REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale civile di Lecce
Seconda Sezione civile
nella persona del giudice, dr.ssa, ha pronunciato all’esito dell’udienza del 15 marzo 2019 la seguente
SENTENZA n. 859/2020 pubblicata il 20/03/2020
nel procedimento civile iscritto al n. del ruolo generale dell’anno 2016, avente ad oggetto: appello avverso sentenza del Giudice di Pace;
promosso da
XXX, rapp.ta e difesa dall’avv.to, in virtù di mandato a margine dell’atto di citazione di primo grado;
– appellante –
contro
YYY SpA, in persona del legale rappresentante pro-tempore, contumace;
– appellata –
Conclusioni:
All’udienza del 15 marzo 2019, il procuratore di parte appellante ha precisato le conclusioni riportandosi ai propri scritti difensivi ed ha rinunciato ai termini di cui all’art. 190 c.p.c..
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX ha proposto appello avverso la sentenza n. /15 emessa dal Giudice di Pace di Maglie il 09.03.2015 e pubblicata il 27.07.2015, con cui è stata parzialmente accolta la domanda dallo stesso proposta nei confronti di YYY SpA, condannando la società in questione a restituirgli l’importo di € 866,05, oltre interessi dalla costituzione in mora al saldo e con condanna della stessa a rifondergli spese e competenze legali.
In primo grado, XXX aveva dedotto di essere titolare della *** ricaricabile per telefonia mobile n., con YYY e con piano Tariffario *** e di avere avuto, a decorrere da gennaio 2012, addebiti sul suo conto corrente di complessivi € 1.732,10 relativi a fatture emesse con la causale “YYY domic. Fatt. consu VI” riguardanti consumi per traffico telefonico di altro utente; ha dedotto di non avere mai autorizzato YYY a fare tali prelievi e di avere conseguentemente sollecitato la stessa a restituire l’importo, senza esito; ha evidenziato che senza esito è rimasta anche l’istanza di mediazione.
Costituendosi in giudizio la YYY SpA ha sostenuto l’infondatezza della domanda, deducendo che: – il figlio dell’attore, ***, in data 28 e 29 ottobre 2011, ha attivato due contratti di abbonamento relativi alle utenze *** (su cui effettuare la portabilità del n. ***) e ***, associate ai piani tariffari *** e ai terminali modelli “I-Phone 4S 16GB” con vincolo contrattuale di 30 mesi; – in quell’occasione, *** ha chiesto di addebitare sulla carta di credito intestata al proprio genitore, producendo i dati della carta di credito ed i suoi documenti, e la compagnia telefonica, in buona fede, ha attivato i contratti; – ad ulteriore riprova della buona fede della convenuta, il 14.12.2012, il Servizio Clienti della YYY ha ricevuto un fax da *** di con cui veniva informata che XXX, titolare di altra sim ricaricabile, intendeva diventare titolare della utenza intestata al figlio *** avente n. *** in quanto reale utilizzatore della stessa; – non è chiaro come è stato quantificato l’importo di € 1.732,10. Ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa *** per essere manlevata, nell’ipotesi di accoglimento della domanda attorea.
Alla prima udienza del 03.02.2014, il Giudice di Pace ha autorizzato la chiamata in causa di ***, rinviando per tale adempimento all’udienza del 28.05.2014; tale ultima udienza è stata rinviata al 09.07.2014 per l’astensione degli avvocati; alla successiva udienza del 09.07.2014, la difesa di YYY ha chiesto di essere rimessa in termini per chiamare in causa ***, senza esito; alla successiva udienza del 03.11.2014, la difesa dell’attore ha disconosciuto e contestato la conformità all’originale del documento n. 5 del 13.12.2012 del fascicolo attoreo e del documento denominato “richiesta di subentro titolarità sim ricaricabile” del 13.12.2012 e nessuno è comparso per la YYY SpA; all’udienza del 03.12.2014 è comparso il solo difensore dell’attore producendo una serie di documenti; all’udienza del 07.01.2015, fissata per la precisazione delle conclusioni e la discussione della causa, sono comparsi entrambi i procuratori precisando le conclusioni.
Il Giudice di Pace, decidendo la causa, ha accolto parzialmente la domanda attorea, sostenendo che l’attore avrebbe dovuto disconoscere in modo dettagliato ed entro la prima udienza o la prima risposta successiva alla produzione la conformità dei documenti, mentre ciò è avvenuto alla terza udienza (03.11.2014) e, quindi, tardivamente, con la conseguenza che tali documenti si hanno per riconosciuti; ha, conseguentemente, evidenziato che dall’esame di tali documenti, si desume come XXX avesse prestato il consenso al prelievo dal suo conto corrente dei costi relativi alla sim ***, mentre nessun consenso si desume per l’altra sim; ha, quindi, determinato equitativamente l’importo dovuto in restituzione dalla società convenuta, non essendovi in atti elementi per la quantificazione precisa.
Ha proposto appello XXX che ha contestato la decisione del giudice di prime cure. In particolare, ha sostenuto l’erronea valutazione delle prove acquisite in atti, non risultando alcuna dimostrazione di un rapporto contrattuale tra YYY e XXX né alcuna autorizzazione di quest’ultimo alla YYY ad effettuare prelievi dalla sua carta di credito per saldare debiti di soggetti terzi; ha, inoltre, messo in risalto di avere disconosciuto la conformità all’originale di alcuni documenti e che non vi è stato alcun rilievo di tardività del disconoscimento ad opera della controparte, sicché erroneamente il giudice ha rilevato d’ufficio la tardività ed ha considerato i documenti prodotti dalla società convenuta come “riconosciuti”.
Nessuno si è costituito per parte appellata, nonostante la regolare notifica.
Acquisito il fascicolo di primo grado, all’udienza del 15.03.2019, sono state precisate le conclusioni dal difensore dell’appellante e la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
L’appello appare fondato e merita accoglimento.
I contratti relativi alle utenze *** (su cui, a dire della YYY, si sarebbe dovuta effettuare la portabilità del n. ***) e *** sono stati stipulati da YYY SpA con ***, come si evince dall’esame dei contratti e come è stato pacificamente riconosciuto da entrambe le parti nel giudizio di primo grado.
Non risulta in alcun modo che XXX abbia prestato il consenso per l’addebito degli importi dovuti in virtù di tali contratti su una sua carta di credito.
Solo con riferimento all’utenza ***, YYY SpA, costituendosi in giudizio in primo grado, ha depositato la copia di un fax del 13.12.2012 con cui un operatore di *** di chiedeva chiarimenti ad YYY SpA sulle modalità necessarie per effettuare il subentro di XXX in tale utenza (che, a dire dell’operatore, è sempre stata utilizzata da XXX, seppure intestata al figlio) e la copia di una “richiesta di subentro titolarità SIM ricaricabile” a firma apparente di *** e XXX.
Tali due copie sono state disconosciute dal XXX all’udienza del 03.11.2014.
Il disconoscimento è stato effettuato in modo espresso, specifico e puntuale, visto che – per il fax del 13.12.2012 – l’avv. ha specificato che “non è dato sapere la provenienza” e – per entrambi i documenti – ha dedotto che “XXX non ha mai manifestato richiesta di diventare titolare delle utenze intestate al figlio”. In sostanza, il disconoscimento è avvenuto ritualmente, secondo le modalità di cui all’art. 2719 c.c. (meglio espresse numerose volte dalla S.C.; cfr., ad esempio, Cass., sez. VI, sent. 13.06.2014, n. 13425; Cass., sez. III, 29.07.2016, n. 15790).
A fronte di tale specifico disconoscimento, la difesa di YYY non ha mai prodotto gli originali (produzione che l’avv. ha richiesto, con particolare riferimento alla richiesta di subentro, all’udienza del 03.11.2014 “al fine di verificare se la firma del cessionario sia o meno autografa”).
Tuttavia, è ben vero che tale disconoscimento non è avvenuto nella prima difesa o nella prima udienza successiva alla produzione dei documenti, ma ben oltre. Tale tardività, però, non è stata eccepita dalla difesa di YYY, né alle udienze del 03.11.2014 e del 03.12.2014 (alle quali non è comparso nessuno per la società convenuta), né all’udienza del 07.01.2015, quando la difesa della YYY è comparsa ed ha precisato le conclusioni.
La S.C. ha, in più occasioni affermato che “l’eccezione di tardività del disconoscimento della scrittura privata ai sensi degli artt. 214 e 215 c.p.c. è rimessa alla disponibilità della parte che ha prodotto il documento, in quanto unica ad avere interesse a valutare l’utilità di un accertamento positivo della provenienza della scrittura” (Cass., sez. III, sent. 24.09.2019, n. 23636; nello stesso senso, Cass. Sez. II, sent. 09.05.2011, n. 10147).
Pertanto, erroneamente, il giudice di prime cure ha rilevato la tardività del disconoscimento.
Orbene, va, tuttavia, rilevato che il fax del 13.12.2012 è un documento proveniente da un terzo, sicché il suo disconoscimento non può avere l’effetto di rendere la scrittura inutilizzabile. Tuttavia, trattandosi di una dichiarazione resa da un soggetto non identificato (vi è solo una sigla illeggibile, l’indicazione di un nome di battesimo – *** – e di un numero telefonico), che riporta affermazioni di cui si ignora la fonte di conoscenza (sull’utilizzo dell’utenza da parte del XXX da sempre), va comunque ritenuto che è un documento privo di efficacia probatoria.
Quanto alla “richiesta di subentro” va rilevato che non ne è stata contestata l’autenticità ma solo la sua conformità all’originale. Come affermato dalla S.C.. “il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215 c.p.c., c. 1, n. 2), giacché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni, ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa” (Cass., sez. III, sent. 21.04.2010, n. 9439). Nel caso di specie, YYY SpA non ha mai prodotto l’originale e non ha mai preso posizione sulla conformità all’originale di tale scrittura e non vi alcuna altra prova, fornita nel giudizio, che consenta di apprezzare l’efficacia rappresentativa di tale copia. Anche questo documento, quindi, è inidoneo a fornire sostegno alla posizione di parte appellata.
Conseguentemente, in mancanza di ogni prova sulla volontà del XXX di assumere l’obbligo di pagare ad YYY quanto dovuto per i due contratti per cui è causa (stipulati tra YYY ed altro soggetto), la domanda dello stesso va accolta.
Con riferimento al quantum richiesto dal XXX vi è solo una generica contestazione della società odierna appellata. E, a fronte di tale contestazione, la difesa del XXX ha prodotto, all’udienza del 03.12.2014 fissata ex art. 320 c.p.c., una serie di estratti conto da cui si evince che il totale addebitato è pari ad € 1.635,24. Questo è, pertanto, l’importo che YYY SpA deve essere condannata a corrispondere a XXX, oltre agli interessi dalla costituzione in mora al saldo.
L’esito del giudizio giustifica anche la condanna di parte appellata a rifondere all’appellante spese e competenze di lite, da determinare secondo i criteri di cui al D.M. 55/2014, tenendo conto del valore della controversia e dell’attività concretamente svolta, con distrazione in favore dell’avv. che ne ha fatto richiesta.
p.q.m.
definitivamente pronunciando sull’appello proposto avverso la sentenza n. /2015 emessa dal Giudice di Pace di Maglie il 09.03.2015 e pubblicata il 27.07.2015, così dispone:
1) a parziale riforma della sentenza appellata, a modifica dei punti 1) e 2) del dispositivo della stessa, condanna YYY SpA a restituire a XXX l’importo di € 1.635,24, oltre interessi al saggio legale dalla costituzione in mora al saldo;
2) conferma il punto 3) della sentenza appellata;
3) condanna YYY SpA a rifondere le spese e competenze di lite del giudizio di appello in favore di XXX, nella misura di € 102,00 per spese ed € 850,00 a titolo di compenso, oltre rimborso forfettario, CAP ed IVA come per legge, con distrazione in favore dell’avv. che ne ha formulato richiesta.
Lecce, 14 marzo 2020
Il giudice
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