in prossimità del civico n. 5.
Instauratosi il contraddittorio, si costituivano tempestivamente in giudizio con separate comparse la Società ZZZ di Assicurazioni e la KKK S.p.A. Quest’ultima chiedeva, in via principale, il rigetto delle domande attoree e, in subordine, accertata la responsabilità ex artt. 2056 e 1227 c.c. di ***, il rigetto delle domande attoree per la parte eccedente il limite della eventuale responsabilità di KKK S.p.a.; chiedeva, altresì, autorizzazione alla chiamata in causa della Società ZZZ di Assicurazioni, per essere da questa manlevata nell’ipotesi di condanna al risarcimento. La Società ZZZ concludeva per il rigetto delle domande proposte da parte attrice. All’udienza del 04.02.2020, su richiesta di chiarimenti da parte di questo Giudice, la Società ZZZ di Assicurazioni dichiarava di accettare il contraddittorio in relazione alla domanda di manleva proposta dalla convenuta KKK S.p.A. nei suoi confronti.
Il Giudice, a scioglimento della riserva assunta a seguito della scadenza dei termini ex art. 183, co. 6, c.p.c., disponeva CTU cinematica, nominando consulente tecnico d’ufficio la dott.ssa ***. All’esito dell’istruttoria, le parti precisavano le conclusioni all’udienza del 29.03.2022 e, scaduti i termini di legge per lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la causa veniva trattenuta in decisione.
2. Con riferimento all’an debeatur, ritiene questo Giudice che la domanda degli attori meriti parziale accoglimento e che debba dichiararsi il concorso di colpa nella causazione del sinistro nella misura del 20% a carico del proprietario dell’autovettura KKK S.p.A. (condotta dal sig. ***) e dell’80% a carico del sig. ***, conducente e proprietario del ciclomotore Piaggio, marito e padre degli attori. Infatti, dal verbale redatto dalla Polizia (cfr. doc. 2 atto di citazione), intervenuta sul luogo del sinistro, emerge che:
– il *** deviava la sua traiettoria da sinistra verso destra, immettendosi nella via Castelbarco, così intersecando la traiettoria dell’automobile condotta dal sig. ***;
– accortosi del sopraggiungere dell’automobile, *** frenava ma non riusciva ad evitare la collisione;
– perdeva il controllo del ciclomotore e disarcionato veniva sbalzato in avanti rovinando al suolo e colpendo con il cranio il manto stradale;
– a seguito dell’impatto, il *** perdeva il casco che non era stato adeguatamente indossato; circostanza confermata dall’unico teste oculare – sig. *** – escusso a sommarie informazioni dalla Polizia giunta in loco (“vedevo il conducente di un ciclomotore che pareva avere urtato la portiera lato guida o al massimo il centro dell’auto, ed il manubrio gli si fosse rivolto alla sua sinistra. Il ciclomotore cadeva e lui cadeva in avanti. A sinistro avvenuto, dal balcone di casa mia avevo l’impressione che il conducente del ciclomotore non indossasse il casco” cfr. pag. 3 doc. 2);
– il ciclomotore, in seguito all’incidente verificatosi, veniva sottoposto a fermo amministrativo per 60 giorni a causa dell’infrazione contestata al *** ai sensi dell’art. 171 cod. strada; – la predetta violazione veniva notificata all’odierna attrice.
A seguito del sinistro occorsigli, il *** veniva trasportato presso il nosocomio dell’Ospedale San Carlo Borromeo per “trauma cranico commotivo in peggioramento durante il trasporto medico del msa ingresso in rianimazione” (doc. 3 atto di citazione). In data 27.06.2017, *** decedeva per “emorragia celebrale post-traumatica, insufficienza multiorgano, shock irreversibile” (doc. 4 atto di citazione).
La ricostruzione della dinamica del sinistro è stata confermata dalla esperita CTU cinematica – dott.ssa – le cui conclusioni, questo Giudice ritiene di condividere. In particolare, dalla relazione redatta dal consulente d’ufficio si evince che:
– “per quanto concerne il comportamento del conducente dell’autovettura si ritiene che egli abbia visto il motociclista solo pochi istanti prima dell’impatto e che abbia reagito al pericolo con una breve sterzata a destra. Per individuare una sua eventuale responsabilità, si è analizzata la possibilità che egli aveva di avvistare lo scooter in precedenza e di comprendere il pericolo che si stava delineando in tempo utile a reagire efficacemente. L’automobilista avrebbe avuto la possibilità di evitare il sinistro sia frenando intensamente sia mantenendo un comportamento più prudente, riducendo la propria velocità frenando moderatamente per accordarsi al motociclo. Invece, il conducente dell’Audi, proseguiva la propria marcia fino agli ultimi istanti senza prestare attenzione al ciclomotore sopraggiungente e senza rallentare. Si ritiene, pertanto, che l’automobilista abbia contravvenuto ai dettami dell’art. 141 ai commi 1,2, e 3 con ciò configurando un concorso di colpa, anche se in misura minore, nel verificarsi dell’evento che, con un comportamento rispettoso del codice, avrebbe potuto evitare;
– per quanto attiene al comportamento del motociclista, si evidenzia che egli era nelle condizioni di scorgere con chiarezza il sopraggiungere dell’autovettura con un anticipo più che sufficiente ad arrestare il proprio veicolo per concedere la dovuta precedenza. Al contrario, proseguendo la marca ed immettendosi nella via Castelbarco senza dare precedenza ha violato l’art. 145 cod. strada. In ogni caso avrebbe dovuto eseguire la deviazione verso destra solo dopo essersi assicurato che il traffico sopraggiungente da tergo glielo avrebbe permesso, così nel rispetto dell’art. 154 cod. strada. In entrambi i casi, il comportamento del conducente alla guida dello scooter costituisce la causa principale del verificarsi dell’incidente”.
Orbene, il comportamento dell’attore, seppur non idoneo ad interrompere del tutto il nesso di causa tra la condotta del conducente dell’autovettura e l’evento dannoso, integra in ogni caso, ai sensi dell’art. 1227 c.c., primo comma, un concorso colposo nella causazione del danno che nel caso di specie risulta preponderante rispetto all’apporto causale fornito dal conducente dell’autovettura (convenuto).
Inoltre, ai sensi dell’art. 2054 c.c. il conducente è responsabile dei danni cagionati dalla circolazione del veicolo “se non prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno” e, nel caso di scontro tra veicoli, “si presume fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno”. Incombeva, dunque, sull’attore l’onere di superare la presunzione di colpa, provando una condotta prudente e diligente nella fattispecie concreta, presunzione che è stata sconfessata non solo dalla relazione dell’incidente redatta dagli Agenti di Polizia intervenuti in loco ma anche dalla ricostruzione effettuata dal consulente tecnico d’ufficio. Quest’ultimo, infatti, come innanzi accennato, ha rinvenuto nella condotta del *** la causa principale dell’incidente verificatosi e in quella del conducente dell’autovettura un concorso in misura nettamente inferiore, laddove avrebbe potuto evitare l’evento dannoso “sia frenando intensamente, successivamente alla comprensione del pericolo, sia mantenendo un comportamento più prudente, riducendo la propria velocità frenando moderatamente per accodarsi al motociclo” (cfr. p. 53 relazione CTU cinematica).
Pertanto, non risulta superata la presunzione di responsabilità ex art. 2054 c.c. citato e, dunque, alla luce di tutte le argomentazioni esposte, appare adeguato alla fattispecie concreta riconoscere al *** una corresponsabilità nella misura prevalente dell’80%.
3. Con riferimento al quantum debeatur si osserva quanto segue.
3.1. In relazione al danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, gli attori anzitutto lamentano il pregiudizio subito a causa della morte del marito e padre sig. ***, richiedendo, a tal fine, il relativo risarcimento del danno in loro favore.
Già avvertivano le note cd. “sentenze gemelle” del 2003 (Cass., sent. n. 8827/2003 e 8828/2003) che “il soggetto che chiede “iure proprio” il risarcimento del danno subito in conseguenza della uccisione di un congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale lamenta l’incisione di un interesse giuridico diverso sia dal bene salute, del quale è titolare (la cui tutela “ex” art. 32 Cost., ove risulti intaccata l’integrità psicofisica, si esprime mediante il risarcimento del danno biologico), sia dall’interesse all’integrità morale (la cui tutela, ricollegabile all’art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo), e ciò in quanto l’interesse fatto valere è quello alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia, la cui tutela è ricollegabile agli artt. 2, 29 e 30 Cost.”.
Anche nelle successive cd. “sentenze San Martino” del 2008 le Sezioni Unite della Cassazione affermavano: “la perdita del prossimo congiunto cagiona pregiudizi di tipo esistenziale, i quali sono risarcibili perché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona: nel caso dello sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), il pregiudizio di tipo esistenziale è risarcibile appunto perché consegue alla lesione dei diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)”.
Giova premettere che con la voce di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, si deve intendere quel pregiudizio, subito dal prossimo congiunto, che va ad incidere tanto sul profilo della sofferenza interiore soggettiva, quanto sul piano dinamico-relazionale (Cass. n. 28989/2019).
Per quanto concerne più specificamente la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, occorre ricordare quanto segue.
In mancanza di parametri di quantificazione analitica, il danno da perdita del rapporto parentale, così come altre ipotesi di danno non patrimoniale, è liquidabile esclusivamente mediante il ricorso a criteri equitativi a norma del combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c.
L’art. 1226 c.c., nel prevedere che, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, “per una parte risponde alla tecnica della fattispecie, quale collegamento di conseguenze giuridiche a determinati presupposti di fatto, per l’altra ha natura di clausola generale, cioè di formulazione elastica del comando giuridico che richiede di essere concretizzato in una norma individuale aderente alle circostanze del caso”. Più precisamente, “quale fattispecie, l’art. 1226 richiede sia che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, la prova del danno nel suo ammontare, sia che risulti assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno medesimo. Quale clausola generale, l’art. 1226 viene a definire il contenuto del potere del giudice nei termini di “valutazione equitativa”” (così Cass., sentenza n. 10579/2021 e, nello stesso senso, Cass. sentenza n. 28990/2019).
Nella concretizzazione della clausola generale dell’equità in sede di quantificazione del danno non patrimoniale, il giudice di merito deve perseguire il massimo livello di certezza, uniformità e prevedibilità del diritto, così da assicurare la parità di trattamento di cui l’equità integrativa è espressione. Difatti, “l’adozione della regola equitativa di cui all’art. 1226 c.c., deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l’uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici giudiziari” (Cass. n. 10579/2021; Cass. n. 12408/2011).
Proprio per assicurare l’esigenza di uniformità di trattamento in situazioni analoghe e, quindi, di certezza del diritto, sono state predisposte delle Tabelle – prima di origine pretoria, poi anche di produzione legislativa – che individuano parametri uniformi per la liquidazione del danno non patrimoniale.
Tanto più diffusa è l’applicazione sul territorio nazionale di un’unica tabella di liquidazione del danno, tanto maggiore è l’auspicata uniformità di trattamento, in ossequio al disposto dell’art. 3 Cost.
La giurisprudenza di legittimità ha, però, recentemente rilevato che non ogni criterio di quantificazione del danno è in grado di assicurare la prevedibilità nell’esercizio della discrezionalità rimessa al giudice di merito. Sicuramente tale finalità è assicurata dall’adozione del sistema del punto variabile, il quale consente di pervenire ad una “conversione della clausola generale in una pluralità di ipotesi tipizzate risultanti dalla standardizzazione della concretizzazione giudiziale della clausola di valutazione equitativa del danno”, con ciò definendo “un complesso di caselle entro le quali sussumere il caso, analogamente a quanto avviene con la tecnica della fattispecie, in funzione dell’uniforme risoluzione delle controversie” (Cass. n. 10579/2021).
A tale tecnica di liquidazione del danno si fa ricorso nel sistema tabellare inaugurato dalle Tabelle milanesi con riferimento al danno cd. biologico: si individua la misura standard del risarcimento per l’appunto tramite il sistema del punto variabile, misura che può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale ed affatto peculiari.
Il sistema tabellare milanese disciplinante la quantificazione del danno biologico ha trovato larga diffusione sull’intero territorio nazionale, consentendo, così, di perseguire l’esigenza di prevedibilità ed uniformità delle liquidazioni giudiziali, tanto da veder riconosciuto la sua natura para normativa (recentemente Cass. n. 8532/2020, ma già nella citata sentenza Cass. n. 12408/2011 si attribuiva alla tabella milanese “una sorta di vocazione nazionale”.
Per quanto qui di rilievo, occorre ricordare che l’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano aveva già predisposto un sistema tabellare che fornisce parametri uniformi per la liquidazione di un’altra tipologia di danno non patrimoniale, nella specie quello da perdita del rapporto parentale. Anche tale tabella ha avuto larga diffusione sul territorio nazionale, come si evince dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale anche per la liquidazione di tale voce di danno non patrimoniale occorre fare riferimento ai criteri elaborati dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano (cfr. par. 3.2.5. Cass. n. 12408/2011).
Tuttavia, in questo caso, differentemente da quanto si è visto per il danno biologico, non si è fatto ricorso alla tecnica del punto variabile, ma si è prevista fino all’anno 2021 una forbice edittale risarcitoria che consente di tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto tipizzabili, in particolare: della sopravvivenza o meno di altri congiunti del nucleo familiare primario, della convivenza o meno di questi ultimi, della qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, della qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona perduta, dell’età della vittima primaria e secondaria. Sulla base di questi parametri sono stati identificati dei valori edittali massimi e minimi, differenziati a seconda del rapporto di parentela sussistente tra danneggiato e congiunto deceduto.
Proprio la tecnica di liquidazione del danno prescelta è stata censurata dalla citata sentenza Cassazione n. 10579/2021, in quanto ritenuta inadeguata a perseguire le esigenze di uniformità sottese ad ogni valutazione equitativa. Nella specie, vengono individuati due principali limiti al sistema tabellare milanese in materia di danno da perdita del rapporto parentale: da un lato, esso “si limita ad individuare un tetto minimo ed un tetto massimo, fra i quali ricorre peraltro una assai significativa differenza (ad esempio a favore del coniuge è prevista nell’edizione 2021 delle tabelle un’oscillazione fra Euro 168.250,00 e Euro 336.500,00)”; dall’altro lato, non si fa ricorso al criterio del punto variabile, il quale consentirebbe di tradurre la clausola generale dell’equità in una fattispecie, con ciò circoscrivendo l’esercizio della discrezionalità del giudice in sede di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale e assicurando, conseguentemente, l’uniformità di trattamento sul territorio nazionale.
Proprio tali elementi precludono alla Tabella di garantire “la funzione per la quale è stata concepita, che è quella dell’uniformità e prevedibilità delle decisioni a garanzia del principio di eguaglianza. L’individuazione di un così ampio differenziale costituisce esclusivamente una perimetrazione della clausola generale di valutazione equitativa del danno e non una forma di concretizzazione tipizzata quale è la tabella basata sul sistema del punto variabile. Resta ancora aperto il compito di concretizzazione giudiziale della clausola, della quale, nell’ambito di un range assai elevato, viene indicato soltanto un minimo ed un massimo. In definitiva si tratta ancora di una sorta di clausola generale, di cui si è soltanto ridotto, sia pure in modo relativamente significativo, il margine di generalità. La tabella, così concepita, non realizza in conclusione l’effetto di fattispecie che ad essa dovrebbe invece essere connaturato” (Cass. n. 10579/2021).
A fronte di tali considerazioni, la Corte di Cassazione auspica la predisposizione di “una tabella per la liquidazione del danno parentale basata sul sistema a punti, con la possibilità di applicare sull’importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione. In particolare, i requisiti che una tabella siffatta dovrebbe contenere sono i seguenti: 1) adozione del criterio “a punto variabile”; 2) estrazione del valore medio del punto dai precedenti; 3) modularità; 4) elencazione delle circostanze di fatto rilevanti (tra le quali, da indicare come indefettibili, l’età della vittima, l’età del superstite, il grado di parentela e la convivenza) e dei relativi punteggi” (Cass. n. 10579/2021). Recentemente, in data 29 giugno 2022, sono state pubblicate, sul sito del Tribunale di Milano e sul sito dell’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano, le nuove tabelle elaborate dal “Gruppo danno alla persona” dell’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano e licenziate dall’intero Osservatorio milanese nella riunione del 16 maggio 2022, contenute nel documento denominato “Criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale- Tabelle integrate a punti – Edizione 2022”; i Criteri orientativi sono anche corredati di due allegati: “Allegato 1. Esempi di calcolo risarcitorio confrontati con il monitoraggio” e “Allegato 2. Domande & risposte”. Giova premettere che sin dal 2015 l’Osservatorio di Milano aveva iniziato un ampio monitoraggio delle sentenze in materia di liquidazione del danno da perdita/grave lesione del rapporto parentale al fine di verificare i criteri con cui i giudici liquidano questa voce di danno non patrimoniale. Negli anni successivi sono state raccolte ed esaminate circa 600 sentenze.
Nel luglio 2018 il Gruppo di studio aveva rilevato l’incongruenza di una Tabella milanese che prevedeva liquidazioni per importi assai differenziati, con range in aumento fino al 100% di quello base, per genitori, figli, coniuge ed “assimilati” e fino al 500%, per il fratello ed il nonno.
Dopo la citata sentenza Cass. n. 10579/2021, il Gruppo danno dell’Osservatorio decise di elaborare nuove tabelle integrate a punti sulla perdita del rapporto parentale.
In primo luogo, si valutò se aderire alla tabella romana, che era l’unica tabella a punti già esistente, ma questa ipotesi fu scartata. Il gruppo dell’Osservatorio di Milano, quasi all’unanimità, nella riunione del 28.05.2021, ritenne che questa via non fosse percorribile perché:
➢ la tabella romana non aveva estratto il valore del punto dai precedenti, a differenza di quanto indicato da Cass. 10579/2021 e certamente, come accennato, non dalla gran parte degli uffici giudiziari, in cui vengono applicati i valori monetari delle tabelle milanesi;
➢ la tabella romana non era il frutto del confronto tra le componenti dei giudici e degli avvocati (delle vittime e delle compagnie assicuratrici) ma era nata in una riunione ex art. 47quater Ordinamento giudiziario tra i giudici di tre sezioni civili e della sezione lavoro del Tribunale di Roma;
➢ la tabella romana appariva per un verso troppo “ingessata”, perché con il semplice certificato anagrafico si potevano ottenere liquidazioni vicino al massimo di oltre € 300.000,00, senza una specifica allegazione ed indagine sulle concrete relazioni affettive tra vittima primaria e secondaria e, per altro verso, lasciava troppa discrezionalità al giudice di diminuire fino ad un terzo i valori monetari in assenza di convivenza; mentre, in assenza di altri familiari entro il secondo grado, prevedeva un aumento da 1/3 a ½, risultando quindi addirittura meno predittiva di quella milanese edizione 2021;
➢ i valori monetari finali non risultavano allineati al monitoraggio effettuato dall’Osservatorio milanese.
Il gruppo di studio dell’Osservatorio ha quindi proseguito i lavori tenendo sempre presente i seguenti “paletti”, propri del metodo degli Osservatori e, cioè:
1) l’humus di partenza sono stati i valori monetari delle tabelle milanesi, in quanto seguite da almeno l’80% degli uffici giudiziari d’Italia e considerato che la sentenza della Cassazione n. 10579/2021 non ha censurato i valori monetari ma solo i criteri di applicazione. Del resto, già qualche mese dopo la sentenza n. 10579/2021, il Tribunale di Milano affermava: “E tuttavia, in attesa dell’elaborazione della “tabella a punti”, appare certamente corretta l’individuazione sin d’ora dei parametri minimi e massimi previsti dalle Tabelle milanesi, che costituiscono con tutta evidenza l’humus da cui far germogliare il valore del punto” (Trib. Milano – sentenza n. 5947/2021 pubblicata il 7/07/2021);
Pertanto, il valore-punto è stato determinato dividendo per 100 il valore monetario massimo previsto dalle due tabelle milanesi per la liquidazione del rispettivo danno parentale: per la perdita del parente di primo grado/coniuge ed “assimilati” il valore-punto è pari ad € 3.365,00 (€ 336.500,00 : 100) e per la perdita del parente di secondo grado (nipote/fratello) il valore punto è pari ad € 1.461,20 (€ 146.120,00 : 100); anche per questo motivo le tabelle sono state denominate tabelle “integrate a punti”; 2) gli importi liquidabili sono stati elaborati secondo la regola della coerenza con il monitoraggio già effettuato;
3) rispetto ed applicazione dei principi elaborati dalla Cassazione, tra cui, in primis, quelli esposti nella già citata sentenza n. 10579/2021 ed in particolare la regola per cui il “valore medio del punto” deve essere estratto dai precedenti;
4) evitare che il risarcimento si traduca in un mero calcolo matematico e le tabelle siano usate come una scorciatoia per eludere gli oneri di allegazione e prova gravanti sulle parti e l’obbligo di motivazione gravante sul giudice; le tabelle devono tener conto, invece, delle peculiarità della fattispecie concreta e dar modo ai difensori di allegare e provare (spesso anche in via presuntiva) i fatti posti a fondamento della domanda, ovvero di eccepirne l’insussistenza, ed al Giudice di motivare sul punto, sì da evitare che si liquidi un danno in re ipsa. Anche recentemente la Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice di merito deve valutare analiticamente “tutte le singole circostanze di fatto che risultino effettivamente specifiche e individualizzanti, allo scopo di non ricadere nel vizio consistente in quella surrettizia liquidazione del danno non patrimoniale in un danno forfettario o (peggio) in re ipsa che caratterizza tanta parte dello stile c.d. ‘tabellare’ in tema di perdita del rapporto parentale” (Cass. 11689/2022). Come già scritto anche nei criteri orientativi delle tabelle milanesi ed. 2021: “Rimane sempre fermo il dovere di motivazione dei criteri adottati per graduare il risarcimento nel range previsto dalla Tabella od anche (eccezionalmente) al di fuori della stessa; come si legge nella sentenza n. 12408/2011, la Tabella esprime un valore “equo”, “e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l’entità”.
I parametri rilevanti, indicati dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 10579/2021 sono quelli già previsti in linea generale dalle precedenti versioni delle tabelle milanesi: corrispondenti all’età della vittima primaria e della vittima secondaria, alla convivenza tra le due, alla sopravvivenza di altri congiunti, alla qualità e intensità della specifica relazione affettiva perduta.
Per distribuire i punti tra le dette circostanze il Gruppo Danno alla persona dell’Osservatorio di Milano ha proceduto per tentativi con tante simulazioni su dei “casi”, confrontando gli importi monetari liquidabili in base alle ipotesi di distribuzione dei punti e le liquidazioni in concreto riconosciute dai giudici di merito per casi simili nelle sentenze raccolte con il monitoraggio.
In definitiva, quindi, nelle nuove tabelle integrate a punti (edizione 2022) è stato previsto un punteggio per ognuno dei menzionati parametri: si determina così il totale dei punti secondo le circostanze presenti nella fattispecie concreta e quindi si moltiplica il totale dei punti per il menzionato “valore punto” (pari ad € 3.365,00 ed € 1.461,20), pervenendo così all’importo monetario liquidabile. Giova sottolineare che le cinque circostanze considerate ai fini della distribuzione dei punti non costituiscono ciascuna un pregiudizio in sé ovviamente, ma integrano tutte elementi che rivelano secondo le note massime di comune esperienza, cfr. Cass. 25164/2020- l’esistenza e consistenza di una sofferenza soggettiva e di pregiudizi dinamico-relazionali derivanti dalla perdita del parente.
Le prime quattro circostanze (età della vittima primaria e della vittima secondaria, convivenza tra le due, sopravvivenza di altri congiunti) hanno natura “oggettiva” e sono quindi “provabili” anche con documenti anagrafici; la quinta circostanza (lett. “E”, qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto) è invece di natura “soggettiva” e riguarda sia gli aspetti cd “esteriori” del danno da perdita del parente (stravolgimento della vita della vittima secondaria in conseguenza della perdita) sia gli aspetti cd “interiori” di tale danno (sofferenza interiore) e deve essere allegata, potendo poi essere provata anche con presunzioni. Nell’apprezzamento dell’intensità e qualità della relazione affettiva (lett. “E”), si dovrà valutare lo specifico rapporto parentale perduto, con tutte le caratteristiche obiettive e soggettive, sulla scorta di quanto allegato e provato (anche con il ricorso alle presunzioni) in causa.
Infine, si è rimesso al singolo giudice la scelta se procedere alla liquidazione dei valori monetari riconducibili al parametro “E” con un unico importo monetario o con somme distinte per ciascuna delle menzionate voci/componenti del danno non patrimoniale: sofferenza soggettiva interiore e dimensione dinamico relazionale.
Ai fini dell’attribuzione dei punti per il parametro “E” (fino ad un massimo di 30 punti nelle due tabelle), il giudice potrà tenere conto, sia delle circostanze obiettive di cui ai precedenti 4 parametri (“obiettivi”) e delle conseguenziali valutazioni presuntive, sia di ulteriori circostanze che siano allegate e provate (anche con presunzioni) relative, ad esempio, ma non solo, alle seguenti circostanze di fatto:
• frequentazioni/contatti (in presenza o telefonici o in internet),
• condivisione delle festività/ricorrenze,
• condivisione di vacanze,
• condivisione attività lavorativa/hobby/sport,
• attività di assistenza sanitaria/domestica,
• agonia/penosità/particolare durata della malattia della vittima primaria laddove determini una maggiore sofferenza nella vittima secondaria, • altri casi.
In entrambe le nuove tabelle integrate a punti ed. 2022, in coerenza con i criteri orientativi delle precedenti tabelle milanesi ed. 2021, si conferma il principio che “non esiste un minimo garantito”, con l’espressa avvertenza che “contrasti di rilevante intensità o controversie giudiziarie tra le due vittime, violenze o reati commessi dalla vittima secondaria nei confronti della vittima primaria possono ridurre, fino ad azzerare, l’ammontare risarcitorio riconosciuto in base a tutti i parametri/punti della tabella”.
Si conferma altresì, come per la precedente edizione 2021, che per il danno da perdita del rapporto parentale (come peraltro per quelle del danno biologico), vanno distinte le ipotesi integranti reati colposi o dolosi; le tabelle si applicano solamente alle prime. Nelle fattispecie in cui l’illecito sia stato cagionato con dolo, spetta al giudice valutare tutte le peculiarità del caso concreto e pervenire eventualmente ad una liquidazione che superi l’importo massimo previsto in tabella. Infatti, nelle ipotesi di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale conseguente a rapina, sequestro di persona, percosse, violenza sessuale, ecc., senza aderire alla tesi del c.d. “danno punitivo” (nettamente smentita dalla sentenza Cass. Sez. U. n. 15350/2015 e ben circoscritta dalla sentenza Cass. Sez. U. n. 16601/2017), è indubbio che sia (di regola) maggiore l’intensità delle sofferenze psicofisiche patite dalla vittima primaria e secondaria. Anche nella sentenza Cass. n. 10579/2021 si afferma: “Poiché si tratta di un’opera di astrazione dalle decisioni della giurisprudenza di merito, la tabella non ha la cogenza del dettato legislativo e consente pertanto la riespansione della clausola generale se le peculiarità del caso concreto non tollerano la sussunzione nella fattispecie tabellare. A parte la previsione di “finestre” per l’aumento in ragione delle peculiarità del caso, è sempre data la possibilità al giudice di liquidare il danno, oltre i valori massimi o minimi previsti dalla tabella, in relazione a casi la cui eccezionalità, specificatamente motivata, fuoriesca ictu oculi dallo schema standardizzato”. Alla luce di quanto esposto, dei Criteri orientativi e degli allegati pubblicati sul sito del Tribunale di Milano, può dunque concludersi che le nuove tabelle integrate a punti elaborate dall’Osservatorio di Milano siano coerenti con i principi di diritto enunciati nella sentenza Cass. n. 10579/2021 e possano essere utilizzati dal giudice per determinare una liquidazione equa, uniforme e prevedibile del danno da perdita del rapporto parentale.
Ritiene inoltre questo giudice che nella liquidazione del danno non patrimoniale occorre fare riferimento alla tabella più recente in uso al momento della decisione (Cass., ord. n. 13269/2020 e cfr. anche Cass. Sentenza n. 28994/2019, nell’ipotesi di successiva emanazione di una tabella normativa).
E dunque, nella fattispecie concreta, potranno agevolmente applicarsi le nuove tabelle milanesi integrate a punti – edizione 2022, tenendo conto che la componente del danno dinamico-relazionale e da sofferenza soggettiva interiore sono presumibili come particolarmente intense nel caso di perdita della figura paterna e della figura del coniuge, atteso che la perdita di un genitore e/o coniuge costituisce sempre un evento tragico e sconvolgente per i congiunti.
Ebbene, in applicazione delle nuove “tabelle milanesi integrate a punti” si devono riconoscere all’attrice (moglie del de cuius) i seguenti punti:
– punti 12 in considerazione dell’età della vittima primaria: 77 anni alla data del decesso (lett. “A” della Tabella);
– punti 18 in considerazione dell’età della vittima secondaria: 51 anni alla data del decesso del marito (lett. “B” della Tabella);
– punti 16 in relazione alla lett. “C” della Tabella perché è incontroverso che, al momento del decesso, l’attrice conviveva con il de cuius;
– punti 14 in considerazione della sopravvivenza di n. 1 superstiti (lett. “D” della Tabella);
– punti 7 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. “E” della Tabella);
– per un totale quindi di punti 67, pari ad euro 225.455,00 (67 punti x euro 3.365,00).
Con particolare riguardo al parametro “E”, ritiene infatti il Tribunale che l’attrice si sia limitata ad allegare e a provare che con il marito intratteneva un legame di coabitazione, come attestato dalla documentazione prodotta (sub docc. 8-9 di parte attrice), senza null’altro provare. Di conseguenza, in mancanza di ulteriori allegazioni di fatto, in via presuntiva, si ritiene congruo attribuire 7 punti in considerazione della sofferenza sicuramente derivante dal decesso del coniuge.
Tenendo conto, tuttavia, del concorso di colpa della vittima primaria nel proprio decesso, stimata nella misura dell’80%, nella stessa percentuale deve essere ridotto il risarcimento, che deve essere quindi liquidato per questa voce di danno in euro 45.091,00 per la signora ***.
Per quanto concerne il figlio YYY, in applicazione delle nuove “tabelle milanesi integrate a punti” si devono riconoscere i seguenti punti:
– punti 12 in considerazione dell’età della vittima primaria: 77 anni alla data del decesso (lett. “A” della Tabella);
– punti 26 in considerazione dell’età della vittima secondaria: 13 anni alla data del decesso del padre (lett. “B” della Tabella);
– punti 16 in relazione alla lett. “C” della Tabella perché è incontroverso che, al momento del decesso, il figlio YYY conviveva con il de cuius;
– punti 14 in considerazione della sopravvivenza di n. 1 superstiti (lett. “D” della Tabella);
– punti 25 in considerazione della qualità e intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale perduto (lett. “E” della Tabella);
– per un totale quindi di punti 93, pari ad euro 312.945,00 (93 punti x euro 3.365,00).
Con particolare riguardo al parametro “E”, si osserva quanto segue.
All’epoca dell’evento, il figlio YYY aveva 13 anni. È incontestato che lo stesso vivesse a casa con i genitori (rectius: con il defunto padre).
Giova rilevare che nella Tabella Milanese in esame si afferma quanto segue: “ove in un determinato rapporto parentale ricorrano circostanze che consentano di presumere di regola (salvo prova contraria, sempre possibile) una relazione affettiva molto intensa (come nel caso del bambino di 5 anni che perde il genitore, ipotesi in cui di regola vi è convivenza ed è ordinariamente presumibile la condivisione giornaliera di tutte le principali attività della vita quotidiana, nonché la dipendenza della vittima secondaria dalla vittima primaria per le attività di cura, educazione ed assistenza parentale), sarà possibile attribuire il massimo dei punti per il parametro E”.
Nella specie, deve ritenersi che la morte del sig. *** abbia determinato un serio sconvolgimento nella vita di relazione del figlio, tale da aver inciso notevolmente nelle abitudini di vita. Pertanto, non può essere trascurata la sofferenza soggettiva patita a seguito della perdita della figura del padre, la quale costituisce l’altra componente del danno in questione. Allo stesso tempo, non ci si può esimere dal considerare l’età avanzata del sig. *** al momento del fatto (77 anni), e in generale la circostanza che lo stesso non godesse di condizioni di salute ottimali (cfr. doc. 5 – esame autoptico atto di citazione). Ciò poteva far presumere che la sua aspettativa di vita non fosse particolarmente lunga, e che quindi, verosimilmente, la sua scomparsa sarebbe comunque potuta avvenire in tempi non troppo lontani. In buona sostanza, sebbene la perdita di un genitore costituisca sempre un evento tragico e sconvolgente dal punto di vista della sofferenza interiore, tuttavia, bisogna tener conto delle concrete aspettative di vita di cui godeva il de cuius e del modo in cui queste avrebbero potuto incidere nel rapporto paterno. In definitiva, pare aderente alla fattispecie concreta riconoscere, in relazione al parametro “E” 25 punti.
Tuttavia, bisogna tener conto del concorso di colpa della vittima primaria nel proprio decesso, stimata nella misura dell’80%. Pertanto, nella stessa percentuale deve essere ridotto il risarcimento, che deve essere quindi liquidato per questa voce di danno in euro 62.589,00 per il figlio YYY.
3.2. In relazione al danno non patrimoniale iure hereditatis, per il danno patito dal de cuius sig. *** prima del decesso.
La Cassazione ha cura di precisare che “in tema di danno non patrimoniale risarcibile in caso di morte causata da un illecito, il danno morale terminale e quello biologico terminale si distinguono, in quanto il primo (danno da lucida agonia o danno catastrofale o catastrofico) consiste nel pregiudizio subìto dalla vittima in ragione della sofferenza provata nel consapevolmente avvertire l’ineluttabile approssimarsi della propria fine ed è risarcibile a prescindere dall’apprezzabilità dell’intervallo di tempo intercorso tra le lesioni e il decesso, rilevando soltanto l’intensità della sofferenza medesima;
mentre il secondo, quale pregiudizio alla salute che, anche se temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità, sussiste, per il tempo della permanenza in vita, a prescindere dalla percezione cosciente della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della stessa, ma richiede, ai fini della risarcibilità, che tra le lesioni colpose e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo. Dai pregiudizi risarcibili “iure hereditatis” si differenzia radicalmente il danno da perdita del rapporto parentale che spetta “iure proprio” ai congiunti per la lesione della relazione parentale che li legava al defunto e che è risarcibile se sia provata l’effettività e la consistenza di tale relazione, ma non anche il rapporto di convivenza, non assurgendo quest’ultimo a connotato minimo di relativa esistenza” (Cass. civ. Ordinanza n. 21837 del 30/08/2019).
Per quanto concerne più specificamente la liquidazione del danno catastrofale o da lucida agonia invocato dall’attrice, sempre la Cassazione ha di recente statuito che “in caso di sinistro mortale dal quale sia derivato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all’invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del danno rende necessaria una liquidazione affidata ad un criterio equitativo puro che tenga conto dell’enormità della sofferenza psichica, giacché tale danno, ancorché temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità e la durata della consapevolezza della vittima non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma soltanto sul piano della quantificazione del risarcimento secondo criteri di proporzionalità e di equità” (Cass. civ. Ordinanza n. 16592 del 20/06/2019).
Nel caso di specie, ritiene questo Giudice che il danno da lucida agonia (o catastrofale) non vada riconosciuto perché risulta esclusivamente allegato (cfr. pp. 12-13 atto di citazione), ma non affatto provato, né direttamente, e neppure attraverso circostanze gravi, precise e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c., che nei circa 33 giorni intercorsi tra il sinistro subito dal *** e il successivo di lui exitus, la vittima abbia avvertito consapevolmente l’ineluttabile approssimarsi della propria fine, e sia stata dunque in lucida agonia.
Alla luce di quanto esposto, invece, vi sono i presupposti per liquidare il danno non patrimoniale da lesione temporanea del bene salute nel massimo valore indicato nella Tabella Milanese di circa 149,00 euro pro die. Per l’effetto deve essere liquidata questa voce di danno nella somma di euro 4.917,00. Tenuto conto della responsabilità del de cuius nella misura dell’80% questa voce di danno è risarcibile nella minor somma di euro 983,40. Quest’utlima somma, ai sensi dell’art. 581 c.c., deve essere liquidata per euro 491,70 in favore di XXX in proprio e per euro 491,70 nella veste di esercente la responsabilità genitoriale di YYY.
In definitiva, deve essere liquidata a XXX, in proprio, la complessiva somma di euro 45.582,70 e alla stessa nella veste di esercente la responsabilità genitoriale di YYY la complessiva somma di euro 63.080,70
Gli interessi compensativi – secondo l’ormai consolidato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (v. sentenza n. 1712/1995) – decorrono dalla produzione dell’evento di danno sino al tempo della liquidazione; per questo periodo, gli interessi compensativi si possono calcolare applicando un tasso annuo medio ponderato, equitativamente determinato, sul danno rivalutato.
Da oggi, giorno della liquidazione, all’effettivo saldo decorrono gli interessi legali sulla somma rivalutata.
Pertanto, alla luce degli esposti criteri, i convenuti devono essere condannati in solido al pagamento, in favore di XXX, in proprio, la complessiva somma di euro 45.582,70 e alla stessa nella veste di esercente la responsabilità genitoriale di YYY la complessiva somma di euro 63.080,70 liquidata in moneta attuale, oltre:
– interessi compensativi, al tasso annuo medio ponderato del 0,5%, sulle predette somme, dalla data del sinistro (26.05.2017) ad oggi;
– interessi, al tasso legale, sempre sulle predette somme dalla data della presente sentenza al saldo effettivo.
Alla luce di quanto esposto, non sono rilevanti ai fini del decidere le istanze istruttorie reiterate dalle parti nell’udienza di precisazione delle conclusioni.
Le spese della consulenza tecnica d’ufficio, necessaria per l’accertamento della dinamica dell’incidente, vanno poste per metà a carico della parte attrice e per l’altra metà a carico dei convenuti in solido.
Consegue alla parziale soccombenza la condanna dei convenuti in solido, a rifondere a parte attrice le spese processuali nella misura del 20%, con compensazione tra le parti per l’altro 80%, da liquidarsi in favore dell’avvocato, antistatario.
4. La convenuta KKK s.p.a. ha contratto polizza assicurativa con la Società ZZZ di Assicurazioni (cfr. doc. 4 comparsa di costituzione KKK S.p.a.).
Pertanto, poiché l’incidente di cui è causa rientra nell’oggetto della polizza – circostanza pacificamente riconosciuta dalla stessa Società ZZZ – la compagnia assicuratrice è condannata a tenere indenne la convenuta KKK s.p.a. per tutte le somme che la stessa verserà a parte attrice per effetto delle statuizioni che precedono, per sorte capitale, interessi e spese legali.
Consegue alla soccombenza la condanna della compagnia assicuratrice a rifondere alla convenuta KKK s.p.a. le spese processuali, atteso che la stessa, quale responsabile civile del danno, aveva interesse a difendersi anche in proprio nei confronti della parte attrice.
La presente sentenza è dichiarata provvisoriamente esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando, così provvede:
– dichiara la concorrente responsabilità civile dei convenuti KKK S.p.A. e la Società ZZZ di Assicurazioni s.p.a. nella misura del 20% nella produzione dell’incidente verificatosi in data 26.05.2017;
– condanna i convenuti in solido al pagamento, in favore di XXX, in proprio, della complessiva somma di euro 45.582,70 e in favore della stessa, nella veste di esercente la responsabilità genitoriale di YYY, della complessiva
somma di euro 63.080,70 oltre interessi, come specificati in motivazione;
– rigetta le altre domande ed istanze proposte dalle parti;
– pone le spese della consulenza tecnica d’ufficio per metà a carico della parte attrice e per l’altra metà a carico dei convenuti in solido;
– condanna i convenuti in solido, a rifondere a parte attrice il 20% delle spese processuali, che, in tale proporzione, liquida in euro 109,00 per esborsi, euro 2.068,60 per compenso professionale, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A., dichiarandole compensate tra le parti per il rimanente 80%, da distrarsi in favore dell’avv., antistatario;
– condanna la compagnia assicuratrice a tenere indenne KKK s.p.a. per tutte le somme che la stessa verserà a parte attrice per effetto delle statuizioni che precedono;
– condanna la compagnia assicuratrice a rifondere alla convenuta KKK s.p.a. le spese processuali che liquida in euro 75,00 per esborsi, euro 11.283,00 per compenso professionale, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre I.V.A. e C.P.A.; – dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.
Milano, 13 ottobre 2022
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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