REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TIVOLI
in persona del Giudice,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1069/2023 pubblicata il 04/08/2023
nella causa civile di I grado, iscritta al n° R.G. 4878/2020, promossa da:
ASL XXX – C.F., in persona del legale rappresentante dott.
ATTRICE, OPPONENTE,
nei confronti di
YYY SPA – C.F.,
CONVENUTA, OPPOSTA,
avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo.
Conclusioni delle parti: come dai rispettivi atti e come da verbale di causa.
FATTO E DIRITTO
Letti gli atti difensivi delle parti ed esaminata la documentazione prodotta, il Tribunale ritiene quanto segue.
Asl XXX si opponeva al decreto ingiuntivo n° 1349/2020 (R.G. n° 3454/2020), attraverso il quale le veniva ingiunto, ad istanza della YYY SpA, il pagamento della somma di €. 95.171,53 quale importo dovuto in forza della fattura 2020 emessa il 29.6.2020 per le prestazioni erogate in diversi complessi ospedalieri, tutti autorizzati e accreditati con il servizio sanitario regionale in forza di distinte delibere della Giunta Regionale del Lazio.
A sostegno dell’opposizione deduceva:
a. la mancata prova della prestazione eseguita e, dunque, del credito vantato non desumibile dalla semplice produzione della fattura;
b. il superamento del budget e del tetto di spesa a lei assegnati dalla Regione Lazio per l’anno 2019.
Si costituiva la società opposta, contestando i motivi di opposizione di cui chiedeva il rigetto, in particolare deducendo in contrapposizione ai suddetti:
1. l’esistenza della prova documentale delle prestazioni erogate nell’ambito di rapporto contrattuale peraltro non contestato;
2. che con sentenza ConsStato 8608/2019 era stato stabilito come i corrispettivi dovuti per le prestazioni sanitarie di carattere psichiatrico – cioè della tipologia di quelle di cui alla fattura contestata – fossero interamente a carico del Servizio Sanitario Regionale e non degli utenti e/o dei Comuni;
3. in ogni caso, la sussistenza di un indebito arricchimento della PA e, dunque, del diritto all’indennizzo in favore dell’opposta ai sensi dell’art. 2041 cc.
Rileva il Tribunale.
In via preliminare, debbono considerarsi qui riprodotte le argomentazioni delle parti, così come riportate nei rispettivi atti difensivi.
Nel merito.
A. Quanto al motivo di cui ai precedenti punti sub “a” e 1.
E’ infondato.
Infatti, a prescindere dalla genericità dell’eccezione sollevata dalla parte opponente, va osservato come con la stessa la Asl XXX abbia contestato non l’effettività della prestazione erogata, quanto (cfr. pag. 4 atto di citazione) il fatto che tale prestazione non fosse stata descritta in fattura, il che è deduzione che se può certamente integrare un vizio del documento contabile, non può invece essere utilizzata per sostenere l’inesistenza del credito vantato.
B. Quanto al motivo di cui ai precedenti punti sub “b” e 2.
E’ vero che la giurisprudenza amministrativa, con orientamento costante (Cons. Stato, sez. III, 08/01/2019; n. 184; ConsStato, sez. III, 27/02/2018, n. 1206; ConsStato Sez. III, 10/02/2016, n. 567; ConsStato, sez. III, 14/12/2012, n. 6432), ha precisato che l’osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria rappresenta un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il SSN può erogare e che può permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato, con la conseguenza che deve considerarsi giustificata (anche) la mancata previsione di criteri di remunerazione delle prestazioni extra budget – ipotesi occorsa nella fattispecie concreta – per la necessità di dover comunque rispettare i tetti di spesa e, quindi, il vincolo delle risorse disponibili (Cons. Stato, sez. III 10/02/2016 n. 566; Con. Stato, sez. III, 10/04/2015, n. 1832).
Alla base di tale conclusione vi sono alcuni stringenti indirizzi normativi – la L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 32, comma 8, il D.Lgs. 23 dicembre 1992, n. 502, art. 12, comma 3 e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 39 (su cui Cons. Stato, Ad. Plen., 12/04/2012, n. 3; Cons. Stato, 02/05/ 2006, n. 8; Consiglio Stato, sez. V, 25/01/2002, n. 418; Corte Cost. 26/05/2005, n. 200; Corte Cost. 28/07/1995, n. 416; Corte Cost. 23/07/1992, n. 356) – i quali hanno disposto che, in condizioni di scarsità di risorse e di necessario risanamento del bilancio, anche il sistema sanitario non può prescindere dall’esigenza di perseguire obiettivi di razionalizzazione finalizzati al raggiungimento di una situazione di equilibrio finanziario attraverso la programmazione e pianificazione autoritativa e vincolante dei limiti di spesa dei vari soggetti operanti nel sistema. Si tratta dell’esercizio di un potere connotato da ampi margini di discrezionalità, posto che deve bilanciare interessi diversi e per certi versi contrapposti, ovvero l’interesse pubblico al contenimento della spesa, il diritto degli assistiti alla fruizione di adeguate prestazioni sanitarie, le aspettative degli operatori privati che si muovono secondo una legittima logica imprenditoriale e l’assicurazione della massima efficienza delle strutture pubbliche che garantiscono l’assistenza sanitaria a tutta la popolazione secondo i caratteri tipici di un sistema universalistico. Occorre d’altro canto considerare che il perseguimento degli interessi collettivi e pubblici compresenti nella materia non può restare subordinato e condizionato agli interessi privati i quali, per quanto meritevoli di tutela, risultano cedevoli e recessivi rispetto a quelli pubblici; che vi è la necessità di rivedere l’offerta complessiva delle prestazioni messe a disposizione dai soggetti privati utilizzando al meglio le potenzialità delle strutture pubbliche al fine di garantire il loro massimo rendimento a fronte degli ingenti investimenti effettuati in termini finanziari e organizzativi.
Dato il carattere recessivo degli atti concordati e convenzionali, solo il mancato superamento del tetto di spesa dà il diritto alla struttura sanitaria accreditata di ottenere la remunerazione delle prestazioni erogate; nel senso che esso deve essere considerato un elemento costitutivo della pretesa creditoria, con la conseguenza che quando le prestazioni erogate dalle strutture sanitarie provvisoriamente accreditate superino i tetti di spesa non vi è alcun obbligo dell’ASL di acquistare e pagare le prestazioni suddette (Cons. Stato 27/02/2018, n. 12060).
E’ vero, insomma, che la struttura accreditata vantava un credito alla remunerazione delle prestazioni erogate, benché extra budget, ma solo in astratto; in concreto, infatti, la remunerazione risultava inesigibile, stante la ricorrenza di un obbligo ex lege avente carattere prevalente rispetto agli accordi negoziali, risolvendosi tale obbligo in un factum principis non imputabile, cui la ASL e la Regione non avrebbero potuto sottrarsi.
Tale posizione non sembra poi smentita dalla sentenza del ConsStato 8608/2019 cui ripetutamente la YYY SpA fa riferimento per sostenere la sua tesi difensiva, posto che, come correttamente segnalato, tale decisione riguarda l’inclusione delle prestazioni sanitarie di natura psichiatrica tra quelle interamente a carico del servizio sanitario, ma non la legittimazione allo sforamento del budget annuale stabilito dalla regione per le relative spese.
C. Quanto alla domanda residuale formulata dalla parte opposta sub precedente punto 3.
Ne va innanzitutto rilevata l’ammissibilità posto che la stessa si riferisce alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio (Cass. 12310/2015; 26168/2015; 22404/2018).
Inoltre, ai fini del riparto degli oneri probatori, va osservato come nel caso di azione di arricchimento senza causa svolta nei confronti della PA, l’attore debba provare – e il Giudice accertare – il fatto oggettivo dell’altrui locupletatio, la sua correlativa deminutio patrimonii e l’assenza di una giusta causa, oltre all’insussistenza di altre azioni, mentre la PA debba eccepire e dimostrare che l’arricchimento non fu voluto o che di esso non fu consapevole (Cass. 16793/2018).
Peraltro, la prova incombente sull’attore deve riguardare, nello specifico, la misura concreta dell’indennizzo che deve essere unicamente rapportata alla diminuzione patrimoniale patita e non anche al lucro cessante (Cass. 1889/2013): conseguentemente, deve rilevarsi come, sub specie, la YYY SpA non abbia assolto l’onere probatorio su di lei gravante, posto che l’importo fatturato è certamente ricomprensivo del lucro cessante e non può essere utilizzato per ritener integrata la prova richiesta essendo esso riferibile unicamente a quanto contrattualmente pattuito per il tipo di prestazione erogata.
Anche questa domanda della parte convenuta-opposta, attrice in senso sostanziale, va dunque respinta.
In conclusione, va accolta l’opposizione con revoca del decreto ingiuntivo e respinta ogni altra domanda formulata dalla YYY SpA.
Alla luce degli argomenti trattati e dei contrastanti orientamenti giurisprudenziale si ritiene equo compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Tivoli in persona del Giudice dott. Marco Piovano definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Asl XXX con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo ritualmente notificato nei confronti della YYY SpA, così provvede:
1) Revoca il decreto ingiuntivo n° 1349/2020 (R.G. n° 3454/200), emesso dal Tribunale di Tivoli;
2) Respinge ogni ulteriore domanda formulata dalla YYY SpA; 3) Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Tivoli, 4.8.2023
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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