REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SESTA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 9409/2018 pubblicata il 26/09/2018
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. promossa da:
XXX (C.F.), con il proc. dom. avv.
parte attrice
contro
YYY (C.F.), con il proc. dom. avv.
parte convenuta
CONCLUSIONI
Per parte attrice:
Nel merito:
1) Accertare e dichiarare:
a) la nullità delle clausole del contratto per cui è causa su indicate essere nulle (e in special modo delle clausole 2, 3, 12 e 13), in toto o, in via gradata, nelle parti che contengono la previsione degli interessi in misura ultralegale, la previsione di un tasso minimo a vantaggio della parte mutuante, accertandosi altresì, la debenza degli interessi legali (o in via gradata quelli di cui all’art. 5 L. 154/1992), in luogo di quelli applicati al rapporto di mutuo dedotto in giudizio unilateralmente dalla convenuta e dai suoi danti causa, nonché la non debenza di interesse nei su indicati periodi nei quali è stato superato il tasso soglia di cui alla L. 108/96;
b) l’inefficacia e/o l’invalidità e/o la nullità delle clausole 2, 3, 12 e 13 per mancata specifica approvazione di esse da parte dei contraenti deboli, ovverosia i mutuatari, e che dette clausole sono vessatorie;
c) l’inefficacia e/o l’invalidità e/o la nullità della previsione di anatocismo riconnessa alla previsione di piano di ammortamento alla francese.
2) Condannare la convenuta, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, a pagare all’attore la somma di € 90.257,96 (o quell’altra somma maggiore o diversa di giustizia), nonchè al ristoro del danno morale conseguito alla violazione della L.108/1996 e dell’art. 644 c.p. nella misura che sarà determinata in via equitativa dal Giudice.
Il tutto oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme rivalutate da ogni singola somma dovuta al saldo effettivo.
3) Con vittoria delle spese di lite, ivi comprese quelle generali. In via istruttoria:
4) Senza con ciò voler assumere oneri probatori che non competono, ammettere prova per interrogatorio formale del legale rappresentante della convenuta e per testimoni sui capitoli sub nn. 2 (escluso il 2° capoverso), 7 (sino alla parola talchè, questa esclusa) e 8 dell’espositiva del presente atto, qui come trascritti, preceduti dalla dizione “Vero che”, rammostrandosi ai testi i documenti in essi indicati ed espungendo eventuali locuzione equitative (salvo il caso in cui la valutazione sia inscindibile dal
fatto).
5) Senza con ciò voler assumere oneri probatori che non competono, ammettere CTU contabile volta a ricostruire i rapporti di dare ed avere tra le parti del presente procedimento con riferimento al rapporto di mutuo dedotto in giudizio e, segnatamente, determinare le somme corrisposte oltre al dovuto dall’attore alla convenuta. Ciò avuto riguardo alle deduzioni ed alle eccezioni svolte col presente atto e che saranno svolte in atti.
Testimoni (su tutti i capitoli):
***; riserva.
Per parte convenuta: in via preliminare:
dichiarare prescritta la domanda avversaria con riferimento a qualsivoglia pagamento anteriore al marzo del 2006. Quanto alla domanda risarcitoria dichiararla totalmente prescritta.
In subordine e nel merito: rigettare le domande di cui all’atto di citazione in quanto a qualsivoglia titolo infondate in fatto e diritto ed indimostrate. Rigettare in ogni caso qualsivoglia pretesa restitutoria di importi che non sono dovuti e che si contestano nell’an e nel quantum.
Rigettare altresì ed in ogni caso qualsivoglia domanda risarcitoria in quanto inammissibile, infondata e non provata.
In ogni caso con vittoria delle spese di lite.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato XXX conveniva in giudizio la YYY, al fine di ottenerne la condanna alla restituzione di somme pagate in eccedenza in forza di un contratto di mutuo ipotecario.
L’attore in particolare esponeva:
– che il 23.11.1992 stipulava assieme a *** un contratto di mutuo ipotecario con *** s.p.a.;
– che il contratto prevedeva l’erogazione della somma di lire 100 milioni, da restituirsi in 180 rate mensili di pari importo;
– che il contratto prevedeva un tasso di interesse per la sola prima rata del 15,715%;
– che per le rate successive prevedeva una formula di calcolo del tasso di interesse assolutamente indeterminata e indeterminabile, essendo suscettibile di diverse interpretazioni;
– che il contratto prevedeva altresì la facoltà per il mutuatario dopo tre anni di ottenere la conversione del tasso originariamente riferito all’E.C.U. con un tasso riferito alla Lira;
– che anche per tale ipotesi era stato previsto un tasso di interesse indeterminato, con un riferimento non meglio precisato al tasso variabile in vigore per la mutuante;
– che il contratto non esponeva il TAEG e l’ISC;
– che la nullità della pattuizione del tasso di interesse ultralegale travolgeva anche la previsione del tasso minimo del 12% previsto in contratto;
– che, in ogni caso, la previsione di un tasso floor introduceva nel contratto un derivato, senza che la banca avesse ottemperato alle disposizioni dettate in materia di intermediazione finanziaria;
– che era stato applicato in costanza di rapporto un tasso di interesse superiore al Tasso Soglia in materia di usura;
– che il piano di ammortamento alla francese implicava l’applicazione di interessi anatocistici nascosti;
– che, in forza di un accordio interno tra i mutuatari, tutti gli oneri derivanti dal contratto di mutuo erano stati sostenuti dal solo attore;
– che, per effetto di cessioni del contratto, il mutuo era passato nella disponibilità dell’odierna convenuta.
Si costituiva ritualmente in giudizio la YYY, contestando quanto ex adverso dedotto e, in particolare, evidenziando come il tasso di interesse indicato in contratto non fosse riferito alla sola prima rata, come sostenuto da parte attrice.
Il giudice disponeva consulenza tecnica di ufficio di tipo contabile e, all’esito, rinviava all’udienza del 29.5.2018 per la precisazione delle conclusioni; adempiuto detto onere processuale, la causa era trattenuta in decisione, previo deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica ad opera di entrambe le parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda attorea è fondata e, pertanto, merita di trovare accoglimento nella limitata misura che si indica.
Parte attrice, infatti, ha contestato sotto plurimi profili l’indeterminatezza e indeterminabilità del tasso di interesse pattuito con il contratto di mutuo, ritenendo che le clausole riguardanti il tasso applicabile a partire dalla seconda rata fossero equivoche nella loro formulazione, piuttosto che oggettivamente indeterminato fosse il tasso di interesse previsto per il caso di esercizio della facoltà di conversione del tasso di riferimento dall’E.C.U. alla Lira.
Orbene, deve osservarsi come, sotto il primo profilo di contestazione dell’indeterminatezza del rapporto, erra parte attrice là dove attribuisca il tasso di interesse esplicitato in contratto alla sola prima rata; come correttamente precisato dalla convenuta, tale tasso di interesse attiene all’intero rapporto, salva la variazione dello stesso a partire dalla seconda rata per effetto del parametro di indicizzazione pattuito nelle clausole successive.
La censura di parte attrice, viceversa, risulta insuperabile con riferimento al secondo profilo sopra evidenziato, ossia la previsione del tasso di interesse applicabile in caso di esercizio della facoltà di conversione del contratto dall’E.C.U. alla Lira; in tale ipotesi, infatti, viene prevista l’applicazione di un tasso di interesse non precisato, ma individuato attraverso un generico riferimento ai tassi in vigore per la stessa finanziaria.
Trattasi di un rinvio assolutamente generico e non determinabile, del tutto equivalente al richiamo agli “usi su piazza” all’epoca frequentemente utilizzato nei contratti bancari, secondo una tecnica negoziale pacificamente riconosciuta come inammissibile, con conseguente nullità delle relative clausole per la loro indeterminatezza e indeterminabilità.
Parte convenuta ha replicato in proposito, affermando come la facoltà di conversione del contratto non fosse stata esercitata dal mutuatario e che il cambio di valuta di riferimento era intervenuto a seguito della sostituzione della valuta europea, con l’introduzione dell’Euro.
Sennonchè deve osservarsi come la pattuizione del tasso di interesse nel contratto in questione risulti formulata in forma complessa, ripartita in diverse clausole, ma tutte riconducibili a una unica previsione negoziale, sia pure articolata, con l’effetto che la previsione di un tasso, ricollegato a una delle variabili contrattualmente contemplate, che sia viziata da oggettiva indeterminatezza, è tale da comportare la nullità dell’intera pattuizione in punto di interessi e, quindi, di tutte le clausole in cui tale pattuizione si è sviluppata.
Ciò comporta, quale conseguenza, la necessità di rimodellare il piano di ammortamento del contratto secondo il tasso sostitutivo, nella formulazione della fattispecie normativa vigente all’epoca di perfezionamento del contratto.
Per effetto del combinato di cui all’art.11 preleggi e dell’art.161 n.6 TUB il tasso sostitutivo di cui all’art.117 TUB deve essere determinato in relazione al tasso nominale minimo dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto, secondo quanto all’epoca previsto dalla Legge 154/1992.
Per tale ragione si ritiene di dover fare propria l’ipotesi identificata sub 1 contenuta nell’elaborato peritale redatto dal consulente tecnico nominato dall’ufficio, in quanto rispondente alle premesse sopra indicate e comunque da condividersi, essendo scevra da palesi errori o incongruenze.
Ne consegue che, rimodulato di conseguenza il piano di ammortamento, la parte mutuataria risulta avere corrisposto in eccedenza a titolo di interessi la somma di euro 18.537,65, importo di cui parte convenuta va condannata alla restituzione, oltre agli interessi secondo il tasso legale ex art. 2033 c.c. dal 25.3.2016 (data della domanda) al saldo.
Detto importo, viceversa, non va maggiorato di rivalutazione monetaria, non avendo parte attrice provato e, per la verità, neppure allegato la mala fede dell’accipiens.
La pretesa creditoria di parte attrice non può, infatti, essere contenuta per effetto dell’eccepita prescrizione del relativo diritto, considerato come il carattere unitario dell’obbligazione restitutoria discendente da un mutuo, sia pure frazionata nel tempo per effetto della pattuita rateizzazione, comporta che il termine prescrizionale decorra solo dalla data di esaurimento del rapporto e, quindi, nel caso di specie dal 15.12.2007; avendo parte attrice instaurato il presente giudizio nel 2016, non risulta decorso il termine ordinario decennale di prescrizione del diritto esercitato.
Va, ancora osservato come le ulteriori difese articolate da parte attrice, non suscettibili di essere considerate assorbite dalla pronuncia sopra esposta, non possono essere condivise.
Ciò valga, in primo luogo, per la censura riguardante la mancata esposizione in contratto del TAEG/ISC, considerato come la relativa previsione a livello di normazione primaria e secondaria sia intervenuta successivamente alla stipula del mutuo oggetto di causa.
Ciò valga, in secondo luogo, per l’infondatezza della prospettazione relativa all’inserimento nel contratto di mutuo di un derivato implicito, rappresentato dall’introduzione di un interesse floor nell’ambito della pattuizione del tasso di interesse variabile, con conseguente violazione della disciplina specifica dettata in materia di intermediazione finanziaria ex artt. 21 e seguenti del T.U.F. Sul punto è sufficiente rilevare come con tale pattuizione le parti abbiano semplicemente contenuto la variabilità al ribasso dei tassi di interesse, senza in alcun modo concordare uno scambio di flussi finanziari discendenti dall’andamento di un indice esterno dal quale dipende il conteggio dei differenziali, quale è la natura e la struttura propria dei contratti in derivati.
Ciò valga, ancora, in ordine all’eccezione secondo cui i tassi di interesse pattuiti con il contratto di mutuo sarebbero divenuti usurari in costanza del rapporto di durata pattuito dalle parti.
Tale ipotesi sopravvenuta di usura rispetto al momento della stipula del contratto deve, infatti, oggi ritenersi definitivamente superata in seguito alla definizione del contrasto giurisprudenziale sul punto esistente avvenuta con la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 24675/2017, la quale ha chiarito come la disciplina dell’usura, articolata nell’art. 644 c.p. e nell’art. 1815 II c. c.c., presupponga la nozione di usura data dalla norma penale, per cui, avendo l’art. 1 del D.L. 394/2000 dato rilievo ai fini dell’applicabilità dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815 II c. c.c. al solo momento della pattuizione, ciò comporta che in caso di usura sopravvenuta (sia per pattuizione antecedente all’entrata in vigore della L. 108/96, sia per pattuizioni originariamente infra soglia e divenute ultra soglia solo in costanza di rapporto) la clausola di pattuizione degli interessi non sia nè nulla nè inefficace e che la pretesa al pagamento di tali interessi non è di per sè contraria a buona fede e a correttezza, salvo particolari modalità o circostanze di escussione nel caso di specie neppure prospettate.
Ciò valga, per ultimo, in relazione alla contestazione incentrata sulla predisposizione del piano di ammortamento “alla francese”, ossia mediante la previsione della restituzione delle somme mutuate attraverso il pagamento di rate di importo costante, ciascuna delle quali composta da una quota di capitale e una di interessi, con previsione che nella parte iniziale del rapporto la quota di interessi inserita nella rata sia prevalente rispetto al capitale e che il rapporto fra tali due componenti vada progressivamente a invertirsi con le rate successive, mediante un aumento costante della quota capitale e corrispondente riduzione della quota di interessi.
Orbene, a detta dell’attrice tale modalità di ammortamento nasconderebbe inevitabilmente una prassi anatocistica non pattuita e illegittima, in quanto contrastante con il dettato di cui all’art. 1283 c.c., implicando di fatto l’addebito di interessi a un tasso complessivo maggiore rispetto a quello pattuito.
Tale doglianza, che richiama alcuni isolati precedenti giurisprudenziali, nasce da un equivoco nella scomposizione della struttura dei contratti di mutuo con ammortamento alla francese, in quanto tale sistema matematico di formazione delle rate risulta in verità predisposto in modo che in relazione a ciascuna rata la quota di interessi ivi inserita sia calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato.
Per le ragioni esposte, pertanto, la domanda attorea può trovare accoglimento nella misura sopra indicata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi euro 5.728,40, oltre i.v.a. e c.p.a., di cui euro 675,00 per spese generali ed euro 553,40 per rimborso spese.
A carico della convenuta vanno poste in via definitiva anche le spese di c.t.u., liquidate in complessivi euro 3.800,00, oltre i.v.a. e previdenza e oltre euro 69,00 per rimborso spese.
P.Q.M.
Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza disattesa:
– in accoglimento della domanda proposta da XXX nei confronti di YYY, dichiara la nullità delle clausole contenute nel contratto di mutuo ipotecario oggetto di causa riguardanti la pattuizione dei tassi di interesse;
– condanna, per l’effetto, la convenuta a pagare all’attore la somma di euro 18.537,65, oltre agli interessi secondo il tasso legale dal 25.3.2016 al saldo;
– condanna la convenuta a rifondere l’attore delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 5.728,40, oltre i.v.a. e c.p.a., di cui euro 675,00 per spese generali ed euro 553,40 per rimborso spese
– pone definitivamente a carico della convenuta le spese di c.t.u. liquidate in complessivi euro 3.800,00, oltre i.v.a. e previdenza e oltre euro 69,00 per rimborso spese
Così deciso in Milano il 26 settembre 2018
Il giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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