REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di LATINA
I Sezione CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 478/2023 pubblicata il 28/02/2023
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 300803/2012 promossa da:
XXX SRL IN LIQUIDAZIONE C.F.
ATTORE/OPPONENTE contro
YYY C,F.
CONVENUTO/OPPOSTO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come in atti.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO
Con decreto ingiuntivo n. 158/2012 emesso dall’intestato Tribunale, sezione distaccata di Terracina, YYY, in qualità di titolare dell’omonima ditta, ingiungeva a Hotel XXX S.r.l. di pagare la somma di € 134.021,21, per sorte oltre rivalutazione monetaria ed interessi, spese, competenze ed onorari del procedimento monitorio, con gli accessori di legge relativi al pagamento del saldo prezzo dei lavori di ristrutturazione della proprietà alberghiera del Hotel XXX s.r.l. di cui alla fattura n. 10 del 22.02.2012, in forza del contratto d’appalto stipulato tra le parti.
Con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 158/12 l’opponente Hotel XXX s.r.l. in liquidazione, proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, con il quale, pur riconoscendo il rapporto contrattuale in essere tra le parti, eccepiva l’infondatezza dell’azionato procedimento monitorio rilevando l’inadempimento della ditta opposta nell’esecuzione dei lavori commissionati, con conseguente accertamento della responsabilità contrattuale della stessa. Proseguiva, deducendo l’inesistenza della pretesa creditoria ingiunta evidenziando di aver effettuato tutti i pagamenti.
Specificava, infatti, di aver corrisposto in favore della ditta € 575.000,00, di cui quanto ad € 114.608,00 relativo al primo SAL redatto dal Direttore dei Lavori e quanto ad € 479.166,66 relativo alle ulteriori fatture emesse prive di indicazione specifica dei lavori ivi inclusi. Evidenziava, per l’effetto, che tale importo costituiva l’integrale pagamento delle opere contrattualmente previste, pari ad € 308.181,00, oltre IVA e di quelle eseguite come variazioni impreviste pari ad € 170.985,66, oltre IVA. Deduceva che a seguito della chiusura dei lavori avvenuta il 22.4.2005 ed in assenza di SAL e computo metrico finale, avendo ella ricevuto la fattura n. 48/2009 del 13.8.2009 con la dicitura “a saldo”, riteneva di aver assolto integralmente la propria obbligazione derivante dal contratto d’appalto. Deduceva una non corretta contabilizzazione delle opere impreviste le quali ritenute funzionali all’esecuzione dell’opera nel suo complesso, secondo le prospettazioni, avrebbero dovuto essere contabilizzate con il medesimo criterio contrattuale “ a misura” e non “a corpo” come operato dall’opposta. Evidenziava, altresì, la non operata imputazione della fattura n. 45/2007ai pagamenti eseguiti. Proponeva, infine, eccezione di inadempimento ritenendo sussistenti gravi vizi dell’opera quali infiltrazioni di acqua piovana, l’assenza di pendenza sulla terrazza e la non corretta allocazione della mattonatura non eseguita a regola d’arte, tali da rendere necessario interventi eseguiti dal altre ditte. Richiedeva, infine, l’applicazione della clausola penale espressamente pattuita tra le parti, atteso l’ingiustificato ritardo nella consegna dei lavori.
Concludeva chiedendo “Tutto ciò premesso si insiste affinché l’Ill.mo Giudice adito, contrariis rejectis, voglia così giudicare: – revocare il decreto ingiuntivo n. 158/12 emesso dall’intestato Tribunale poiché errato, ingiusto ed illegittimo per le causali indicate nella premessa del presente atto; – nel merito, accertare e dichiarare che nulla è dovuto dalla XXX Srl in liquidazione in favore della ditta YYY per i lavori eseguiti a partire dal 24 novembre 2003 ad oggi sull’immobile di proprietà della società; – nel merito, in subordine, accertare l’avvenuto pagamento da parte della XXX srl in favore della ditta YYY e per l’effetto dichiarare che nulla è dovuto alla società opposta per i lavori eseguiti a partire dal 24 novembre 2003 ad oggi sull’immobile di proprietà della società; – nel merito, in via riconvenzionale, accertare e dichiarare che la XXX srl è creditrice nei confronti della ditta individuale YYY, della complessiva somma di €uro 305.480,00 pari agli importi derivanti dai costi sostenuti per ritinteggiare parti dell’albergo (pari ad €uro 9.480,00) e all’importo delle penali per la ritardata consegna dei lavori (pari ad €uro 295.000,00) nonché all’ulteriore somma per il rifacimento della pavimentazione della terrazza e dei terrazzini delle relative pendenze e per l’allocazione della relativa mattonatura, o a quella diversa maggiore o minore somma che sarà accertata in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione monetaria; – nel merito, in estremo subordine, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenesse la XXX Srl obbligata al pagamento dell’importo richiesto in favore della ditta opposta, dichiarata la ditta YYY debitrice nei confronti dell’opponente in forza della spiegata domanda riconvenzionale, dichiarare la compensazione tra le rispettive pretese e per l’effetto condannare la ditta opposta al pagamento della somma risultante dalla differenza tra quanto preteso in via monitoria e quanto rivendicato in via riconvenzionale; – in ogni caso, condannare la opposta ditta YYY al pagamento delle spese, diritti ed onorari, oltre spese generali di studio CAP ed IVA, in favore del sottoscritto procuratori”
Con comparsa di costituzione e risposta si costituiva l’opposto YYY, contestando la domanda attorea ritenuta infondata in fatto ed in diritto e chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Deduceva in merito al termine dei lavori, che pur avendo le parti contrattualmente stabilito quale data finale il 30.6.2004, il committente opponente avendo richiesto la realizzazione di opere extracontrattuali complesse, aveva accettato la posticipazione della data di consegna, evidenziando, ad ogni modo, che l’importo della penale previsto per ciascun giorno di ritardo nella consegna dell’opera di cui all’art. 3 sarebbe di € 100,00, e non € 1.000,00 così come prospettato dall’opponente, ritenendo tale importo modificato unilateralmente e non accettato espressamente dalla ditta appaltante. Contestava specificatamente la fattura a saldo, rilevando che la fattura n. 48/2009 si riferiva al saldo dei lavori di rifacimento della Hall, alla quale seguiva a distanza di circa tre mesi, l’invio del sollecito del saldo di lavori di ristrutturazione non contestato. Quanto alla fattura 45/2007 deduceva la non contabilizzazione dall’importo residuo rilevando l’estraneità ai lavori appaltati, trattandosi del locale pizzeria come comunicato con nota del 19.10.2010. Evidenzia i continui accordi intercorsi tra le parti sui lavori extracontratto da eseguire, mai contestati dalla committente, se non successivamente alla notifica del decreto ingiuntivo opposto. Eccepiva l’intervenuta decadenza dalla denuncia per vizi di cui all’artt. 1667 e 1666 co.2 c.c.. Deduceva, infine, l’infondatezza dell’eccezione di inadempimento evidenziando che alcun inadempimento poteva imputarsi alla ditta appaltatrice, con richiesta di rigetto e conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Con provvedimento del 29.6.2013 il G.I. previo rilievo della tardività della costituzione di parte opposta, della revoca della messa in liquidazione dell’opponente, come da verbale di assemblea del 6.3.2013 depositato con le memorie II termine 183 VI co c.p.c., sospendeva la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto ed ammetteva i mezzi istruttori. La causa veniva istruita attraverso prova documentale, prova testi e CTU, all’udienza di precisazione delle conclusioni del 19.11.2020 il G.I. tratteneva la causa in decisione con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
Tutto ciò premesso, deve preliminarmente affermarsi sia la tempestività dell’opposizione proposta che della regolarità dei termini della costituzione in giudizio dell’opponente. Risulta in atti che la spiegata opposizione veniva notificata all’opposto YYY lunedì 4.6.2012, ossia il primo giorno utile dalla scadenza dei 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo n. 158/12, avvenuta il 24.4.2012, considerato che la detta scadenza ricorreva di domenica. Parimenti deve dirsi per l’ iscrizione della causa a ruolo avvenuta 4.6.2012, ossia entro 10 giorni dalla notifica dell’opposizione.
Quanto a parte opposta si osserva, come già rilevato con provvedimento del 29.6.2013, la tardività della costituzione avvenuta solo il 31.12.2012 per l’udienza fissata in citazione del 5.11.2012, conseguentemente deve dichiararsi la decadenza delle eccezioni di cui all’art. 166 e 167 c.p.c..
Nel merito della pretesa creditoria azionata, si rileva che nei fatti per cui è causa il decreto ingiuntivo opposto si fonda su fattura non pagata. Orbene, questo giudice seppur rileva come la fattura, se è sufficiente all’emissione di decreto ingiuntivo, nella successiva fase di opposizione, in cui si apre un giudizio ordinario di cognizione, non è sufficiente.
Inoltre, una volta investito della causa di opposizione, il Giudice è tenuto, anche indipendentemente dalla legittimità dell’emessa ingiunzione, a decidere sul rapporto controverso: in altre parole, poiché il giudizio di opposizione instaura un normale giudizio di cognizione, soggetto alle ordinarie regole relative all’istruzione probatoria, le eventuali insufficienze probatorie riscontrabili nella fase monitoria restano superate dall’accertamento dell’esistenza del credito, accertamento cui è possibile giungere anche in ragione dell’integrazione istruttoria di parte opposta.
Secondo giurisprudenza, infatti, costituisce prova scritta, atta a legittimare la concessione del decreto ingiuntivo a norma degli art. 633 e 634 c.p.c., qualsiasi documento proveniente non solo dal debitore, ma anche da un terzo, purché idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, anche se privo di efficacia probatoria assoluta, fermo restando che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, nel quale il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità ed efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare la insussistenza del preteso diritto (Cassazione civile, sez. I, 24 luglio 2000, n. 9685; Cassazione civile, sez. lav., 9 ottobre 2000, n. 13429, Cassazione civile, sez. I, 14 marzo 1995, n. 2924, secondo la quale “mentre prova scritta atta a legittimare la concessione del decreto ingiuntivo a norma degli art. 633 e 634 c.p.c. è qualsiasi documento proveniente dal debitore o da un terzo che abbia intrinseca legalità, purché idoneo a dimostrare il diritto fatto valere, nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità ed efficacia del decreto, così come il debitore può dimostrare l’insussistenza del preteso diritto del creditore”).
Quanto alla prova tramite fatture, esse hanno valenza esclusivamente nella fase monitoria del procedimento e non integrano, in via autonoma, nel giudizio di opposizione, piena prova del credito in esse indicato, in quanto documenti formati dalla stessa parte che se ne avvale e costituenti un mero indizio (ex multis Cass., 20 settembre 1999, n. 10160; Cass. 23 luglio 1994, n. 6879; Cass., 23 giugno 1997, n. 5573).
Orbene, ciò detto in punto di diritto, si rileva come in istruttoria sia stata raggiunta prova del dedotto rapporto tra le parti, ossia l’esecuzione dei lavori in ottemperanza al contratto di appalto sottoscritto tra le parti ed il richiamato preventivo-offerta.
Infatti, risulta provato ed incontestato il contratto di appalto del 18.11.2003, ed il preventivo-offerta sottoscritto in pari data ed ivi richiamato quale computo metrico dettagliato, ove veniva affidata alla ditta appaltante-opposta l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione del complesso alberghiero di proprietà attorea sito in Sperlonga,. Risulta incontestata, altresì, l’avvenuta esecuzione di opere extracontratto, la cui possibilità veniva espressamente pattuita tra le parti, nel preventivo allegato in atti e richiamato dal detto contratto ove veniva espressamente previsto che “i lavori non computati saranno valutati in economia”. Ciò a conferma che le parti espressamente prevedevano la possibilità di realizzare opere extracontratto connesse alla ristrutturazione pesante del complesso alberghiero. Rileva sul punto anche quanto dedotto dalla committente nel proprio atto di opposizione atteso che evidenzia di aver corrisposto somme a titolo di lavori extracontratto funzionali all’esecuzione dell’opera nel suo complesso.
Evidenzia, infatti, che in esecuzione degli obblighi contrattuali su di essa ricadenti, effettuava il pagamento dell’importo di € 308.181,00 oltre IVA a titolo di corrispettivo delle opere previste nel contratto di appalto, e dell’importo di € 170.985,66 oltre IVA a titolo di variazioni impreviste.
Orbene, anche la CTU in atti chiarisce sul punto che dall’esame dei documenti redatti dalle parti si può certamente desumere un “implicito accordo tra la ditta appaltante e ditta appaltatrice l’esecuzione delle opere extracontratto da decidere nel corso dei lavori di ristrutturazione che non possono essere qualificati come imprevisti”. Anche i testi *** e ***, escussi in udienza, confermano le medesime circostanze, riferendo di aver concluso i lavori oltre la scadenza del termine concordato a causa dell’esecuzione di altri lavori rispetto a quelli stabiliti.
Orbene, tali ulteriori lavorazioni, come accertato dal CTU incaricato, non possono certamente qualificarsi come imprevisti atteso che trattasi non di difficoltà oggettive sopravvenute nell’esecuzione dell’opera e come tali non prevedibili al momento della pattuizione contrattuale ma semplicemente di lavorazioni connesse alla realizzazione del risultato finale della ristrutturazione complessiva dell’immobile non previste espressamente del contratto di appalto per cui è causa.
Ciò detto, tali lavorazioni extra-contratto possono qualificarsi come variazioni ordinate dal committente ex art. 1661 c.c. il cui onere probatorio, gravante sull’appaltatore, risulta adempiuto.
In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente poiché, nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam“, mentre, nel secondo, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. (Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 32989 del 13 dicembre 2019), variazioni provate nei fatti per cui è causa.
Ne deriva che risulta contestato solo il quantum delle opere extacontrattuali realizzate ed oggetto del decreto ingiuntivo opposto.
Dall’esame delle evidenze documentali si rileva che il costo delle opere contrattualmente previste è stato stabilito in € 283.390,00 ( c.f.r. preventivo-offerta allegato da entrambe le parti). Venivano emesse dalla ditta opposta e pagate dalla committente le seguenti fatture per un importo complessivo pari ad € 479.166,66 oltre IVA: n. 1/2004 del 2 gennaio 2004 di €uro 25000,00 oltre IVA; n. 5/2004 del 5 marzo 2004 di €uro 25000,00 oltre IVA; n. 6/2004 del 5 marzo 2004 di €uro 25000,00 oltre IVA; n. 9/2004 del 5 aprile 2004 di €uro 27000,00 oltre IVA; n. 12/2004 del 7 maggio 2004 di €uro 10000,00 oltre IVA; n. 15/2004 del 21 giugno 2004 di €uro 30000,00 oltre IVA; n. 16/2004 del 6 luglio 2004 di €uro 25000,00 oltre IVA; n. 18/2004 del 3 agosto 2004 di €uro 40000,00 oltre IVA; n. 25/2004 del 28 settembre 2004 di €uro 35000,00 oltre IVA; n. 28/2004 del 22 novembre 2004 di €uro 20000,00 oltre IVA; n. 23/2005 del 19 settembre 2005 di €uro 30000,00 oltre IVA; n. 24/2005 del 5 ottobre 2005 di €uro 20000,00 oltre IVA; n. 10/2006 del 22 maggio 2006 di €uro 29166,67 oltre IVA; n. 11/2007 del 12 febbraio 2007 di €uro 16666,66 oltre IVA; n. 17/2007 del 10 marzo 2007 di €uro 25000,00 oltre IVA; n. 23/2007 del 7 maggio 2007 di €uro 38333,33 oltre IVA; n. 45/2007 del 20 settembre 2007 di €uro 23000,00 oltre IVA; n. 33/2008 del 30 settembre 2008 di €uro 250000,00 oltre IVA; n. 48/2009 del 13 agosto 2009 di €uro 10000,00.
Risulta, pertanto, documentato ed incontestato che la debitrice opponente procedeva al pagamento di € 479.166,66 oltre IVA, di cui solo € 283.390,00 oltre Iva a titolo di corrispettivo delle opere contrattualmente previste, la residua somma, certamente deve essere imputata a titolo di corrispettivo dei lavori extracontratto che sono stati concordati in corso d’opera tra le parti. Si osserva.
Dall’esame delle singole fatture anche se non vi è indicazione del dettaglio dei lavori eseguiti, recano nel corpo del testo informazioni determinanti l’ascrivibilità dei lavori eseguiti all’immobile sito in Corso ***, ossia al complesso alberghiero oggetto di ristrutturazione pesante di cui al contratto di appalto del 18.11.2003 e del preventivo-offerta in esso richiamato. Si rileva, tuttavia, che diversamente la fattura n. 33 del 30.9.2008 di € 25.000,00 oltre Iva, risulta riferibile alla pizzeria sita in via Torre Nibbio, non oggetto di specifica previsione contrattuale che interessa, come già evidenziato, la ristrutturazione pesante dell’albergo. Ciò fa propendere alla necessaria esclusione degli importi ivi indicati dal computo complessivo dei pagamenti eseguiti dalla committente. Tale circostanza risulta pure avvalorata dalla raccomandata a/r del 19.11.2009 inviata dalla ditta appaltatrice alla committente quale sollecito del saldo dei lavori di ristrutturazione ove viene espressamente indicato che “abbiamo volutamente lasciato fuori del conteggio finale, l’importo dei lavori eseguiti successivamente per la ristrutturazione dei locali destinati a ristorante e pizzeria, in quanto oggetto di trattativa separata e distinta dei lavori realizzati per la ristrutturazione dell’immobile adibito ad albergo”.
Orbene, ritenuto che nel computo metrico in atti non si rinviene espressa indicazione della ristrutturazione dei locali ristorante e pizzeria, non risultando neppure specifica contestazione della raccomandata del 19.11.2019 ricevuta dal debitore opponente riportante espressa esclusione degli importi di cui alla fattura n. 33 dal conteggio residuo, si può ritenere che tali somme vadano scomputate dall’importo complessivo, ai fini dell’esatta determinazione del saldo prezzo dovuto per i lavori extracontrattuali relativi alla ristrutturazione pesante dell’immobile alberghiero.
Ciò detto, soccorre sul punto, ai fini dell’esatta quantificazione delle opere oggetto di ingiunzione e contestazione la CTU depositata in atti, che questo giudice ritiene immune da censure in quanto adeguatamente motivata e tecnicamente supportata ed alle cui conclusioni aderisce.
L’Ing. ***, procede alla determinazione del valore delle opere complessivamente realizzate attraverso un confronto tra i lavori indicati dettagliatamente nel contratto di appalto e nel preventivo ivi allegato e richiamato e le opere effettivamente realizzate, procedendo alla quantificazione dell’importo dei lavori extracontratto in € 261.791,20, con un’approssimazione del 5% e concludendo nel ritenere congrua la somma azionata con il decreto ingiuntivo opposto.
A nulla rilevando le censure mosse dall’opponente in ordine alla legittimità della perizia in atti ed alla valutazione ivi effettuata.
Si osserva, infatti, che il consulente incaricato ha operato con diligenza e professionalità, rispondendo al quesito posto dal Giudice Istruttore.
Infatti il CTU dopo aver evidenziato la sommarietà ed imprecisione del computo metrico descrittivo dei lavori contrattuali, ha dettagliatamente proceduto ad un confronto tra le opere contrattualizzate e quelle realizzate con un’approssimazione determinata dalle peculiarità delle stesse lavorazioni. Ha determinato, quindi, il quantum dei lavori contrattuali il cui importo è risultato di fatto coincidente a quanto convenzionalmente stabilito tra le parti il 18.11.2003. Ha proceduto, poi alla individuazione delle lavorazioni extracontratto quantificate in € 261.791,20, evidenziando e ribadendo anche nelle note depositate in atti a seguito delle osservazioni dei consulenti di parti, la congruità del corrispettivo ingiunto con il decreto opposto.
In particolare il CTU nella determinazione dei prezzi ha tenuto conto anche degli importi concordati in sede di contratto applicando una pari riduzione ai costi determinati con riferimento ai prezzari regionali , infatti delle tre quantificazioni alternative ha ritenuto applicabile quella più bassa pari ad euro 559.879,20 rispetto a quelle degli altri due parametri ipotizzati che portavano ad un valore di € 642.858,00 e 666.708,00, in linea quindi con la originaria richiesta di decreto ingiuntivo.
Ne deriva che risulta provato il credito ingiunto per effetto della prova dell’avvenuta esecuzione delle lavorazioni extracontrattuali, riconosciute da parte opponente e di cui risulta raggiunta la prova anche nel quantum.
Deve pertanto rigettarsi la domanda azionata di opposizione a decreto ingiuntivo atteso l’accertamento della pretesa creditoria ingiunta.
Parimenti deve dirsi per l’ulteriore domanda di eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. formulata dall’Hotel XXX s.r.l..
Parte opponente ha contestato, in riconvenzionale la presenza di vizi dell’opera, derivanti da infiltrazioni di acqua piovana, posa in opera non a regola d’arte della pavimentazione della terrazza e dei terrazzini, l’assenza di pendenza ed ha eccepito, altresì, l’ingiustificato ritardo nella esecuzione dei lavori invocando all’uopo, l’applicazione della penale contrattualmente prevista. In punto di diritto, si osserva quanto segue.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale che ha trovato cristallizzazione in un noto intervento delle sezioni unite della Corte di Cassazione (Cassazione civile sez. un., sent. n. 13533 del 30 ottobre 2001) che ha risolto un contrasto in materia di inadempimento di obbligazioni e relativo onere probatorio, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisce per l’adempimento (o per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno), salvo che si tratti di obbligazioni negative, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (Cassazione civile, sez. lavoro, 9 febbraio 2004, n. 2387; Cassazione civile, sez. III, n. 28 gennaio 2002, n. 982; Cassazione civile, sez. II, 25 settembre 2002, n. 13925; Cassazione civile, sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615; Cassazione civile, sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674).
Lo stesso criterio di riparto indicato deve, tuttavia, ritenersi applicabile nel caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite, con la conseguenza che sarà il creditore agente a dover dimostrare il proprio adempimento (cfr., Cassazione civile, sez. lavoro, 9 febbraio 2004, n. 2387; Cassazione civile, sez. III, n. 28 gennaio 2002, n. 982; Cassazione civile, sez. II, 25 settembre 2002, n. 13925; Cassazione civile, sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615; Cassazione civile, sez. I, 13 giugno 2006, n. 13674).
Infine, ai sensi dell’art. 1167 c.c. 2 co. il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta.
La denuncia in argomento, secondo la giurisprudenza che questo Giudice ritiene di dover condividere, costituisce una condizione necessaria dell’azione (già Cass. 2220/79) la cui esistenza deve essere dimostrata da chi esercita l’azione (Cass. 1452/69) a condizione della tempestiva formulazione dell’eccezione di decadenza formulata dall’appaltatore. Per granitica giurisprudenza condivisa, nel contratto di appalto la decadenza del committente dall’azione di garanzia per vizi dell’opera non è rilevabile d’ufficio, ma deve essere eccepita dall’appaltatore. Infatti quest’ultimo potrebbe avere interesse a non far valere la decadenza, preferendo che in giudizio venga accertata l’assenza di vizi nell’opera eseguita. (Cassazione civile sez. II, 05/02/2013, n.2732).
Orbene, questo giudice osserva come l’eccezione di decadenza sia stata formulata dal creditore opposto nella propria costituzione depositata in giudizio tardivamente, pertanto, la parte risulta decaduta dalla formulazione delle eccezioni di cui all’art. 166 e 167 c.p.c.. Ciò detto, si rileva che non risultano provati i dedotti vizi.
Dall’esame delle evidenze documentali ed istruttorie risulta che l’opponente committente avrebbe operato una tinteggiatura di parte dell’edificio alberghiero ad opera del pittore ***. Risultano prodotte in atti le fatture n. 27 del 20.12.2010 di € 4920,00 e n. 4 del 17.2011 di € 4560,00.
Lo stesso ***, escusso come teste all’udienza del 19.5.2014, conferma di aver eseguito i lavori di sola tinteggiatura ed allo stesso tempo evidenzia di non aver costatato ristagni di acqua sul terrazzo sia d’estate che a novembre. L’assenza di ristagni, veniva confermata, pure dagli altri testi Sig.ri *** e ***, entrambi dipendenti della ditta opposta-creditrice, i quali confermano di aver constatato l’assenza di infiltrazioni o ristagni di acqua successivamente alle prove di allagamento. Dalle risultanze della CTU in atti, le cui conclusioni sono condivise da questo Giudice, in quanto immuni da censure ed adeguatamente motivate, viene rilevato che “…( omissis)…il sottoscritto ha potuto costatare un ottimo stato conservativo dell’immobile a parte qualche lieve ammaloramento della pittura di facciata solo in qualche punto, tipo sul frontalino del piccolo cornicione e sul torrino scala e delle macchie di umidità delle vecchie murature non demolite durante la ristrutturazione….”
Rileva proseguendo che “tali parti murarie avrebbero dovuto subire un trattamento di bonifica e prosciugatura con conseguente applicazione di intonaci deumidificanti ad alta traspirabilità o eventuali altri trattamenti similari…..” Rileva poi la presenza di infiltrazioni di acqua piovana in corrispondenza dei punti di raccolta e la fissazione del parapetto murario non corretta. Tuttavia conclude evidenziando che “…(omissis)..quanto all’umidità di risalita capillare su alcune parti murari del piano terra che potevano essere evitate con un particolare trattamento di deumidificazione o accorgimenti adeguati, non vi è traccia di questa lavorazione nel contratto di appalto, per cui non può essere imputato come vizio.” Ad ogni modo esclude l’imputabilità dei dedotti vizi alla ditta appaltatrice atteso che “ questi non sono da attribuire ad una errata esecuzione dei lavori di ristrutturazione eseguiti dieci anni prima, ma ad una omessa manutenzione ….(omissis)…complessivamente il lavoro di ristrutturazione è stato eseguito con cura ed attenzione da parte della Ditta appaltatrice che ha operato, visti i risultati, con diligenza e professionalità nonostante la mancanza di un dettagliato progetto esecutivo…Quanto ad eventuali vizi costruttivi si conclude che trattasi di lievi ammaloramenti derivanti da non idonea manutenzione su alcune parti dell’edificio in inquadrabili assolutamente come “vizi costruttivi” nel senso giuridico del termine e non imputabili alla Ditta Esecutrice dei lavori che ha operato, visti i risultati conseguiti, con professionalità” rilevando che tali ammaloramenti ad ogni modo non impediscono il normale godimento dell’immobile. Anche nelle successive note, depositate in atti in risposta alle osservazioni proposte dalle parti, ribadisce la non ascrivibilità dei dedotti vizi alla ditta convenuta appaltatrice rilevando che l’ uso di prodotti particolari quale l’intonaco deumidificante e prodotti simili debbono essere convenuti in fase di progettazione e specificati nel contratto di appalto, rilevando all’uopo l’assenza di tali indicazioni e lavorazioni nel contratto per cui è causa.
Evidenzia, infine, l’assenza di manutenzione addebitabile alla opponente-debitrice anche sul terrazzo di copertura.
Tali circostanze risultano pure confermate dal teste ***, figlio di una socia della proprietà alberghiera, il quale assume la presenza delle infiltrazioni determinanti gli interventi di tinteggiatura, confermando l’utilizzo delle stanze interessate e l’attualità della presenza delle dette infiltrazioni. Ciò fa certamente presumere che non essendovi in atti alcuna comunicazione antecedente al giudizio de quo relativa ai dedotti vizi, atteso il tempo trascorso dalla chiusura dei lavori avvenuta il 22.4.2005, le denunciate infiltrazioni che hanno reso necessario dei soli interventi di tinteggiatura, siano collegabili alla manutenzione ordinaria di cui ogni immobile necessita e non ascrivibili ai difetti di esecuzione dell’opera imputabili alla ditta opposta.
Ne deriva che dall’esame delle evidenze contabili ed istruttorie, pur essendo presenti ammaloramenti, questi non possono essere imputati alla Ditta esecutrice la quale, conformemente a quanto accertato dal CTU incaricato, ha eseguito le opere commissionate con diligenza e professionalità, anche in assenza di un progetto esecutivo prodromico, potendo invece gli stessi essere imputati a difetti manutentivi ascrivibili alla debitrice-opponente.
Il ritardo manutentivo in carico alla XXX s.r.l. risulta pure confermato dalle ulteriori evidenze istruttorie. Infatti a seguito della chiusura dei lavori avvenuta il 22.4.2005, così come documentalmente provato, pacificamente ammesso da parte opponente e confermato, come detto, dal teste ***, la XXX s.r.l. provvedeva ad eseguire opere di manutenzione ordinaria con la tinteggiatura a dicembre 2010, come da fattura allegata in atti del 20.12.2010 e successiva fattura n. 4 del 17.2.2011, ossia quasi cinque anni dopo la consegna dell’immobile ristrutturato.
Orbene, tale circostanza fa propendere certamente per l’assenza del requisito strutturale di tali vizi, che diversamente, avrebbero determinato la necessità di interventi pesanti a breve distanza dalla chiusura lavori, e non la sola tinteggiatura.
Non vi è prova in atti di ulteriori interventi che potrebbero far presumere una diversa imputabilità degli ammaloramenti. Infatti, parte opponente deduce solo di dover provvedere al rifacimento della terrazza. Ne deriva che, a prescindere dalla tardiva eccezione di decadenza della denuncia, tali vizi oltre a non essere provati, non risultano attribuibili alla creditrice-opposta.
Quanto, infine, all’ulteriore domanda di parte opponente di operatività della clausola penale contrattualmente prevista di ritardo dalla consegna dell’opera si osserva.
All’art. 3) del contratto di appalto le parti hanno pattuito che “ I lavori saranno ultimati entro e non oltre il 30 Giugno 2004; tale termine sarà traslato con apposito verbale di determinazione di nuovi termini, nel caso di necessaria redazione di perizia di variante e/o supplettiva. Si stabilisce una penale di euro 1.000( mille) per ogni giorno di ritardo”.
Dall’esame della documentazione in atti si evidenzia che nella copia della documentazione di fine lavori inviata al Comune di Sperlonga ( c.f.r. 6 atto introduttivo del giudizio) risulta essere stata presentata una variante per la quale veniva rilasciata autorizzazione n. 3406 del 26.5.2004, e successiva variante in concessione edilizia n. 4 del 17.1.2005.
La presentazione della variante autorizzata il 26.5.2004 di cui risulta rilasciata concessione edilizia nel gennaio 2005, comporta una volontà espressa dal committente di apportare varianti all’opera commissionata, il cui effetto è certamente quello di non ritenere vincolante il termine di consegna convenzionalmente pattuito, la cui scadenza fissata nel giugno 2004 era precedente al rilascio della concessione.
Tale circostanza risulta suffragata dalla già accertata sussistenza delle variazioni al contratto ordinate dal committente ex art. 1661 c.c..
Per granitica giurisprudenza condivisa, la realizzazione di ulteriori opere rispetto a quelle oggetto del capitolato annesso al contratto di appalto comporta il venir meno del termine di consegna e della penale per il ritardo pattuiti nel contratto, oltre che l’insussistenza di una valida causa di inadempimento contrattuale a carico dell’appaltatore. Pertanto, perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti, di comune accordo, fissino un nuovo termine. In mancanza il committente che chieda il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera deve provare le concrete ricadute pregiudizievoli subite. Infatti, la richiesta di notevoli e importanti variazioni delle opere, avanzata in corso di esecuzione dei lavori dal committente, come risulta provato nei fatti per cui è causa, comporta la sostituzione consensuale del regolamento contrattuale in essere e il venir meno del termine di consegna e della penale per il ritardo originariamente pattuiti la quale, come detto, conserva efficacia sono in caso di nuovo accordo stipulato tra le parti. (Cassazione civile sez. II, 02/04/2019, n.9152)
Sul punto giurisprudenza condivisa precisa che quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, sia stato mutato l’originario piano dei lavori, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel detto contratto, vengono meno. Pertanto, perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine, incombendo, in mancanza, al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova delle concrete ricadute pregiudizievoli subite. (Cassazione civile sez. II, 26/03/2019, n.8405). Prova che non è stata fornita dal committente opponente e ciò a prescindere dall’esame della contestazione del quantum della clausola penale, ritenuto assorbito.
Ne deriva il conseguente rigetto di tutte le domande attoree.
L’opposizione, pertanto, deve essere rigettata ed il decreto ingiuntivo opposto dichiarato definitivamente esecutivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo secondo i parametri attualmente vigenti a favore del procuratore di parte convenuta dichiarato antistatario.
Le spese di CTU sono poste definitivamente a carico di parte attrice.
P.Q.M.
Il Tribunale di Latina, definitivamente pronunciando in persona del dott. Antonio Gabrielli, ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa, così provvede:
– rigetta l’opposizione a decreto ingiuntivo e per l’effetto conferma e dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 158/2012, nei confronti di XXX s.r.l. in persona dell’amministratore p.t., – condanna la XXX s.r.l. in persona dell’amministratore p.t. al pagamento delle spese di lite in favore dell’avv. YYY, che liquida in € 1.500,00 per la fase introduttiva, € 1.000,00 per la fase di studio, € 2.500,00 per la fase istruttoria e € 3.000,00 per la fase decisoria, oltre a iva, spese generali e c.p.a. da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario,
Dispone che le spese di CTU siano poste definitivamente a carico di parte attrice opponente, così come liquidate , con rimborso alla controparte delle stesse se ed in quanto dalla stessa anticipate in tutto od in parte.
Latina, 28 febbraio 2023
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.