REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO SEZIONE LAVORO
in persona della Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._1645_2024_- N._R.G._00001543_2022 DEL_02_08_2024 PUBBLICATA_IL_02_08_2024
ai sensi dell’art. 429 c.p.c. nella causa RGL n. 1543/2022 promossa da assistita dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME – PARTE RICORRENTE – C O N T R O in proprio, assistiti dall’avv. NOME COGNOME -PARTE CONVENUTA-
Oggetto: contratto a termine e di formazione e lavoro 1. La ricorrente ha dedotto in giudizio 4 successivi rapporti di lavoro subordinato agricolo a tempo pieno e determinato intercorsi con la convenuta distanza di pochi giorni l’uno dall’altro nell’ambito del periodo dal 19 settembre 2019 al 30 settembre 2021 nell’ambito dei quali è stata inquadrata nel livello operaio qualificato A del CCNL operai agricoli florivivaisti e, allegando di aver svolto in realtà mansioni di operatrice / assistente di asilo nido e scuola dell’infanzia non riconducibili alla sfera delle attività agrituristiche che giustificano la mancata applicazione del dlvo n. 81/2015, ha chiesto accertarsi la conversione dell’ultimo contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 21 comma 2 del dlvo 81/2015, con applicazione dell’art. 32, indicando al riguardo la retribuzione mensile di € 1.902,48 lordi. 2. Allegando di non essere stata sufficientemente retribuita rispetto all’orario di lavoro e di non aver mai goduto di ferie, né percepito la relativa indennità sostitutiva, né tredicesima e quattordicesima mensilità e TFR, ha altresì chiesto condanna di parte convenuta al pagamento dell’importo complessivo di € 53.443,38 lordi oltre accessori e spese.
3.
La convenuta ha chiesto il rigetto delle domande sostenendo, da un lato, l’applicabilità della disciplina del lavoro agricolo, in quanto la ricorrente ha svolto mansioni di mero supporto e aiuto nello svolgimento delle attività della Fattoria Didattica “RAGIONE_SOCIALE” e non mansioni di insegnante di scuola materna, e, dall’altro, che la ricorrente ha lavorato soltanto nelle ore e nei giorni che risultano dalle buste paga, con conseguente correttezza degli importi retributivi erogati.
Contratti a termine.
4. È pacifico e documentale che la ricorrente ha lavorato per la società convenuta in esecuzione di quattro successivi rapporti a termine e precisamente dal 19 settembre al 31 dicembre 2019, dal 8 gennaio al 30 giugno 2020, dall’1 luglio 2020 al 31 dicembre 2020 e dal 5 gennaio al 30 settembre 2021:
la seconda assunzione è dunque avvenuta l’ottavo giorno successivo alla scadenza del primo, la terza il primo giorno successivo alla scadenza del secondo e la quarta il quinto giorno successivo alla scadenza del terzo.
5.L’art. 21 comma 2 del dlvo n. 81/2015, nel testo in vigore nell’intero periodo in questione, stabilisce che “Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato”.
6. La società convenuta sostiene che tale previsione non si applica al caso di specie in forza di quanto previsto dall’’art. 29 del medesimo dlvo, secondo cui “Sono esclusi dal campo di applicazione del presente capo, in quanto già disciplinati da specifiche normative:… b) i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375” ovvero i lavoratori agricoli subordinati a tempo determinato, ad eccezione dei salariati fissi a contratto annuo, che sono equivalenti all’operaio a tempo indeterminato.
7. La società valorizza al riguardo, da un lato, il fatto pacifico di essere iscritta alla Camera di Commercio tra le imprese agricole e che la Fattoria RAGIONE_SOCIALE da essa gestita è inserita nell’elenco delle Fattorie Didattiche della Regione Piemonte e, dall’altro, che la ricorrente ha svolto la sua attività unicamente nell’ambito della Fattoria Didattica in questione la quale, per via del riconoscimento regionale, costituisce un’attività connessa a quella agricola che rende legittima la sua qualificazione come lavoratrice agricola subordinata.
8. La ricorrente contesta la riconducibilità alla sfera delle attività agrituristiche dell’attività lavorativa prestata per la convenuta nell’ambito della RAGIONE_SOCIALE, avendo svolto unicamente prestazioni di operatrice/assistente di asilo nido e scuola dell’infanzia nell’ambito di un’attività imprenditoriale non agricola di gestione di asilo nido/scuola dell’infanzia, e fa valere la pacifica integrazione dell’art. 21 comma 2 dlvo n. 81/2015 da parte della sequenza evidenziata al punto 4 chiedendo quindi l’accertamento che l’unico contratto decorrenza 5 gennaio 2021 – si è trasformato in contratto a tempo indeterminato.
9. La domanda è fondata e va pertanto accolta.
10. Il quadro normativo applicabile alle Fattorie Didattiche che operano in Piemonte è attualmente costituito dall’art. 3 del dlvo n. 228/2001, dall’art. 19 della legge regionale n. 1/2019 e dal regolamento regionale n. 5/2021 (intitolato “Disposizioni regionali relative all’esercizio e alla funzionalità delle attività di fattoria didattica in attuazione dell’articolo 19 della legge regionale 22 gennaio 2019, n.1 (Riordino delle norme in materia di agricoltura e sviluppo rurale”), ma quest’ultimo non è applicabile ratione temporis alla vicenda dedotta in giudizio, essendo entrato in vigore soltanto il 25 giugno 2021, cioè mesi dopo la conclusione dell’ultimo contratto.
11. L’art. 3 del dlvo n. 228/2001, che costituisce la cornice normativa statale di riferimento, stabilisce che “Rientrano fra le attività agrituristiche di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, ancorché svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio”, oltre che “la degustazione dei prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita del vino, ai sensi della legge 27 luglio 1999, n. 268”.
12. L’art. 19 della legge regionale n. 1/2019 stabilisce che “La Regione riconosce come fattorie didattiche le imprese agricole, singole o associate, che svolgono, oltre alle attività agricole, anche attività educative rivolte ai diversi cicli di istruzione scolastica, alle famiglie e a tutti coloro che intendono approfondire la propria conoscenza del mondo rurale, finalizzate:
a) alla conoscenza del territorio rurale, dell’agricoltura e dei suoi prodotti ed in generale del legame esistente fra l’agricoltura, il cibo e il patrimonio storico-culturale, paesaggistico e ambientale;
b) all’educazione al consumo consapevole attraverso la comprensione delle relazioni esistenti fra la produzione, i consumi alimentari e l’ambiente, nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile e socialmente responsabile;
c) alla conoscenza dei cicli biologici animali e vegetali e dei processi di produzione, trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli locali in relazione alle attività agricole praticate in azienda”.
13. Il teste – funzionario della Regione Piemonte responsabile dell’ufficio che attualmente gestisce le sentito all’udienza del 16 maggio 2024 e la cui audizione è stata integralmente documentata tramite fonoregistrazione ai sensi dell’art. 422 c.p.c. – ha riferito che, prima della emanazione della legge regionale n. 1/2019, la materia era gestita dalla Regione Piemonte con alcune delibere amministrative che non avevano lo scopo di regolamentare normativamente le fattorie didattiche, come poi è avvenuto con la legge regionale n. 1/2019 ed il relativo regolamento n. 5/2021, ma solo uno scopo promozionale.
14. Il teste ha chiarito che, in pratica, la Regione offriva agli imprenditori agricoli che volessero svolgere attività ricreative, culturali e didattiche la possibilità di iscriverle in un apposito elenco, la cui pubblicità aveva un effetto appunto promozionale, purché assumessero degli impegni volontari sotto vari 29 ottobre 2007 n. 63-7291 (intitolata “RAGIONE_SOCIALE.
Approvazione della Carta degli impegni e della Qualità e approvazione delle modalità di iscrizione per un elenco regionale delle fattorie didattiche della Regione Piemonte”), riservandosi la possibilità di effettuare dei controlli a campione sul rispetto degli impegni assunti;
che la situazione è decisamente cambiata con la legge regionale n. 1/2019 che, come integrata dal regolamento del 2021, ha introdotto obblighi e sanzioni per le Fattorie Didattiche, prevedendo una SCIA per chi intenda avviarne una e per ogni variazione di quelle precedenti ed affidando i controlli ai Comuni;
che nel periodo anteriore all’entrata in vigore del regolamento, pur essendo ormai regolata dalla legge regionale n. 1/2019, la situazione delle Fattorie Didattiche ha continuato ad essere quella precedente e, dunque, quelle già inserite nell’elenco vi sono rimaste senza che fossero richiesti adempimenti, a meno che non apportassero delle modifiche.
15. Il teste ha anche chiarito che, parallelamente al percorso regionale di riconoscimento della Fattoria Didattica descritto dal medesimo, era in atto un altro progetto denominato “agritata”, relativo alla creazione dei cosiddetti “agrinido” cioè asili nido in contesto agricolo, che aveva un percorso del tutto autonomo rispetto a quello delle Fattorie Didattiche e di cui si occupava l’Assessorato regionale al welfare;
che il progetto è stato abbandonato nel 2017, quando è entrato in vigore il dlvo n. 63/2017 istitutivo del “sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107”;
che la legge regionale n. 1/2019, all’articolo 17 comma 4, ha chiarito che gli “agrinido” non hanno nulla a che vedere con l’ambito di applicazione delle norme in materia agricola da essa dettate, essendo regolati soltanto dalla normativa statale appena citata.
16. L’articolo 17 comma 4 della legge regionale, in effetti, ha specificato che “Qualora l’imprenditore agricolo intenda attivare un servizio educativo per la prima infanzia, si applicano le disposizioni vigenti del settore, in particolare l’ articolo 6, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 (Istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino ai sei anni, a norma dell’articolo 1, commi 180, 181, lettera e), della legge 13 luglio 2015, n. 107 ) e l’ articolo 18 della legge regionale 22 novembre 2017, n. 18 (Assestamento del bilancio di previsione finanziario 2017-2019 e disposizioni finanziarie”.
17. Alla luce di quanto esposto, essendo documentato in atti che la Fattoria Didattica della convenuta ”RAGIONE_SOCIALE” era iscritta nell’Elenco delle Fattorie Didattiche già nel giugno 2018, le previsioni rilevanti per valutare la sua riconducibilità o meno alle attività agrituristiche di cui al dlvo n. 228/2001 che giustificano l’applicazione del regime giuridico proprio del lavoro agricolo sono quelle che forniscono gli strumenti per comprendere quale attività educativa/didattica possa venire attratta nell’ambito dell’attività agricola attraverso la figura della Fattoria didattica e cioè le delibere regionali in attuazione delle quali la Fattoria Didattica è stata inserita nell’elenco e l’art. 19 della legge regionale n. 1/2019, già richiamato al punto 12.
18. La DGR 29 ottobre 2007 n. 63-7291 riconosce quali Fattorie Didattiche “le sicurezza e norme igienico-sanitarie, logistica, comunicazione e informazione, iscrizione e formazione, controllo esplicitati dalla Carta degli impegni e della Qualità” ad essa allegata.
19. Al punto 1 (Definizione di “Fattoria Didattica della Regione Piemonte”) quest’ultima prevede che “Le fattorie didattiche sono aziende agricole opportunamente attrezzate e preparate per accogliere scolaresche, gruppi, famiglie e tutti coloro che intendono approfondire la propria conoscenza del mondo rurale” ed “offrono l’opportunità di conoscere l’attività agricola ed il ciclo degli alimenti, la vita animale e vegetale, i mestieri ed il ruolo sociale degli agricoltori, per educare al consumo consapevole e dal rispetto dell’ambiente”.
20. Tra i requisiti e gli impegni previsti dal punto 2 ci sono l’“obbligo di accertare, per il tramite degli insegnanti, la presenza di bambini con eventuali allergie EO intolleranze alimentari, portatori di handicap, manifestanti fobie o con particolari esigenze etico culturali al fine di poterne tenere conto nello svolgimento del percorso didattico nella preparazione dei pasti”, la progettazione e realizzazione di “idonei percorsi didattici”, la dotazione di “un’adeguata segnalazione” che renda l’azienda facilmente raggiungibile e l’eventuale disponibilità “di un’area per il parcheggio di pullman o di altri mezzi di trasporto delle scolaresche”, l’” accoglienza di un numero dei partecipanti adeguato rispetto alla disponibilità degli operatori/animatori presenti in azienda” e la garanzia della “presenza in ogni fase della visita, di un operatore per ciascun gruppo di visitatori”, la “definizione con gli insegnanti degli obiettivi educativi del percorso didattico, in funzione sia dell’età dei ragazzi sia dei programmi dei cicli scolastici”.
21. La realtà concreta della RAGIONE_SOCIALE gestita da parte convenuta è emersa chiaramente dall’interrogatorio delle parti del 15 marzo 2023 e dall’audizione dei testi avvenuta alla medesima udienza ed il 15 gennaio 2024, anch’essi documentati in modo integrale con il sistema di fonoregistrazione COGNOME.
22. La Fattoria Didattica “RAGIONE_SOCIALE” era inserita nell’ambito di un’impresa agricola con agriturismo che offre solo ristorazione e non anche pernottamento;
l’attività agricola in senso stretto è quella di allevamento di animali, i cui prodotti vengono utilizzati nell’agriturismo e vengono anche venduti in un negozietto;
oltre alle “maestre” come la ricorrente (così definite dalla legale rappresentante), i dipendenti erano braccianti e camerieri.
23. Nell’ambito della RAGIONE_SOCIALE la convenuta offriva un servizio analogo a quello di un asilo nido o scuola materna, ospitando con regolarità e continuità da settembre e giugno uno stesso gruppo di bambini di età compresa tra un anno e mezzo e cinque anni – il cui numero è salito da 3/4, il primo anno di assunzione della ricorrente, ad una ventina, negli anni successivi;
i bambini potevano essere portati al mattino, a partire dalle 8 circa, e ripresi il pomeriggio fino alle 17,30;
come allegato in ricorso al punto 8, durante la permanenza dei bambini le addette alla RAGIONE_SOCIALE si prendevano cura della loro persona e della loro igiene (il che comprende, ad esempio, il cambio del pannolino per i più piccoli), li facevano giocare all’interno e all’esterno, mangiare e dormire;
accompagnavano i bambini all’interno del parco animali presente nell’azienda agricola insegnando loro il nome dei vari animali, li aiutavano nella realizzazione e cura dell’orto nel riconoscere i vari ortaggi e frutta, li accompagnavano all’interno del laboratorio per riconoscere i vari ingredienti dei prodotti che l’azienda agricola produce – marmellate, salumi, formaggi, biscotti, pane -, collaboravano con altro personale nel disegnare all’interno del laboratorio gli animali e riconoscerne i nomi.
La teste , madre di un bambino che ha frequentato per due anni estate ragazzi, ha ricordato che gli facevano fare cose tipo mungere o vedere dove nascono le patate o piantare, ma anche giocare a pallone o cominciare a maneggiare le letterine.
24. Orbene, il raffronto tra la concreta realtà in cui ha lavorato la ricorrente come appena ricostruita ed il quadro normativo di riferimento di quegli anni di cui ai punti 18 e ss rende evidente che essa non è affatto riconducibile alla Fattoria Didattica a cui la normativa regionale riconosce il diritto all’inserimento nel relativo elenco.
25. La Carta degli impegni e della Qualità approvata con la DGR 29 ottobre 2007 n. 63-7291 e l’art. 19 della legge regionale n. 1/2019, infatti, contengono numerosi passaggi che caratterizzano la Fattoria Didattica come un contesto agricolo destinato ad accogliere bambini e ragazzi – ma anche le loro famiglie ed altri soggetti – che hanno altrove il loro contesto scolastico o prescolastico ordinario e vi si recano allo specifico e limitato fine di entrare in contatto con il mondo rurale e conoscerne i vari aspetti normalmente sconosciuti o poco conosciuti a chi cresce in contesti urbani: sono tali, in particolare, i riferimenti già richiamati ai punti 19 e 20 ai gruppi di visitatori e alle scolaresche, ai diversi cicli scolastici, alle visite, ai percorsi didattici, agli insegnanti come riferimento per definire obiettivi educativi differenziati in base ad età a ciclo scolastico e conoscere le peculiari situazioni personali dei bambini, alla necessità che il luogo sia adeguatamente segnalato per essere facilmente raggiungibile e vi sia un parcheggio per i pullman.
26. Si tratta di aspetti che evocano tutti la destinazione dell’attività svolta presso la RAGIONE_SOCIALE a soggetti continuamente diversi che non frequentano il luogo abitualmente, ma vi giungono in singole occasioni accompagnati dai loro insegnanti, e non avrebbero alcuna ragione di essere esplicitati, invece, rispetto ad una situazione come quella accertata presso la convenuta, in cui i fruitori quotidiani del servizio sono sempre gli stessi bimbi, affidati dai genitori agli addetti alla Fattoria Didattica esattamente come li si affida al contesto scolastico tradizionale, perché vi trascorrano la giornata.
27. Ogni dubbio sulla possibilità di ricondurre una realtà di fatto come quella di cui si discute al concetto di Fattoria Didattica, e dunque il lavoro prestatovi dalla ricorrente al lavoro agricolo, viene in ogni caso fugato dall’art. 17 comma 4 della legge regionale n. 1/2019 che, come si è visto, esclude inequivocabilmente i servizi educativi per la prima infanzia attivati da imprenditori agricoli dall’ambito a cui si applicano le norme in materia di agricoltura, rinviando alla normativa sul “sistema integrato di educazione e di anni in cui vi ha lavorato la ricorrente, infatti, è senza dubbio un servizio educativo per la prima infanzia, con l’unica variante di essere gestito in un contesto agricolo.
28. Esclusa la possibilità di ricondurre il contesto lavorativo della ricorrente ad una Fattoria Didattica ai sensi della normativa della Regione Piemonte, non vi è alcuna ragione per qualificare il lavoro ivi svolto come lavoro agricolo ai fini dell’applicazione della specifica normativa ad esso riservata:
non è certo tale il fatto che la ricorrente non abbia fatto questioni sulle previsioni collettive applicate ed abbia calcolato le differenze retributive rivendicate sul CCNL lavoratori agricoli, trattandosi di una scelta chiaramente dettata da chiare ragioni di economia processuale e del tutto inidonea ad influire sulla scelta delle norme di legge da applicare al rapporto di lavoro.
29. Il regime giuridico della successione dei contratti a termine stipulati tra le parti, dunque, non può che essere rinvenuto nell’art. 21 citato al punto 5, alla luce del quale, essendo il quarto contratto intervenuto solo cinque giorni dopo la scadenza del precedente, il rapporto che vi ha dato esecuzione si è trasformato a tempo indeterminato.
30. Ai sensi dell’art. 28 comma 2 dlvo n. 81/2015 “Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.
31. Secondo la giurisprudenza consolidata, l’indennizzo in questione integra la tutela della conversione del rapporto apprestata via principale dall’ordinamento esaurendo la tutela stessa con riferimento al periodo pregresso, fermo l’obbligo del datore di lavoro di riammettere in servizio il lavoratore e a corrispondergli, in ogni caso, le retribuzioni dovute, anche in ipotesi di mancata riammissione effettiva.
32. In applicazione al caso di specie dei criteri di cui all’art. 8 citato – tenuto conto, in particolare, della complessiva durata del rapporto intercorso tra le parti sulla scorta del contratto in questione, del tempo intercorso tra la sua cessazione, la reazione della ricorrente e la presente decisione, del fatto che la ricorrente non risulta aver prestato attività lavorativa nelle more e delle dimensioni dell’azienda – appare corretto determinare detta indennità nella misura massima di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto – indicata in ricorso, senza incontrare alcuna contestazione, in € 1.902,48 – e dunque in complessivi € 22.829,76.
33. A tale somma dovranno aggiungersi gli accessori di cui all’art. 429 c.p.c. e precisamente la rivalutazione monetaria sul capitale sopra indicato e gli interessi al tasso legale sul capitale annualmente rivalutato a partire dalla presente sentenza che detta indennità liquida.
Differenze retributive
34. Come si è visto, la rivendicazione retributiva della ricorrente ha ad oggetto differenze derivanti, da un lato, dall’asserito svolgimento di una quantità di lavoro superiore a quella indicata e compensata in busta paga e, dall’altro, dall’asserito mancato pagamento di tredicesima, quattordicesima e TFR e dell’indennità sostitutiva delle ferie non fruite.
Maggior orario di lavoro
35. La domanda è fondata.
36. La ricorrente allega di aver sempre lavorato dalle 7:30 alle 17:30 dal lunedì al venerdì e dalle 7:30 alle 15:00 il sabato, senza mai fruire di alcuna pausa lavorativa se non di qualche minuto per consumare sul posto di lavoro un frugale pasto (di solito un panino), dunque un orario di lavoro di 57,5 ore settimanali, di cui 39 ore di lavoro ordinario ex artt. 3 del D.lgvo n. 66/2003 e 34 del CCNL di settore applicato in azienda, e 18,5 ore di lavoro straordinario.
37. La convenuta si è limitata a sostenere al riguardo che “la ricorrente ha prestato la propria attività lavorativa all’interno dell’azienda agricola con le mansioni indicate nel contratto ricevendo la retribuzione per le ore e giorni di lavoro effettivamente effettuati come risulta dalle buste paga” (che ha prodotto) e ad articolare prova orale sul fatto che la ricorrente “ha prestato la propria attività lavorativa all’interno dell’azienda agricola in giorni ed orari che di volta in volta venivano indicati dal sig. o dalla sig.ra tenendo conto delle necessità ed esigenze dell’azienda come avveniva anche per gli altri dipendenti dell’azienda” e che “nel periodo sopra indicato ha ricevuto per le prestazioni svolte la retribuzione corrispondente alle ore di lavoro effettivamente svolte ed indicate nelle buste paga”.
38. Ove si consideri che nelle buste paga è indicato soltanto il numero complessivo di ore lavorate nel mese e che in tutti i contratti di assunzione, alla voce “orario di lavoro”, è scritto soltanto “fermo restando l’imputazione delle giornate effettivamente svolte, l’orario ordinario di lavoro è stabilito in 39 ore settimanali”, ciò impone di prendere atto che la convenuta non ha contrapposto alla puntuale e specifica articolazione giornaliera dell’orario compiuta dalla ricorrente (riportata al punto 36) nessuna diversa allegazione altrettanto puntuale e circostanziata, che cioè che introduca elementi di merito in contrasto con quanto asserito dalla ricorrente.
39. L’art. 115 c.p.c. stabilisce che il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti allegati da parte attrice “non specificamente contestati dalla parte costituita” e tale generale regola processuale, fondata sull’assegnazione ad ogni parte dell’onere di contestare specificamente le allegazioni specifiche della controparte, è rafforzata nel rito del lavoro dalla previsione dell’art. 416 c.p.c. secondo cui, nel costituirsi in giudizio, “il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione (3), circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda”. . La genericità della contestazione ravvisabile nelle difese di parte convenuta consente dunque – anzi, impone – di fare applicazione dell’art. 115 c.p.c. e di ritenere provato l’orario di lavoro allegato dalla ricorrente.
41. Quanto emerso nell’istruttoria orale esperita, in ogni caso, non offre alcun elemento ostativo all’applicazione del principio di non contestazione, confermando lo svolgimento da parte della ricorrente di una quantità di lavoro decisamente superiore a quella indicata nelle buste paga e sostanzialmente coerente con quella allegata e posta a fondamento della domanda.
42. Il teste all’epoca fidanzato non convivente della ricorrente ma che abitava molto vicino alla stessa, ha infatti riferito che la ricorrente non aveva la patente e dunque egli la accompagnava e la andava a prendere molto spesso al lavoro, precisando l’orario al mattino verso le 7,30 e quello del pomeriggio più o meno verso le 17,30.
43. La teste , il cui figlio ha frequentato estate ragazzi presso la società convenuta nel 2020 (oltre che nel 2019 in cui la ricorrente non c’era) ed anche d’inverno nella giornata di sabato per seguire corsi di violino o disegnare, ha riferito che lo portava verso le 8,30-9 e andava a riprenderlo per le 17,30 e che solitamente la ricorrente c’era, sia in un caso sia nell’altro, e di averla anche vista di sabato.
44. La presenza della ricorrente di sabato è stata peraltro riconosciuta anche dalla legale rappresentante nel corso dell’interrogatorio.
Tredicesima e quattordicesima mensilità, ferie, TFR.
45. L’esame del conteggio contenuto nel ricorso chiarisce che la domanda di tredicesima e quattordicesima mensilità è svolta dalla ricorrente per tutti e quattro i periodi di lavoro, mentre quella di indennità sostitutiva delle ferie e TFR non godute soltanto per i primi tre rapporti a termine.
46. La convenuta non contesta la spettanza degli istituti retributivi in questione, ma sostiene di averli già erogati alla ricorrente:
in particolare, sostiene di aver già erogato tredicesima, quattordicesima mensilità e indennità sostitutiva delle ferie tramite il III elemento, previsto per i lavoratori a termine dal CCNL operai agricoli.
47. Effettivamente, il CCNL in questione inserisce nella retribuzione dei lavoratori agricoli a termine una componente denominata “terzo elemento” rispetto alla quale l’art. 49 precisa che esso “compete agli operai a tempo determinato quale corrispettivo dei seguenti istituti riconosciuti agli operai a tempo indeterminato e calcolati su 312 giorni lavorativi:
– festività nazionali e infrasettimanali:
5,45% – ferie:
8,33% – tredicesima mensilità:
8,33% – quattordicesima mensilità:
8,33% – totale:
30,44%.
La misura del terzo elemento, in percentuale, è calcolata sul salario contrattuale così come definito dal contratto provinciale”.
48. A fronte di ciò la decisione va diversificata tra i primi tre periodi di lavoro e l’ultimo.
49. Ai rapporti di lavoro svoltisi nei primi periodi, infatti, non essendovi domanda di conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, si applicano le regole proprie dei contratti a termine nel settore agricolo già.
L’esame delle buste paga consente di accertare che la ricorrente ha regolarmente percepito il III elemento per ogni ora di lavoro ivi retribuita e dunque tredicesima e quattordicesima le sono già state pagate in proporzione al lavoro già compensato nelle buste paga ed altresì l’indennità sostitutiva delle ferie non godute.
51. La rivendicazione della ricorrente avente ad oggetto tredicesima, quattordicesima e indennità sostitutiva delle ferie non godute, dunque, può essere accolta solo in relazione alla quantità di lavoro ulteriore che non risulta in busta paga tramite l’inserimento della quota retributiva corrispondente al III elemento nel calcolo delle relative differenze retributive.
52. Per il quarto periodo, trattandosi di rapporto di lavoro divenuto a tempo indeterminato, si applicano invece le regole ad esso relative e, dunque, tredicesima e quattordicesima vanno calcolate separatamente come mensilità aggiuntive.
53. Quanto al TFR – qui rivendicato solo per i primi tre rapporti – l’esame delle buste paga di dicembre 2019, giugno 2020 e dicembre 2020 dimostra l’inserimento di piccole somme a detto titolo e dunque la rivendicazione della ricorrente risulta fondata e va accolta limitatamente alla maggior somma dovuta al riguardo.
54. Quantificazione delle differenze.
55. Il conteggio delle somme spettanti alla ricorrente per le varie rivendicazioni svolte nel presente giudizio depositato in data 12 aprile 2024 costituisce adeguamento di quello originario contenuto nel ricorso e si basa sui dati di fatto come sopra accertati e sui dati retributivi già utilizzati da parte convenuta nelle buste paga.
56. All’udienza del 18 giugno 2024, a richiesta della giudice, parte convenuta lo ha espressamente giudicato “contabilmente esatto rispetto alle contestate premesse in fatto di parte ricorrente”, il che ha esonerato questa giudice da ogni ulteriore attività al riguardo e, in particolare, dalla necessità di disporre CTU contabile.
57. Depurato delle voci contestate ed effettivamente non dovute, in quanto già erogate tramite III elemento (tredicesima e quattordicesima mensilità e indennità sostitutiva di ferie non godute per i tre rapporti a termine), detto conteggio può dunque essere posto a fondamento della presente decisione laddove individua in € 6.677,77 lordi l’importo ancora dovuto alla ricorrente a titolo di retribuzione ordinaria, straordinaria e TFR in relazione al primo rapporto, in € 4.253,48 lordi l’importo ancora dovuto alla ricorrente in relazione al secondo rapporto ed in € 12.063,92 lordi l’importo ancora dovuto alla ricorrente in relazione al terzo rapporto. 58.
Depurato della presenza del III elemento, proprio dei soli rapporti a termine, il medesimo conteggio può essere utilizzato anche per calcolare le somme ancora dovute per retribuzione ordinaria e straordinaria, tredicesima e quattordicesima maturati sino al 30 settembre 2021 in relazione il rapporto a tempo indeterminato con decorrenza dal 5 gennaio 2021 che la presente decisione accerta essere tuttora in corso, le quali ammontano a complessivi € 59.
All’importo complessivo, pari ad € 29.169,64, debbono ovviamente aggiungersi gli accessori di cui all’art. 429 c.p.c. dal giorno di maturazione delle singole mensilità al saldo e precisamente la rivalutazione monetaria sul capitale sopra indicato e gli interessi al tasso legale calcolati sul capitale annualmente rivalutato.
60. Al relativo pagamento va condannato in solido anche proprio, quale socio della convenuta che ha agito per conto della stessa, come tale responsabile illimitatamente e solidalmente delle obbligazioni sociali ai sensi dell’art. 2267 c.c. 61.
La decisione sulle spese di lite segue la soccombenza di parte convenuta.
Visto l’art. 429 c.p.c., definitivamente pronunciando, ➢ accerta e dichiara la trasformazione a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 21 comma 2 d.lvo n. 81/2015 del rapporto di lavoro instaurato tra e la con decorrenza dal 5 gennaio 2021 e che il relativo rapporto di lavoro è tuttora in corso e, per l’effetto, ordina la ricostituzione del rapporto di lavoro;
➢ condanna la in persona del suo legale rappresentante, e, in solido con la stessa, personalmente a pagare a l’indennità onnicomprensiva lorda di € 22.829,76 a titolo di risarcimento del danno maturato fino alla presente sentenza ai sensi dell’art. 28 comma 2 d.lvo n. 81/2015, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sull’ammontare annualmente rivalutato dalla presente sentenza al saldo;
➢ condanna parte convenuta la persona del suo legale rappresentante, e, in solido con la stessa, personalmente a pagare a la somma lorda di € 29.169,64, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sui singoli importi annualmente rivalutati dalla loro maturazione al saldo;
➢ condanna parte convenuta a rimborsare a parte ricorrente le spese di causa liquidate in € 10.000, oltre rimborso forfettario 15%, Iva, Cpa e € 259 per contributo unificato.
➢ fissa il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.
Torino, 18 giugno 2024 LA GIUDICE dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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