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Uccisione di una persona, danno patrimoniale

L’uccisione d’una persona può causare ai suoi familiari un danno patrimoniale da lucro cessante, consistente nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro.

Pubblicato il 13 April 2020 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI BOLZANO
SEZIONE SECONDA CIVILE

nella persona del giudice unico, dott., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 355/2020 pubblicata il 06/04/2020

nel procedimento civile sub n. /2017 R.G. vertente tra

XXX, YYY, anche quale genitore esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia ZZZ, in proprio e quali eredi di KKK, tutte rappresentate e difese, giusta procura a margine dell’atto di citazione dall’avv. del Foro di e dell’avv. del Foro di, presso il cui studio in; attrici;
e

JJJ Assicurazioni, in sigla JJJ, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi, come da procure allegate alla comparsa di costituzione e risposta dall’avv. e dell’avv. del Foro di, presso il cui studio in hanno eletto domicilio;

convenuti; In punto: risarcimento del danno da sinistro stradale ex art. 2054 c.c. e danno da perdita del rapporto parentale.

Causa trattenuta in decisione sulle seguenti

CONCLUSIONI

del Procuratore delle attrici:

“In via principale e nel merito: dato atto dell’accordo intervenuto tra le parti in data 27 febbraio 2019 (allegato) in ordine alla suddivisione della responsabilità rispetto alla determinazione dell’incidente avvenuto in data 1 giugno 2012 in, lungo la all’altezza del Km, in forza del quale è stata individuata una quota di responsabilità pari all’80% in capo al signor ***, conducente del trattore *** modello targato ed una quota di responsabilità pari al 20% in capo al signor KKK conducente del motociclo targato, condannare il signor ***, conducente del trattore agricolo *** targato in solido con ***, quale proprietario del trattore agricolo ***, in solido con JJJ Assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore quale compagnia assicuratrice per la r.c. del predetto veicolo in forza di polizza n. al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, a qualsiasi titolo subiti e subendi dalle attrici in conseguenza sinistro per cui è causa, in seguito al quale il signor KKK perdeva la vita, tenuto conto dell’acconto percepito dalle attrici, oltre alla rivalutazione monetaria ed al risarcimento del danno per il mancato tempestivo godimento delle somme da quantificarsi con il criterio degli interessi compensativi al tasso annuo non inferiore al 5% o ad altro determinato di giustizia.

Con vittoria di spese e compensi del giudizio da distrarsi a favore dell’avv., ai sensi dell’art. 93 c.p.c. in via istruttoria:

omissis” del procuratore dei convenuti:

“Il procuratore di parte convenuta, dà atto dell’intervenuta transazione in punto an, come risulta da atto depositato telematicamente in data 25.11.2019 e conclude come in comparsa di costituzione e risposta, insistendo in tutte le istanze istruttorie non ammesse, come formulate nelle memorie nn. 2 e 3 dell’art. 183, comma 6 c.p.c.

Voglia il Tribunale adito, contrariis reiectis:

In via principale:

respingere ogni e qualsiasi domanda rivolta da controparte nei confronti di JJJ Assicurazioni, In Sigla JJJ, *** E ***, in quanto infondata in fatto ed in diritto e comunque a fronte del già avvenuto versamento da parte di JJJ alle attrici di quanto dovuto in conseguenza del sinistro per cui è causa pari ad € 300.000,00; con il rigetto di ogni e qualsiasi altra domanda ex adverso formulata o formulanda e con esclusione di tutte le voci di danno non provate da controparte in corso di causa;

In via subordinata: ricostruita l’esatta dinamica del sinistro, accertare e dichiarare che l’evento dannoso per cui è causa si è verificato per fatto e colpa quanto meno concorrente di KKK e, per l’effetto, limitare, nella misura che sarà ritenuta di giustizia e ai sensi degli artt. 2056 e 1227 c.c., il risarcimento eventualmente riconosciuto alle attrici, contenendolo alla sola parte dei danni attorei che dovessero risultare conseguenza diretta della condotta ascrivibile al signor *** ed all’effettivo grado di colpa dello stesso, con esclusione delle voci di danno non connesse causalmente al sinistro per cui è giudizio, detraendo dall’importo eventualmente dovuto la somma pari ad € 300.000,00 già versata da JJJ alle attrici, detraendo altresì somme già corrisposte o da corrispondersi da parte di INPS – INAIL o altri enti e/o assicurazioni sociali o private a seguito del sinistro per cui è causa, il tutto entro il massimale e con le franchigie previsti dalla polizza nr..

In ogni caso:

– con vittoria di spese, oltre al 15% di spese generali, CNA ed IVA; In via istruttoria:

omissis”

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione di data 13.09.2017 la sig.ra YYY, in proprio, nonché quale madre esercente la responsabilità genitoriale sulla figlia ZZZ – minorenne all’epoca dell’instaurazione del giudizio – e la signora XXX, citavano in giudizio gli odierni convenuti per ottenere il risarcimento del danno subito iure proprio e iure hereditatis in conseguenza del decesso del sig. KKK, rispettivamente coniuge e padre delle attrici, avvenuto in data 01.06.2012, mentre percorreva la SS in direzione di marcia da a a bordo del proprio motoveicolo targato.

Le attrici imputavano la responsabilità del sinistro al convenuto ***, quale conducente del trattore agricolo dotato di benna posteriore di marca “***”, modello e targato di proprietà del convenuto ***, assicurato presso JJJ Assicurazioni.

Secondo le attrici il conducente del trattore, proveniente dal senso di marcia opposto a quello del sig. KKK, nell’intenzione di immettersi in un terreno agricolo posto alla propria destra, effettuava una manovra di svolta allargando la traiettoria ed occupando la corsia di marcia del de cuius; nonostante il motociclista avesse rallentato e spostato il proprio motociclo sull’estremo margine destro della carreggiata, lo stesso sarebbe andato ad impattare sulla benna posteriore del trattore. L’impatto avrebbe determinato l’amputazione completa del braccio all’altezza della spalla, la successiva caduta in strada e poi nel fiume che costeggiava la strada medesima, con conseguente perdita della vita il motociclista.

Le attrici, evidenziando che il procedimento penale a carico del conducente del trattore si era concluso con una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., nonché ritenendo la dinamica del sinistro ricostruibile alla luce della relazione dei Carabinieri intervenuti sul luogo dell’incidente e della perizia cinematica elaborata dal proprio consulente di parte, davano atto dell’intervenuto pagamento di complessivi € 300.000,00 da parte della compagnia assicurativa convenuta e chiedevano la condanna dei convenuti in solido al pagamento dell’ulteriore danno non patrimoniale e patrimoniale subito, sia iure proprio che iure hereditatis, in conseguenza del decesso del proprio congiunto.

Si costituivano in giudizio i convenuti a mezzo di comparsa di data 18 dicembre 2017 con la quale allegavano la sussistenza della responsabilità, quantomeno concorsuale, del motociclista, rilevavano l’irrilevanza dell’efficacia del giudicato penale formatosi in relazione alla posizione del solo conducente del trattore a seguito della sentenza di patteggiamento, contestavano la quantificazione dei danni effettuata dalle attrici e, considerato l’importo di € 300.000,00 già versato, chiedevano il rigetto delle domande attoree.

La causa veniva istruita mediante l’assunzione delle testimonianze aventi ad oggetto, in particolare, le conseguenze della perdita del congiunto sugli aspetti dinamico relazionali della vita delle attrici; veniva inoltre espletata una CTU medico legale volta ad accertare la sussistenza di un danno di natura psichica in capo all’attrice YYY.

Infine, veniva disposta una CTU dinamico ricostruttiva nel corso della quale le parti raggiungevano un accordo circa l’attribuzione della responsabilità del sinistro in misura pari all’80% in capo al conducente del trattore e del restante 20% in capo al sig. KKK.

Le parti precisavano le proprie conclusioni in all’udienza del 28.11.2019 e la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.

2. Sulla base della documentazione versata in atti le seguenti circostanze possono ritenersi provate. Il giorno 1 giugno 2012, alle ore 15.45 circa, il signor KKK stava percorrendo la SS in direzione verso a bordo del proprio motociclo targato. Giunto all’altezza della progressiva kilometrica veniva ad impattare con la benna posteriore del trattore *** modello targato condotto dal signor *** e di proprietà del signor ***, proveniente dal senso di marcia opposto ed intento ad eseguire una manovra di immissione in una terreno agricolo posto alla propria destra.

Nell’eseguire la manovra di svolta il conducente del trattore invadeva parzialmente la corsia opposta; la motocicletta che procedeva nella propria corsia di pertinenza, veniva urtata all’altezza del serbatoio di benzina dallo spigolo della benna che colpiva anche il braccio del signor KKK, amputandolo all’altezza di poco inferiore alla spalla.

In seguito all’urto ed all’amputazione del braccio, il motociclista perdeva il controllo del proprio mezzo che collideva con il guardrail posto alla destra della carreggiata di percorrenza. Il conducente del motoveicolo veniva sbalzato in aria e cadeva nel sottostante fiume Aurino che scorre accanto alla strada perdendo la vita.

Il suo corpo veniva trascinato per alcuni metri dalla corrente e si bloccava contro un masso posto nel letto del fiume, per essere recuperato in seguito dai pompieri.

In seguito al decesso del motociclista veniva avviato procedimento penale nei confronti del signor *** presso la Procura della Repubblica di Bolzano; All’esito delle indagini veniva rinviato a giudizio.

Il processo penale si concludeva con sentenza di applicazione pena su richiesta dell’imputato ex art. 444 c.p.p.

Le attrici, moglie e figlie conviventi della vittima, al fine di conseguire il risarcimento dei danni patiti conferivano mandato di assistenza stragiudiziale alla società *** S.r.l., agenzia bellunese che si occupa d’infortunistica la quale per conto delle mandanti provvedeva alla gestione stragiudiziale del sinistro (docc. da n. 18 a n. 33 di parte attrice). L’agenzia trasmetteva alla convenuta JJJ Assicurazioni tutta la documentazione necessaria per la completa istruzione della posizione, al fine di giungere alla composizione stragiudiziale della vertenza.

All’esito della trattativa, la convenuta compagnia corrispondeva alle attrici la somma di € 100.000,00 ciascuna a titolo di risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali (doc. n. 29 di parte attrice). Le somme venivano trattenute dalle esponenti a titolo di acconto sul maggior danno (docc. nn. 30, 31 di parte attrice).

3. Per quanto attiene alla responsabilità nella causazione del sinistro per cui è causa, ci si limita a prendere atto della ripartizione delle quote di corresponsabilità da attribuirsi ai conducenti dei due veicoli oggetto dell’accordo raggiunto dalle parti nel presente giudizio.

Nel corso delle operazioni peritali disposte al fine di individuare la responsabilità nella determinazione dell’incidente per cui è causa, svolte dal CTU dott. con la partecipazione dei CTP, ing. (per le attrici) e dott. (per i convenuti), le parti hanno infatti stabilito di comune accordo di ripartire la responsabilità nella determinazione dell’incidente per cui è lite individuando le seguenti quote di responsabilità:

– 80% in capo al signor ***, conducente del trattore *** modello targato;

– 20% in capo alla vittima, conducente del motociclo targato.

È stato pertanto sottoscritto in tal senso un accordo, successivamente depositato nel fascicolo del giudizio, rispetto al contenuto del quale le parti hanno espresso ulteriore formale adesione in sede di precisazione delle conclusioni.

Ai fini che qui interessano dunque, entrambi i conducenti vanno ritenuti corresponsabili in misura rispettivamente dell’80% in capo al sig. *** e del restante 20% in capo al sig. KKK. Il convenuto ***, proprietario del veicolo agricolo e la compagnia assicurativa convenuta sono responsabili in solido ex art. 2055 c.c. con il conducente e rispondono dei danni patiti dai congiunti dalla vittima, il primo ai sensi dell’art. 2054, co. 3 c.c. e la seconda ai sensi del combinato disposto degli artt. 2054 c.c. e 122 D.lgs. 209/2005.

Nei rapporti interni fra JJJ Assicurazioni e ***, la società assicurativa risponderà nei limiti delle condizioni di polizza n. e previa applicazione della franchigia prevista dalle medesime condizioni.

4. Per quanto attiene al risarcimento del danno non patrimoniale subito dalle attrici per la morte del sig. KKK ed il problema della spettanza in punto an, oltre che del quantum, di tale risarcimento occorre partire dalla principio fissato dalla Suprema Corte ai sensi del quale nei casi di fatto illecito plurioffensivo (in quanto idoneo, ad estinguere contemporaneamente il bene-vita della vittima primaria ed il vincolo parentale con i congiunti di questa) “ciascun danneggiato – in forza di quanto previsto dagli artt. 2, 29, 30 e 31 Cost., nonché degli artt. 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 1 della cd. “Carta di Nizza” – è titolare di un autonomo diritto all’integrale risarcimento del pregiudizio subìto, comprensivo, pertanto, sia del danno morale (da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo, non solo nell’immediatezza dell’illecito, ma anche in modo duraturo, pur senza protrarsi per tutta la vita) che di quello “dinamico-relazionale” (consistente nel peggioramento delle condizioni e abitudini, interne ed esterne, di vita quotidiana). Ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subìto, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all’età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l’unità, la continuità e l’intensità del rapporto familiare” (Cass. Civile, n. 9231/2013; Cass. Civile. n. 14655/2017).

Il diritto al il risarcimento “iure proprio” del danno non patrimoniale viene attribuito ai prossimi congiunti della vittima in quanto sussistenti in capo agli stessi sofferenze e patemi d’animo cagionati dalla perdita della persona cara e immediatamente ricollegabili all’illecito: un tale illecito è dunque risarcibile in quanto danno arrecato “alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia e all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia”, (Cass. Civile. n. 23725/2008; Cass. Civile. n. 20292/2012; Cass. Civile, n. 9320/2015). Ne consegue che il danno non patrimoniale da perdita parentale è risarcibile anche nel caso in cui il danno consista nella sola sofferenza morale soggettiva intesa come patema d’animo interiore (cfr. Cass. Civile. n. 21084/2015); infatti, seppur il danno biologico, quello morale e quello dinamicorelazionale non costituiscano conseguenza indefettibile della lesione dei diritti della persona, ed occorra valutare caso per caso se il danno non patrimoniale presenti o meno tutti i siffatti aspetti, la mancanza di danno biologico non esclude la configurabilità del danno morale soggettivo e di quello dinamico-relazionale, quale conseguenza autonoma della lesione. Pertanto, “[…] ove il fatto lesivo abbia profondamente alterato il complesso assetto dei rapporti personali all’interno della famiglia, il danno non patrimoniale per lesione di interessi costituzionalmente protetti deve trovare ristoro nella tutela apprestata dall’art. 2059 cod. civ.” (cfr. Cass. Civile. n. 531/2014).

Il danno non patrimoniale da perdita parentale deve essere liquidato unitariamente, dovendo il giudice al momento della quantificazione considerare tanto quello di tipo relazionale da perdita del rapporto parentale, quanto la sofferenza soggettiva rappresentata dal danno morale, fermo restando l’obbligo di tenere conto nel caso concreto di tutte le peculiarità di manifestazione del danno non patrimoniale, così da assicurare la personalizzazione della liquidazione (cfr. Cass. Civile. n. 8320/2015; Cass. Civile. n. 15491/2014).

5. I danni subiti dalla vittima del sinistro, in seguito deceduta, possono invece trasmettersi in favore degli eredi iure successionis.

Titolari del diritto al risarcimento di tale voce di danno nel caso di specie risultano tutte la attrici nella loro qualità di coeredi del sig. KKK in proporzione alle rispettive quote, pari ad un terzo ciascuno ai sensi dell’art. 581 c.c.

Ciò posto, si osserva che ai fini della risarcibilità dei danni conseguenti all’evento morte e della sua trasmissibilità agli eredi della vittima, la giurisprudenza di legittimità ha individuato l’esistenza di tre differenti tipologie di danno:

a) danno biologico terminale;

b) danno catastrofico (o catastrofale o morale terminale);

c) danno tanatologico (o danno da perdita della vita).

Il danno biologico terminale, riscontrabile nelle ipotesi in cui tra l’evento morte e le lesioni che l’hanno causata trascorra un apprezzabile lasso di tempo, consente il risarcimento in favore della persona offesa delle conseguenze negative che la lesione alla salute ha comportato alla qualità della vita del soggetto direttamente leso.

Tale tipologia di danno rientra nella categoria del danno biologico da inabilità temporanea, la cui quantificazione equitativa va operata tenendo conto delle caratteristiche peculiari del pregiudizio, consistenti in un danno alla salute che, sebbene temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità e risulta essere trasmissibile iure hereditatis (cfr. Cass. Civile., n. 18163/2007; Cass. Civile. n. 22601/2013; Cass. Civile. n. 22228/2014; Cass. Civile. n. 21060/2016).

Esso va liquidato non mediante riconoscimento di una invalidità permanente massima, quanto piuttosto facendo esclusivo riferimento alla inabilità temporanea totale con le eventuali opportune personalizzazioni.

La Corte di Cassazione ha infatti di recente stabilito che “in tema di danno da perdita della vita, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso. Tale danno, qualificabile come danno biologico terminale, dà luogo a una pretesa risarcitoria, trasmissibile “iure haereditatis” da commisurare soltanto all’inabilità temporanea, adeguando la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, seppure temporaneo, tale danno è massimo nella sua intensità ed entità, tanto che la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (cfr. Cass., Civ. ord. n., n. 18328/2018), precisando che “tuttavia la sua liquidazione dovrà tenere conto, nell’adeguare l’ammontare del danno alle circostanze del caso concreto, del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità ed intensità…” (cfr. Cass., Civile. n. 23053/2009; Cass. Civile. n. 15491/2014).

In ipotesi di danno biologico terminale il Supremo Collegio ha ritenuto quindi non corretto liquidare il danno in parola con il punto massimo d’invalidità permanente; ciò in quanto così facendo si finirebbe per liquidare un pregiudizio diverso da quello subìto, parametrato alla totale compromissione dell’integrità fisica ma presupponente una stabilizzazione non acquisita perché, a sua volta, correlabile, come tale, solo alla sopravvivenza del soggetto rispetto all’evento pregiudizievole. Venendo ora alla seconda categoria di danno sopra richiamata, si osserva che il danno catastrofale o catastrofico, o morale terminale, viene definito dalla giurisprudenza come quel danno non patrimoniale conseguente alla sofferenza patita dalla persona che, a causa delle lesioni subite, nel lasso di tempo compreso tra l’evento che le ha provocate e il decesso, è conscio dell’approssimarsi della morte ed assiste alla perdita della propria vita (cfr. Cass. Civile n.7126/2013; Cass. Civile n. 26727/2018).

Tale voce di danno è stata espressamente riconosciuta dalle note sentenze di San Martino che hanno ammesso la risarcibilità della sofferenza psichica, di massima intensità anche se di durata contenuta, nel caso di morte che segua le lesioni. Tale sofferenza, non essendo suscettibile di degenerare in danno biologico permanente, in considerazione del limitato intervallo di tempo tra lesioni e morte, deve essere risarcita quale danno morale nella sua ampia accezione.

Presupposto per la risarcibilità del danno catastrofale e della sua trasmissibilità iure hereditatis è che esso sia effettivamente entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte (cfr. Cass. civ. n. 6754/2011). La persona offesa deve essere stata vigile e cosciente, quantomeno per un breve lasso di tempo, nel periodo intercorrente tra le lesioni subite e l’evento morte. In particolare, “Rientra nell’unitaria categoria di danno non patrimoniale il danno catastrofale, che si sostanzia nel risarcimento della sofferenza patita dalla vittima nel periodo breve che precede la morte in cui essa ha avuto la possibilità di rendersi conto della gravità del proprio stato e dell’approssimarsi della morte. Tale danno, in quanto qualificabile come danno morale spettante “iure hereditatis”, può essere legittimamente trasmesso agli eredi a condizione che la vittima abbia patito quella sofferenza determinata dall’accorgersi della vicina fine della vita. Di conseguenza, tale danno non è configurabile in capo ad una persona che sia rimasta in stato di incoscienza dal momento in cui si è verificato l’evento lesivo fino alla morte…” (Cass. Civile n. 759/2014).

Ancora, osservava la Cassazione con la recente sentenza n. 26727/2018: “In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte ricorre il danno biologico terminale, cioè il danno biologico “stricto sensu” (ovvero danno al bene “salute”), al quale, nell’unitarietà del “genus” del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie (“danno morale terminale”), ovvero il danno da percezione, concretizzabile sia nella sofferenza fisica derivante dalle lesioni, sia nella sofferenza psicologica (agonia) derivante dall’avvertita imminenza dell'”exitus”, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidità agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta “manifestamente lucida”1.

Per mera completezza si osserva infine che la risarcibilità del danno tanatologico, inteso come danno causato dalla perdita immediata, o in un brevissimo lasso di tempo, della vita, è stata esclusa dall’intervento delle Sezioni Unite che con sentenza n. 15350/2015 ha fissato il seguente principio di diritto: “In materia di danno non patrimoniale, in caso di morte cagionata da un illecito, il pregiudizio conseguente è costituito dalla perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, fruibile solo in natura dal titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente, sicché, ove il decesso si

1 Per quanto attiene alla distinzione tra danno terminale biologico e danno terminale morale, o catastrofale, si richiama Cass. civ. ord. n. 6691/2018 che nella parte motiva evidenziava: “Questa Corte, anche a Sezioni Unite, ha già avuto modo di affermare, che il cd. danno tanatologico, indicato in termini di danno morale terminale o da lucida agonia o catastrofale o catastrofico (v. Cass., Sez. U., 11/11/2008, n.26772; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26773), subito dalla vittima per la sofferenza provata nell’avvertire coscientemente l’ineluttabile della propria fine, assume rilievo il criterio dell’intensità della sofferenza provata (v. Cass.,20/8/2015, n. 16993; Cass., 8/4/2010, n. 3360; Cass., 23/2/2005, n. 3766; Cass., 1/12/2003, n. 18305), a prescindere dall’apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso della vittima. Nella diversa ipotesi di morte cagionata dalla lesione, quando (come nella specie) tra le lesioni colpose e la morte intercorra un “apprezzabile lasso di tempo” (nel caso in esame, 3 giorni), viene ritenuto risarcibile il danno biologico terminale (v. Cass. 28/8/2007, n. 18163), e “per il tempo di permanenza in vita” (v. Cass. 16/5/2003, n. 7632) in quanto “sempre esistente”, per effetto della “percezione”, anche non cosciente”, della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita ( v. Cass. 28/8/2007, n. 18163) ed il diritto di credito al relativo risarcimento viene ritenuto quindi trasmissibile jure hereditatis (v. Cass., 23/2/2004 n. 3549; Cass 1/2/2003, n. 18305; Cass. 16/6/2003, in 9620; Cass., 14/3/2003, n. 3728; Cass., 2/4/2001, n.4783; Cass. 10/2/1999, n. 1131; Cass., 29/9/1995, n. 10271). E’ stato altresì affermato che il danno biologico terminale, quale pregiudizio della salute che anche se temporaneo è massimo nella sua entità ed intensità (v. Cass., 23/2/2004, n.3549) in quanto conduce a morte un soggetto in un sia pure limitato ma apprezzabile lasso di tempo (v. Cass. 23/2/2005, n.3766)”.

verifichi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, deve escludersi la risarcibilità “iure hereditatis” di tale pregiudizio, in ragione – nel primo caso – dell’assenza del soggetto al quale sia collegabile la perdita del bene e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito risarcitorio, ovvero – nel secondo – della mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo”.

Tanto premesso e tornando al caso de quo, alla luce della giurisprudenza richiamata e sulla base della documentazione e dai referti versati in atti, emerge inequivocabilmente come non sussistano i presupposti di risarcibilità di alcuna delle voci di danno da ultimo descritte in quanto il decesso del sig. KKK è avvenuto in un lasso di tempo estremamente breve. Non vi sono infatti elementi da cui desumere che il sig. KKK, a seguito del sinistro sia rimasto, anche solo alcuni minuti, vigile e cosciente, tanto da apprendere l’approssimarsi della morte o percepire lucidamente il dolore fisico causato dalle lesioni patite. Dalla stessa relazione dei militari intervenuti in seguito al sinistro emerge inoltre chiaramente che il corpo del sig. KKK è stato rinvenuto nel letto del fiume dai Vigili del Fuoco e che il medico d’urgenza intervenuto non ha potuto fare altro che constatare il decesso a causa delle fratture multiple subite dal motociclista, circostanza a supporto del fatto che il sig. KKK con un alto grado di probabilità, ha perso i sensi a causa dell’impatto, giungendo alla morte in breve tempo.

Non può pertanto essere accolta la domanda svolta dalle attrici per quello che viene dalla stesse indicato quale danno “terminale biologico e morale”.

6. Nell’ipotesi di decesso pressoché istantaneo il danno emergente iure proprio subito dai congiunti della vittima corrisponde ad ogni diminuzione patrimoniale provocata dall’illecito, che va ad incidere su utilità e beni già presenti nel patrimonio del danneggiato.

Andranno pertanto rifuse alla signora YYY a titolo di danno iure proprio di natura patrimoniale le spese affrontate in conseguenza dell’incidente per cui è causa e documentate sub doc. 39-41.

Nello specifico le fatture allegate corrispondono ai seguenti esborsi:

– doc. n. 39: pagamento dei servizi funerari;

– doc. n. 39bis: pagamento del fiorista per il funerale;

– doc. n. 40: pagamento del ticket per l’elisoccorso intervenuto in occasione dell’incidente; – doc. n. 40bis: pagamento delle traduzioni dal tedesco all’italiano prodotte sub docc. nn. 48, 52; – doc. n. 41: pagamento per la tomba della vittima.

I convenuti hanno contestato genericamente i documenti da n. 39 a n. 41 di parte attrice prodotti a sostegno della richiesta di risarcimento del danno emergente.

Si osserva sul punto che le fatture in discorso sono documenti fiscali provenienti da soggetti terzi, emesse a fronte dell’avvenuto pagamento di una prestazione e appaiono idonee a dimostrare gli esborsi sostenuti.

Si tratta indubbiamente di esborsi effettuati esclusivamente in conseguenza dell’incidente per cui è causa che andranno integralmente rimborsati all’attrice YYY.

Analogo discorso può farsi con riferimento alle spese sostenute dalla signora YYY per le sedute di psicoterapia presso la dott.ssa (doc. n. 48 e 49 di parte attrice).

Tali costi, come meglio si vedrà nel prosieguo con riferimento al danno biologico di natura psichica patito dall’attrice, sono causalmente connesse con il sinistro di causa. La necessità di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico è infatti sorta in conseguenza delle gravi ripercussioni della perdita del coniuge sulla sfera psichica della sig.ra YYY.

Complessivamente andranno risarciti alla sig. YYY € 9.359,41, oltre rivalutazione ed interessi di legge (docc. da n. 39 a n. 41 e n. 49 di parte attrice) a titolo di danno iure proprio patrimoniale emergente.

6.1. Tra le componenti del danno patrimoniale emergente riferibili questa volta a tutte e tre le attrici, devono essere individuate anche le spese dalle stesse sostenute nella fase stragiudiziale per l’assistenza della società *** s.r.l., allo scopo di giungere ad una bonaria definizione della vertenza.

La giurisprudenza della Suprema Corte, confermata dalla giurisprudenza di merito, ha infatti recentemente ribadito come le spese sostenute per l’assistenza stragiudiziale debbano essere ricomprese nella categoria del danno emergente (Cass. SS.UU. n. 16990/2017).

L’Attività svolta da *** s.r.l in favore delle attrici risulta ampiamente provata sulla base della documentazione versata in atti, che dimostra l’operato svolto in favore delle danneggiate da parte (docc. da n. 9 a n. 23 di parte attrice).

Sul punto si evidenzia che l’attività è consistita nell’inoltro delle monitorie prodotte, nonché nella previa raccolta e nell’invio di tutti i documenti richiesti dalla Compagnia di Assicurazioni, oltre che nella gestione della trattativa che, da un’iniziale posizione di netto rifiuto del risarcimento (doc. n. 21 di parte attrice), ha portato al pagamento di € 100.000,00 in favore di ciascuna delle attrici (doc. n. 24 di parte attrice). Tale pagamento attesta, insieme al tenore della corrispondenza intercorsa, la serietà e l’utilità ai fini conciliativi dell’attività prestata.

Con riguardo al rimborso delle spese stragiudiziali, la giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ha affermato che l’utilità dell’esborso di cui si richiede la rifusione deve essere valutata ex ante, dovendosi affermare che esso non può essere escluso per il fatto che l’intervento non abbia fatto recedere l’assicuratore dalla posizione assunta rispetto ad aspetti della vicenda oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale, essendo necessario invece considerare, in relazione all’esito della lite su detto aspetto, se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell’attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento.

Nel caso di specie non può affermarsi che l’attività stragiudiziale svolta da sia stata inutile, al contrario, come si è visto, la stessa ha condotto ad un risultato rivelatosi insufficiente solo a causa della posizione assunta dalla compagnia assicurativa.

Per l’attività svolta la signora YYY (anche per ZZZ) e XXX corrispondevano la complessiva somma di € 36.600,00 (docc. nn. 45, 46, 47), pari ad € 10.000, oltre iva per ogni assistita.

In sostanza l’importo corrisponde al 10% del capitale risarcito da JJJ.

L’importo appare sproporzionato rispetto al risultato ottenuto, posto che equivale pressoché alle spese liquidabili ai sensi del DM 55/2014 all’esito di un intero giudizio ordinario a cognizione piena con valore da € 502.001,00 a € 1.000.000,00.

Va dunque senz’altro risarcita la voce di danno per spese stragiudiziali ma l’importo va ridotto ad € 15.000,00 che appare congruo in considerazione dell’attività prestata e del risultato ottenuto. Alle attrici spettano dunque € 5.000,00 ciascuna, oltre rivalutazione ed interessi, a titolo di danno patrimoniale iure proprio.

7. Le attrici hanno chiesto il risarcimento del danno patrimoniale iure proprio da lucro cessante, corrispondente alla perdita dell’apporto economico fornito dal de cuius.

Sul punto, la recente pronuncia della Cassazione che ha stabilito che “L’uccisione d’una persona può causare ai suoi familiari un danno patrimoniale da lucro cessante, consistente nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro: o per legge (ad es., ex artt. 143 o 147 c.c.), o per costume sociale, a condizione che non si trattasse di sovvenzioni episodiche (le quali ovviamente a cagione della loro sporadicità non consentirebbero di presumere ex art. 2727 c.c. che, se la vittima fosse rimasta in vita, sarebbero continuate per l’avvenire).

Il danno in questione può essere liquidato sia in forma di rendita (art. 2057 c.c.), sia in forma di capitale” (cfr. Cass. Civile, Sez. III, n. 6619/2018).

La Cassazione ha evidenziato che il danno in questione può essere liquidato sia in forma di rendita (art. 2057 c.c.), sia in forma di capitale, stabilendo che se viene scelta la liquidazione in forma di capitale, questa deve avvenire:

“(a) determinando il reddito della vittima al momento della morte;

(b) detraendone la quota presumibilmente destinata ai bisogni personali della vittima o al risparmio; (c) moltiplicando il risultato per:

(c’) un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell’illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto vita natural durante; in tal caso il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente all’età della vittima se questa sia più giovane dell’alimentato, ed all’età di quest’ultimo nel caso contrario;

(c”) un coefficiente di capitalizzazione delle rendite temporanee, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell’illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto non già vita natural durante, ma solo per un periodo di tempo determinato; in tal caso il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente alla durata presumibile per la quale sarebbe proseguito il sostegno economico”.

Il Supremo Collegio ha altresì evidenziato che nel “determinare il reddito della vittima da porre a base del calcolo non va dimenticato che il risarcimento del danno è operazione governata dal principio di indifferenza, in virtù del quale la liquidazione deve comprendere tutto il danno, e nient’altro che il danno (art. 1223 c.c.).

Da ciò consegue che l’importo del reddito goduto dalla vittima al momento della morte deve essere opportunamente ritoccato per evitare sovra – o sottostime.

In particolare, dal reddito suddetto deve essere detratto l’ammontare delle spese per la produzione del reddito ed il carico fiscale, che in assenza del fatto illecito avrebbero rappresentato voci di spesa, e come tali avrebbero ridotto il reddito disponibile per i familiari. Se, infatti, non avvenisse tale detrazione, il risarcimento da distribuire ai familiari della vittima sarebbe maggiore del reddito che avrebbero avuto a disposizione se non fosse avvenuto l’illecito, e la liquidazione sarebbe iniqua per il debitore. Tuttavia è altrettanto doveroso tenere conto – se la circostanza sia stata debitamente allegata e provata, anche per presunzioni – dei verosimili incrementi futuri che quel reddito avrebbe avuto, se la vittima avesse potuto continuare a svolgere il proprio lavoro…Ora, poiché l’operazione di capitalizzazione consiste nel trasformare una rendita in un capitale, essa potrà avvenire in base all’ultimo reddito goduto dalla vittima nel solo caso in cui sia possibile ritenere che, se la vittima fosse rimasta in vita, il suo reddito non si sarebbe verosimilmente incrementato. Una valutazione di questo tipo sarebbe tuttavia consentito solo nel caso di morte d’un lavoratore agee e prossimo all’età pensionabile, ovvero svolgente un lavoro che non gli consente alcun incremento reddituale futuro.

Nel caso, invece, di lavoratori giovani, corrisponde ad un criterio di normalità che il loro reddito cresca con l’andare del tempo”.

La necessità di liquidare il danno al netto della tassazione trova piena conferma nella pronuncia della Cassazione da ultimo richiamata che in parte motiva precisa chiaramente che gli importi riconoscibili ai congiunti devono essere liquidati al netto dell’imposizione fiscale.

È vero infatti che l’art. 6 D.P.R. n. 917/1986 nel disciplinare il trattamento fiscale delle somme percepite a titolo di risarcimento del danno ne stabilisce l’esenzione fiscale. Tuttavia, ciò non significa che le somme riconosciute dal giudice a tale titolo debbano essere calcolate al lordo dell’imposizione fiscale; infatti, ove ciò avvenisse e, dunque, il risarcimento venisse liquidato sulla base del reddito lordo della vittima, il danneggiato si arricchirebbe per di più senza alcun beneficio per l’Erario. D’altra parte, ove l’illecito non si fosse verificato e il congiunto fosse sopravvissuto, le attrici avrebbero potuto beneficiare unicamente di una parte del reddito netto percepito dal congiunto.

Proprio per tale ragione, ed in considerazione del fatto che il risarcimento viene liquidato in sostituzione del reddito perduto, quest’ultimo dovrà necessariamente essere calcolato al netto del prelievo fiscale, in ossequio al criterio dell’indifferenza richiamato dalla Cassazione.

Ciò posto nel caso di specie si procede al calcolo del reddito del sig. KKK e della quota dello stesso che sarebbe stata verosimilmente destinata ai bisogni della famiglia.

Il reddito netto nell’anno precedente al decesso viene calcolato sottraendo dal reddito lordo risultante dalla dichiarazione dei redditi anno 2012 versata in atti (€ 20.978,00) l’imposta netta € (2.561,00) ottenendo così l’importo di € 18.417.

I verosimili incrementi annui in base al CCNL metalmeccanica industria, in assenza di allegazioni sul preciso inquadramento del sig. KKK e delle sue effettive mansioni, devono considerarsi pari a circa l’1,3% annuo2, fino all’età pensionabile di 67 anni, quindi per 22 anni dalla data del sinistro e, dunque circa del 30% complessivo.

2 Cfr. CCNL METALMECCANICA – Aziende industriali per i dipendenti dalle industrie metalmeccaniche private e della installazione di impianti (Decorrenza: 1° gennaio 2016 – Scadenza: 31 dicembre 2019) che alla sezione quarta, titolo IV, art. 5 rimanda alle tabelle retributive allegate al contratto:

Art. 5 (Minimi tabellari e determinazione della quota di retribuzione oraria)

“I minimi tabellari mensili della classificazione unica dei lavoratori sono quelli riportati nelle tabelle allegate con le rispettive date di decorrenza”.

Talle tabelle menzionate si ricava un incremento annuo pari a circa l’1,3%.

Pertanto l’importo medio annuo che il sig. KKK avrebbe percepito a titolo di retribuzione dalla data del decesso al suo pensionamento, tenuto conto degli incrementi retributivi, si ottiene con il seguente calcolo:

[€18.417 + (€ 18.417 + 30%)]/2 = € 21.179,55

Da tale importo va sottratta la quota sibi che, considerato che il nucleo familiare era composto da quattro membri, si ritiene congruo stabilire in un quarto del reddito annuo (€ 5.294,88), ottenendo così l’importo residuo di € 15.884,67 da suddividere tra le attrici nella misura che verrà indicata infra. Nel caso, come quello che ci occupa, in cui il danno patrimoniale da lucro cessante sia in parte già maturato alla data di liquidazione, in quanto tra l’evento e la liquidazione sono trascorsi circa 8 anni, i superstiti avranno diritto al risarcimento determinato come segue:

i) danno già prodottosi, nel caso de quo pari ad un quarto delle retribuzioni totali nette del congiunto perse dalla data del decesso sino alla liquidazione;

ii) danno futuro successivo alla liquidazione, vita natural durante per la moglie e sino al compimento del 26esimo anno di vita per quanto attiene alle figlie.

Quanto alla voce sub ii), trattandosi di una posta risarcitoria che concreta un effettivo danno futuro, va utilizzata la formula:

D = (R – q) * k, ove:

D è il danno che occorre liquidare; R è il reddito annuo del defunto;

q è la quota sibi (che considereremo pari ad 1/4 per il periodo in questione); k è il coefficiente di capitalizzazione.

Con riferimento alla moglie andrà utilizzato il principio espresso dalla Cassazione e sopra indicato sub (c’), ovvero andrà applicato “un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell’illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto vita natural durante…corrispondente all’età della vittima se questa sia più giovane dell’alimentato”.

Con riferimento alle figlie, invece, deve trovare applicazione il principio sub (c’’) che stabilisce che il reddito della vittima va moltiplicato per “un coefficiente di capitalizzazione delle rendite temporanee, se sia ragionevole ritenere che, in mancanza dell’illecito, il superstite avrebbe continuato a godere del sostegno economico del defunto…solo per un periodo di tempo determinato; in tal caso il coefficiente da scegliere dovrà essere corrispondente alla durata presumibile per la quale sarebbe proseguito il sostegno economico”.

La Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 20615/2015; Cass., n. 10499/2017) ha esplicitamente indicato la necessità di applicare coefficienti di capitalizzazione di massimo affidamento, aggiornati e scientificamente corretti, quali:

– quelli approvati con provvedimenti normativi per la capitalizzazione delle rendite previdenziali o assistenziali (ad esempio, i coefficienti di cui al D.M. 22/11/2016 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 295 del 19/12/2016, n. 56;

– quelli elaborati dalla dottrina per la specifica materia del risarcimento del danno aquiliano: a titolo indicativo, i coefficienti diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli Atti dell’incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno – 1 luglio 1989 (in Nuovi orientamenti e nuovi criteri per la determinazione del danno, Quaderni del CSM, 1990, n. 41, pp. 127 e ss.).

Nel caso di specie si ritiene di applicare i coefficienti di capitalizzazione di cui al DM menzionato con riferimento alla tabella che segue:

7.1. Si procede pertanto alla determinazione del danno subito dall’attrice sig. YYY.

a) Danno già prodottosi alla data della liquidazione:

€ 5.294,88 annui per 8 anni (dal 2012 al 2020) = € 42.359,04 che rivalutati e maggiorati di interessi di anno in anno determinano l’importo di € 46.880,66. b) Danno futuro, dalla data della liquidazione:

D = (R – q) * k

€ 21.179,55 – € 15.884,67 (quota sibi e quota destinata alle figlie) *24,2454 (per il coniuge di 50 anni alla data della liquidazione) = € 128.376,48.

Totale € 175.257,14, oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

7.2. In assenza di specifiche allegazioni sul punto, nonché di prova relativa a particolari condizioni e propensioni delle figlie (entrambe studentesse universitarie), si deve ritenere in base all’id quod prelumque accidit che le stesse avrebbero ricevuto il sostegno economico del padre sino al raggiungimento dei 26 anni.

Tale età, corrisponde all’età media in cui gli studenti normalmente conseguono il diploma universitario e si inseriscono nel mondo del lavoro ed appare pertanto un termine temporale equo ai fini del calcolo che qui interessa.

7.2.1. Considerato che all’epoca del decesso del padre la figlia XXX (03.11.1995) aveva 16 anni e che dunque avrebbe beneficiato del supporto economico del padre per altri 10 anni il danno viene calcolato come segue: a) Danno già prodottosi:

€ 5.294,88 annui per 8 anni (dal 2012 al 2020) = 42.359,04 che rivalutati e maggiorati di interessi di anno in anno determinano l’importo di € 46.880,66. b) Danno futuro:

(R – q) * k = D

€ 21.179,55 – € 15.884,67 (quota sibi e quota destinata alle madre e alla sorella) *1,0279 (per il figlio abile sino di età 24 anni alla data della liquidazione) = 5.442,60.

Totale € 52.323,26 , oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

7.2.2. Considerato che all’epoca del decesso del padre la figlia ZZZ (23.09.2000) aveva 11 anni e che dunque avrebbe beneficiato del supporto economico del padre per altri 15 anni: a) Danno già prodottosi:

€ 5.294,88 annui per 8 anni (dal 2012 al 2020) = 42.359,04 che rivalutati e maggiorati di interessi di anno in anno determinano l’importo di € 46.880,66.

b) Danno futuro:

(R – q) * k = D

€ 21.179,55 – € 15.884,67 (quota sibi e quota destinata alle madre e alla sorella) *2,8280 (per il figlio abile sino di età 19 anni alla data della liquidazione) = € 14.973,92

Totale € 61.854,58, oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

8. Costituisce principio consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte che “il fatto illecito costituito dalla uccisione di uno stretto congiunto appartenente al ristretto nucleo familiare (coniuge, genitore, fratello, figlio) dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella sofferenza morale che solitamente si accompagna alla morte di una persona cara e nella perdita del rapporto parentale e conseguente lesione del diritto all’intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che ordinariamente caratterizza la vita familiare”. (Cass. Civile Sez. III, 11.12.2018 n. 31950).

La misura del risarcimento del danno patito dai congiunti non può essere meramente simbolica e dovrà tener conto della notevole gravità della perdita e della rilevante serietà del pregiudizio.

Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere risarcito mediante il ricorso a criteri di valutazione equitativa, rimessi alla prudente discrezionalità del giudice di merito, il quale è tenuto tuttavia ad esplicitare le regole di equità applicate in base al combinato disposto degli artt. 1226 e 2056 c.c.

Ai fini della liquidazione unitaria del danno da perdita parentale, comprensivo della sofferenza soggettiva rappresentata dal danno morale, con eventuale personalizzazione ed eventuale danno biologico subito dal congiunto si adottano le tabelle del Tribunale di Milano per il 2018 che prevedono un ventaglio di ipotesi che consente di tener conto di tutte le circostanze del caso concreto (tipizzabili in particolare, per ciò che in questa sede rileva e veniva allegato dalle parti attrici, nella convivenza o meno dei familiari, nella qualità ed intensità della relazione affettiva familiare residua, nella qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava il rapporto parentale con la persona deceduta). Va inoltre tenuta in debita considerazione l’età della vittima al momento del sinistro e del suo decesso, essendo evidente che tanto più essa è avanzata, quanto più corta sarebbe stata l’aspettativa di vita del defunto e la corrispondente legittima aspettativa dei suoi congiunti di poter godere del legame parentale ed affettivo.

Il signor KKK è nato il 18.07.1966 al momento dell’incidente aveva dunque 45 anni.

L’età della persona deceduta è senz’altro uno dei più rilevanti fattori di cui il Giudice deve tenere conto nell’esercizio dei suoi poteri di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale all’interno della forbice prevista nella tabella elaborata dal Tribunale di Milano.

Appare infatti evidente che in caso di perdita del congiunto di giovane età i familiari si vedono privati per un lungo periodo della loro vita di un rapporto affettivo e di frequentazione, e che il decesso assume i connotati di un evento gravemente contrario all’evoluzione naturale della vita familiare.

Al contrario, la perdita di un familiare in età avanzata fa venire meno un rapporto che secondo l’id quod plerumque accidit sarebbe in ogni caso venuto meno in un lasso di tempo relativamente breve, a prescindere dall’incidente.

La vita media della popolazione maschile in Italia è pari a circa 80 anni; in assenza di prova contraria si deve ritenere incontestato che prima del sinistro il sig. KKK godesse di buona salute, ragion per cui si ritiene altamente verosimile che anch’egli sarebbe vissuto quantomeno sino al raggiungimento di 80 anni di vita.

Ciò comporta che la liquidazione del danno non patrimoniale dovrà essere effettuata a partire dal valore medio stabilito dalla tabella di Milano, eventualmente personalizzato per il singolo congiunto.

Si procede ora alla determinazione del danno subito dai singoli attori iure proprio.

8.1. Ai fini della liquidazione va considerata la convivenza con la vittima e lo stretto legame che tipicamente caratterizza un rapporto di coniugio protrattosi per decenni che si fonda sui doveri di solidarietà morale e materiale stabiliti dal codice civile. La sig.ra YYY infatti, a causa della morte del coniuge si è vista improvvisamente privata del proprio compagno di vita su cui aveva potuto fare affidamento per un lungo periodo della propria esistenza, con cui aveva progettato e realizzato una famiglia e una vita in comune e con il quale ancora condivideva progetti e prospettive per il futuro. La perdita del marito ha determinato nella signora YYY uno stato di prostrazione e di chiusura, come confermato dai testi escussi. Sul punto occorre considerare anche che l’attrice si era sposata con la vittima in giovane età e che il marito costituiva per lei un punto di riferimento fondamentale, sia nella vita personale che in quella famigliare (cfr. ctu dr., pagg. 2-3 e valutazione dr., pag. 3).

I testi escussi hanno affermato che la perdita del marito è stata per l’attrice “una prova della vita molto forte e si è notato quasi uno stato di depressione. E’ cambiata molto dopo la morte del marito” (teste ***), la circostanza è stata confermata anche dal teste *** (marito della signora ***), il quale ha affermato che la morte del signor KKK ha determinato una situazione molto difficile per la signora YYY (udienza 21 gennaio 2019).

I testi hanno dichiarato che frequentavano abitualmente la signora YYY e la vittima, con cui erano stati in vacanza al mare e con i quali trascorrevano spesso il tempo libero (teste ***, udienza 21 gennaio 2019). Entrambi i testimoni hanno affermato che la signora YYY, dopo la morte del signor KKK “con noi ha ridotto i contatti” (teste ***) e che “da quello che so non esce molto […] confermo che noi la frequentavamo molto, non ci cerca più, abbiamo rapporti superficiali. Ci è capitato di cercarla e ha rifiutato l’invito. E’ capitato anche di proporle di aiutarla con il pc e lei ha sempre addotto l’esistenza di impegni in diverse occasioni […]. Nelle occasioni delle feste di paese non l’ho più vista, mentre in passato con il marito le frequentava” (teste ***).

A circa otto anni dalla perdita del marito, pur essendo ancora piuttosto giovane, l’attrice limita molto la propria vita sociale, per la quale non nutre più interessi, così come non mostra alcun interesse rispetto a relazioni sentimentali (valutazione dott., pag. 3) e trascorre moltissimo tempo sulla tomba del marito, parlando con lui (ctu dott., pag. 2 e valutazione dott., pag. 3).

Appare evidente che la morte del marito abbia determinato una seria modifica in peggio nella vita della signora YYY, la quale si è trovata privata di un punto di riferimento fondamentale ed insostituibile.

Ai fini della liquidazione del danno in via equitativa trova applicazione per pacifica giurisprudenza della Corte di Cassazione, la tabella di Milano del danno non patrimoniale aggiornata all’anno 2018 che stabilisce per la morte del coniuge convivente una forbice che va da euro 165.960,00 ad euro 331.920,00.

Nel caso di specie, in considerazione dell’età del coniuge appare opportuno prendere come base del calcolo l’importo medio stabilito in tabella (€ 248.940,00), aumentato del 20% tenuto conto dello stretto legame fondato sul vincolo di solidarietà e assistenza morale e materiale tipico del rapporto di coniugio protrattosi per molti anni.

L’importo complessivamente ottenuto è dunque pari ad € 298.728

La CTU medico legale a firma del dott. che si è avvalso della collaborazione dello psichiatra Dott., ha evidenziato che in seguito ed a causa del trauma patito a seguito della perdita del coniuge la sig.ra YYY ha presentato, e tuttora presenta un “disturbo dell’adattamento con umore depresso (DSM 5) come assestamento patologico di un precedente DSPT a sfondo luttuoso”.

In linea con le indicazioni per la valutazione del danno biologico di natura psichica, maggiormente utilizzate in quest’ambito, il CTU e l’ausiliario hanno ritenuto ragionevole riconoscere alla sig.ra YYY un danno biologico permanente di natura psichica quantificabile nella misura del 14-15%.

Vale la pena di osservare sul punto che in materia di risarcimento del danno da perdita parentale la Corte di Cassazione ha di recente ribadito che nei casi come quello che ci occupa in cui la morte di un prossimo congiunto abbia causato nei familiari superstiti oltre al danno parentale, consistente nella perdita del rapporto e nella sofferenza che da ciò ne deriva, anche un danno biologico, derivante da un’effettiva compromissione dello stato di salute fisica e psichica, le due diverse sottocategorie di danno devono essere valutate distintamente come elementi della macro categoria del danno non patrimoniale, con liquidazione onnicomprensiva ed unitaria (cfr. Cass., Civile, Sez. III n. 16909/2019). In merito all’impiego delle Tabelle di Milano si osserva che la Corte di Cassazione ha ritenuto che le stesse esprimano il valore da ritenersi “equo”, e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad alimentarne o ridurne l’entità (cfr. Cass. civ, n. 12408/2011; nonché, Cass. civ. n. 14402/2011; Cass. n. 20895/2015).

Poiché l’evento lesivo è precedente alla data in cui è stata redatta la tabella applicata, occorre procedere alla devalutazione dell’importo liquidato a titolo di danno biologico, al fine di avere valori omogenei (rispetto alle altre voci di danno) sui quali, poi, calcolare la rivalutazione e gli interessi (c.d. compensativi) fino alla data della liquidazione.

Le somme liquidate (crediti di valore) vanno rivalutate dalle date in cui sono state monetariamente determinate (c.d. aestimatio) fino alla data della loro liquidazione definitiva (c.d. taxatio) che va fissata nel giorno 11.11.2019.

La rivalutazione va effettuata applicando sulle somme gli indici della rivalutazione monetaria ricavati dalle pubblicazioni ufficiali dell’Istituto Nazionale di Statistica. Gli indici presi in considerazione sono quelli del c.d. costo della vita, ovverossia del paniere utilizzato dall’ISTAT per determinare la perdita di capacità di acquisto con riferimento alla tipologie dei consumi delle famiglie di operai ed impiegati (indice F.O.I.).

Vengono inoltre liquidati gli interessi compensativi al tasso legale, calcolati dalla data del momento generativo della obbligazione risarcitoria sino al momento della liquidazione e non sulla somma integralmente rivalutata (il che condurrebbe ad una duplicazione delle voci risarcitorie, come affermato nella nota sentenza Cass. SS.UU. n. 1712/1995) bensì sulla somma via via rivalutata con periodicità annuale.

La somma dovuta, comprensiva di rivalutazione ed interessi sino alla data odierna e detratti la quota di corresponsabilità del de cuius e l’acconto di € 100.000,00 percepito è dunque pari ad € 340.411,79 che maggiorata degli interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo.

8.2. L’istruttoria espletata ha confermato che entrambe le figlie del cuius erano legate al proprio padre da un profondo rapporto affettivo e che egli era per esse un punto di riferimento.

Il rapporto tra il padre e le figlie era infatti molto intenso e sereno, come confermato anche dai testi. Il teste *** ha affermato che il signor KKK “aveva un bel rapporto con le figlie, loro si confrontavano con lui che era un riferimento per le figlie per molti aspetti, ad esempio le aiutava anche con il computer. Con il padre andavano spesso al bar e al ristorante assieme, lui non era un gran camminatore ma veniva con noi e le figlie in montagna”.

ZZZ, la figlia minore della vittima, faceva costante riferimento al padre, con il quale trascorreva il proprio tempo libero giocando e passeggiando nei boschi (come confermato dalla teste ***) e che la aiutava a scuola. La teste *** in relazione ai rapporti tra ZZZ ed il papà ha affermato che “il papà la aiutava a risolvere le difficoltà scolastiche, avevano un bel rapporto…prima del decesso andava spesso con il papà al ristorante cinese”.

La morte del padre, avvenuta in un’età delicata, ha costituito per ZZZ un duro colpo certamente aggravato dalle modalità del decesso.

L’attrice è rimasta del tutto priva di un riferimento importante e di un sostegno fondamentale nella crescita.

Dopo la morte del papà ZZZ si è chiusa in se stessa ed ha iniziato ad avere disturbi alimentari mostrando anche sintomi di autolesionismo, come hanno confermato i testi, il tutto nel quadro di un rapporto con la madre che è divenuto conflittuale.

Anche la vita di XXX, poco più grande di ZZZ è rimasta priva di un riferimento fondamentale affettivo.

XXX, come ZZZ, aveva una relazione molto stretta con il padre, si trattava di “un rapporto molto stretto, un bel rapporto, si confrontava spesso con il padre che anche per lei era un punto di riferimento. Anche per XXX era presente e l’aiutava con i suoi problemi scolastici e non. Andavano spesso a fare gite e a vedere partite di calcio assieme. Era una figura molto presente nella vita delle figlie”, come affermato dalla signora *** e confermato dal signor *** nel corso dell’udienza del 21 gennaio 2019, i testi hanno anche confermato che XXX andava a sciare spesso con il padre, condividendo in questo modo con lui la passione per lo sport.

Dalle testimonianze rese nonché dalla lettura della CTU medico legale emerge con estrema chiarezza che la morte del signor KKK ha completamente sconvolto la vita dell’intera famiglia.

Il signor *** ha dichiarato “una cosa che mi è rimasta impressa è il cambiamento della famiglia in sé considerata”, mentre la signora *** ha affermato che la perdita “ha modificato l’assetto della vita familiare … La più colpita è sicuramente la moglie, ma questa mancanza di equilibrio e di affetto si riversa inevitabilmente sulle figlie”.

L’evento per cui è lite dunque ha avuto un effetto devastante sulla famiglia delle attrici e traumatizzante su ciascuna di esse, determinando un grave scadimento della loro vita famigliare e personale.

Occorre anche considerare che la perdita subita dalle figlie è stata aggravata dalle modalità improvvise e terribili con le quali è avvenuta la morte del signor KKK, che indubbiamente le hanno sconvolte nel profondo.

In considerazione di tutte le circostanze sopra esposte, appare equo riconoscere ad entrambe a titolo di risarcimento l’importo medio stabilito dalla Tabella di Milano 2018 per la perdita del genitore aumentato del 20%.

L’importo è dunque pari ad € 298.720,00 ciascuna, che andrà maggiorato di interessi di legge dalla pubblicazione della sentenza al saldo.

Il danno patrimoniale e non patrimoniale subito dalle figlie, comprensivo di rivalutazione ed interessi sino alla data odierna e detratti la quota di corresponsabilità del de cuius e l’acconto di € 100.000,00 percepito è dunque pari ad € 197.666,70 per la figlia XXX ed € 205.291,75 per la figlia ZZZ. Gli importi così ottenuti dovranno essere maggiorati degli interessi di legge dalla presente sentenza al saldo.

9. La condanna alle spese di lite segue la soccombenza.

In considerazione dell’esito della lite e tenuto conto dell’accoglimento delle domande attoree seppur a seguito dell’accertamento di una quota di corresponsabilità del congiunto nella causazione del sinistro pari al 20%, i convenuti dovranno rifondere in solido tra loro 4/5 delle spese di lite sostenute dalle attrici nel corso del presente giudizio.

Le spese delle CTU assunte in corso di causa, come liquidate con i decreti di data 29.05.2018, vengono poste definitivamente a carico delle parti in ragione di 4/5 a carico dei convenuti e di 1/5 a carico delle attrici. A ciò segue la condanna dei convenuti in solido a rifondere alle attrici quanto da queste eventualmente già corrisposto ai CTU in eccedenza.

Alle attrici dovranno essere inoltre rimborsate le spese di CTP come documentate (doc. 55, 56 e 58 di parte attrice) per complessivi € 7.080,88.

Le spese di vengono liquidate nel dispositivo in applicazione dei parametri medi di cui al DM 55/2014 per le cause con valore da € 5.201,000 a € 1.000.000,00, aumentati del 20% in considerazione del numero complessivo di parti processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza ed eccezione reietta, così provvede:

1) accerta e dichiara la concorrente responsabilità di KKK in ragione del 20% e di *** in ragione dell’80% nella causazione del sinistro verificatosi in data 01.06.2012 sulla SS 621 che ha determinato il decesso di KKK;

2) condanna i convenuti ***, *** e JJJ Assicurazioni, in sigla JJJ, in persona del legale rappresentante pro tempore in solido tra di loro, a risarcire alle attrice i seguenti importi:

– a YYY YYY € 340.411,79, oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo;

– a XXX € 197.666,70, oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo;

– a ZZZ € 205.291,75, oltre interessi di legge dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo;

3) accerta e dichiara che nei rapporti interni fra JJJ Assicurazioni, in sigla JJJ e ***, la società assicurativa risponde nei limiti delle condizioni di polizza n. e previa applicazione della franchigia prevista dalle medesime condizioni;

4) condanna i convenuti in solido tra di loro a rifondere alle attrici 4/5 delle spese del presente giudizio che per il restante quinto (1/5) restano compensate e che nel complesso (5/5) liquida in € 33.364,80 per compenso di avvocato oltre ad € 585,70 per spese e anticipazioni, € 7.080,88 per spese di CTP, oltre a rimborso 15% spese generali come per legge, oltre ad accessori come per legge; 5) pone le spese delle CTU assunte in corso di causa, come liquidate con i decreti di data 29.05.2018, definitivamente a carico delle parti in ragione di 4/5 a carico dei convenuti e di 1/5 a carico delle attrici e condanna i convenuti in solido a rifondere alle attrici quanto da queste eventualmente già corrisposto ai CTU in eccedenza.

Così deciso in Bolzano, in data 06.04.2020.

Il Giudice dott.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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