REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Firenze III sezione civile in composizione monocratica, in persona del dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._2539_2024_- N._R.G._00009858_2021 DEL_01_08_2024 PUBBLICATA_IL_01_08_2024
nella causa civile iscritta al n. 9858/2021 R.G.A.C., avente ad
oggetto:opposizione a decreto ingiuntivo,
vertente TRA in proprio e quale legale rappresentante di elettivamente domiciliato in Firenze presso lo studio dall’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di mandato allegato all’atto di citazione;
OPPONENTI rappresentata da in persona del procuratore speciale, elettivamente domiciliata presso l’avv. N. P. COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di mandato allegato alla comparsa di costituzione;
OPPOSTO
CONCLUSIONI
Parte opponente:
revocare e/o comunque dichiarare nullo ed inefficace il decreto ingiuntivo n° 2471/2021 opposto nei confronti del sig.
e di con ogni consequenziale pronuncia di ragione e di legge.
Con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Parte convenuta:
in via preliminare dichiarare la inammissibilità e/o improponibilità dell’opposizione spiegata dalla in quanto fideiussore a prima richiesta e senza eccezioni e, per l’effetto, dichiarare il decreto ingiuntivo n. 2471/2021 del Tribunale di Firenze, emesso nel giudizio iscritto al n. di r.g. 4194/2021 definitivamente esecutivo nei suoi confronti.
Nel merito, rigettare con qualunque statuizione le domande, le eccezioni e richieste avversarie, in quanto inammissibili e/o infondate in fatto e in diritto e per l’effetto confermare il decreto ingiuntivo opposto;
In subordine, emettere sentenza dichiarativa e/o costitutiva che accerti il credito vantato da minore o maggiore rispetto a quello indicato nell’opposto decreto ingiuntivo.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato nella duplice qualità sopra indicata di fideiussore e legale rappresentante della società debitrice principale, ha proposto tempestiva opposizione al decreto della somma di euro 128.535,28, quale saldo passivo in relazione al contratto di finanziamento n. NUMERO_DOCUMENTO.
Lamentava che:
– il contratto di finanziamento sottoscritto in data 18-4-2014 per la somma di euro 187.000,00 doveva ritenersi invalido essendo stato chiesto alla banca con il solo scopo di trasformare l’esposizione del c/c n. 11707/80 in operazione a medio-lungo termine, e tale finalità determinerebbe la nullità del finanziamento per mancanza di traditio delle somme mutuate;
– il saldaconto ex art. 50 TUB allegato al monitorio non rivestirebbe efficacia probatoria nel giudizio di opposizione;
– la garanzia fideiussoria sarebbe nulla per violazione del divieto di intese concorrenziali di cui all’art. 2 L. n. 287/1990, come rilavato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005.
In particolare, evidenziava il rilievo della nullità relativa alla clausola n. 6 della fideiussione, dato che l’ingiungente non aveva agito nei confronti del debitore principale nei termini di cui all’art. 1957 c.c. (comunicazione della decadenza dal beneficio del termine in data 5-6-2019, azione giudiziale nei confronti di solo nel 2021).
Si è costituita quale cessionaria del credito in forza di contratto intercorso con Monte dei Paschi di Siena, affermando che:
– la traditio della somma era avvenuta, stante quanto previsto nell’art. 3 del contratto di finanziamento e in ragione del fatto che la costituzione presso la banca mutuante di un deposito cauzionale infruttifero intestato alla mutuataria concretizzava una effettiva erogazione della somma, realizzando quella piena disponibilità giuridica in capo al mutuatario considerata equivalente alla traditio materiale della somma;
– il finanziamento era valido anche se avente uno scopo diverso dalla liquidità;
– la garanzia prestata in realtà non costituiva una fideiussione ma un contratto autonomo di garanzia, stante il contenuto dell’art. 7:
“il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio..
”;
egli si era in particolare obbligato “a pagare il beneficiario, senza opporre eccezioni in ordine alla validità e/o efficacia del rapporto di base”;
– in ogni caso, la nullità della fideiussione sarebbe stata parziale e non totale, come ormai affermato dalla Suprema Corte (SU Cass. 30- 12-2021 n. 41994);
– anche l’eccezione di decadenza non sarebbe fondata essendo stata trasmessa ai debitori apposita comunicazione già nel luglio del 2019, dunque ben prima della scadenza del termine di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c..
Si è poi costituita in giudizio riportandosi a tutte le contestazioni e difese già avanzate dalla cedente e dando atto di essere succeduta, a titolo particolare, nei rapporti giuridici attivi e passivi già di titolarità di ivi incluso il rapporto giuridico oggetto di causa, in forza di contratto di cessione del 31-3-2022, come da avviso pubblicato su GU n. 42 del 12-4-2022.
Esperito con esito negativo il tentativo di mediazione, sulla scorta di una istruttoria documentale, precisate le conclusioni all’udienza del 7-5-2024, la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di conclusionali e repliche.
****** Tanto premesso l’opposizione è fondata e va accolta, quanto al fideiussore, mentre è invece infondata e va respinta quanto alla società debitrice principale.
Va innanzitutto premesso che non è contestata la titolarità del credito in capo ad e poi, in forza di ulteriore successione nel credito, alla odierna opposta la parte opponente ha mai contestato in modo specifico, in realtà, l’esistenza (salvo quanto si dirà di seguito) ed entità del credito azionato in sede monitoria.
Si è, infatti, limitata ad affermare genericamente che il saldaconto ex art. 50 TUB non assume valenza probatoria nella fase del giudizio di opposizione, laddove è onere della parte opposta provare il proprio credito.
Ciò è certamente vero ma è anche vero che l’onere della prova incombente sulla parte opposta va commisurato alla entità, specificità e tipologia delle contestazioni effettuate dalla parte opponente, nel caso di specie inesistenti o quanto meno del tutto generiche, e in ogni caso la banca non si è in realtà limitata a produrre in sede monitoria un saldo-conto ma ha prodotto un estratto conto completo del rapporto di mutuo, con indicazione dei singoli ratei non pagati, senza che la parte opponente abbia, come detto, mai assunto posizione al riguardo. Ciò premesso l’unico motivo di opposizione proposto sia dal debitore principale che dal fideiussore opponente è quello relativo alla ritenuta invalidità del contratto di finanziamento n. 741663308/47, in ragione dell’avvenuto utilizzo di somme da parte dell’istituto di credito per ripianare la pregressa esposizione del correntista, con contestuale costituzione in favore della banca di una garanzia reale.
Ciò costituirebbe a dire degli opponenti un’operazione meramente contabile in dare e avere sul conto corrente non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l’avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario, ma determinerebbe gli effetti di un pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l’adempimento.
Ciò senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista, posto che nei contratti di mutuo solutorio non si rintraccia in genere alcuna espressa e inequivoca volontà di estinguere l’obbligazione precedente.
In effetti dalla premessa del contratto di finanziamento si evince che “la parte mutuataria ha chiesto alla banca un finanziamento da destinare a trasformazione della esposizione del cc n. NUMERO_DOCUMENTO in operazione a m/l termine”.
E che “la banca è disposta a concedere il finanziamento richiesto dalla parte mutuataria da destinare allo scopo di cui sopra”.
Trattasi dunque della figura del c.d “mutuo solutorio”, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante.
Esso tuttavia, alla stregua dell’orientamento prevalente (da ultimo Cass. n. 23149 del 2022, ma v. Cass. n. 37654 del 30-11-2021, Cass. n. 724 del 2021, Cass. n. 16377 del 2023) non è nullo – in quanto non contrario né alla legge, né all’ordine pubblico – e non può essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l’estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa Del resto il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo non rilevando, a detto fine, che sia previsto l’obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante (Cass. n. 5193 del 1991; Cass. n. 1945 del 8-3-1999).
Infatti ai fini del perfezionamento del contratto non è come noto necessaria la materiale e fisica traditio del denaro nelle mani del mutuatario, essendo sufficiente il conseguimento della disponibilità giuridica (Cass. n. 5654 del 2023, Cass. n. determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione al patrimonio di quest’ultimo ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma per soddisfare un interesse del primo. Come appunto avvenuto nel caso di specie laddove – ed è questo il profilo dirimente – è la stessa società debitrice ad aver dato volontariamente (per quanto risulta) uno specifico incarico alla banca circa le proprie volontà di utilizzo delle somme mutuate:
“la banca consegna la somma di euro 187.000,00 alla parte mutuataria che rilascia, con la sottoscrizione del presente contratto, ampia e liberatoria (e tale quietanza, vale ricordare, rappresenta una confessione stragiudiziale ex art. 2735 c.c.:
Cass. n. 544 dell’11-1-2023).
La parte mutuataria incarica la banca di custodire la somma in un deposito cauzionale infruttifero presso la banca stessa, fino a quando, a giudizio della banca, la parte mutuataria non abbia fornito la prova che sono state adempiute tutte le condizioni convenute nel presente contratto, con particolare riferimento a quelle indicate nel successivo art. 5”.
In relazione a tale ultimo profilo, la Suprema Corte ha appunto evidenziato che la costituzione presso la banca di un deposito cauzionale infruttifero intestato alla mutuataria, destinato ad essere svincolato all’esito dell’adempimento degli obblighi e alla realizzazione delle condizioni contrattuali, si considera come effettiva erogazione della somma da parte della mutuante, perché la costituzione del deposito realizza la piena disponibilità giuridica delle somme, equivalente alla traditio materiale di essa (Cass. n. 25632/2017). Infatti, con il deposito cauzionale il mutuatario costituisce in favore del mutuante una garanzia provvisoria atipica per le obbligazioni accessorie assunte a presidio finale di un obbligo restitutorio, già formalmente sorto in ragione del giuridico transito delle somme dalla disponibilità di una parte (la banca) all’altra (il mutuatario).
In ragione di quanto sopra, l’opposizione proposta dal debitore principale va respinta.
Quanto, invece, alla posizione di risulta documentalmente che egli, in data 5-9-2006, si sia costituito fideiussore in favore di *** (v. doc. 3 monitorio) “per l’adempimento delle obbligazione verso codesta banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, già consentite o che venissero in seguite consentite al predetto nominativo o a chi gli fosse subentrato…la fideiussione garantisce inoltre qualsiasi altra obbligazione che il debitore principale si trovasse in qualunque momento ad avere verso codesta banca in relazione a garanzie già prestate o che venissero prestate dallo stesso debitore a favore di codesta banca nell’interesse di terzi…”.
Trattasi dunque di fideiussione omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della cd. clausola estensiva obbliga il fideiussore per tutti i debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto entro un limite massimo predeterminato, ai sensi dell’art. 1938 c.c., e non di contratto autonomo di garanzia, come invece ritenuto dalla società creditrice.
Infatti se pur vero che la presenza di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale (Cass. n. 19736 del 2011, Cass. SU n. 3947 del 2010), vi è da rilevare che nonostante all’art. 7 si precisi che “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione al debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio…”, nel caso di specie il limite alla possibilità di proporre (art. 9: “nessuna eccezione può essere opposta dal fideiussore riguardo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di recedere dai rapporti col debitore”).
Nessuna traccia vi è, in particolare, nel contratto, della clausola riportata dalla opposta, secondo cui il contratto prevederebbe che il fideiussore si sarebbe obbligato “a pagare il beneficiario, senza opporre eccezioni in ordine alla validità e/ o efficacia del rapporto di base”.
Essendo, dunque, l’impossibilità di proporre eccezioni limitata al solo profilo relativo al momento in cui la banca esercita la sua facoltà di recesso, non può parlarsi nel caso di specie di un contratto autonomo di garanzia, ma si è invece in presenza di una fideiussione (come, del resto, da intestazione del contratto).
In relazione al predetto contratto è stata eccepita la nullità, totale o parziale, di esso per violazione del divieto di intese concorrenziali di cui all’art. 2 L. n. 287/1990, come rilevato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005.
Essendo la fattispecie in esame (contratto risalente all’anno 2006) sussumibile nella cornice astratta cui si riferiva l’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia nell’anno 2005 (per cui l’accertamento in questione assume valenza di prova privilegiata circa l’esistenza dell’intesa anticoncorrenziale) e prevedendo in effetti, agli artt. 2, 6 e 8, clausole corrispondenti al modello ABI, dichiarate illegittime dalla Banca d’Italia col citato provvedimento, si pone dunque il problema di individuare le conseguenze e i possibili riflessi, sul contratto di fideiussione, della violazione del divieto di intese anticoncorrenziali, di cui sono espressione dette clausole.
Sul punto è ormai noto che i contratti di fideiussione “a valle” di intese dichiarate parzialmente nulle dall’autorità garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2 comma 2, lett. a) della l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono da ritenersi parzialmente nulli ai sensi degli artt. 2 comma 3 della legge citata e 1419 c.c., in relazione cioè alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata – perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti (Cass. SU n. 41994 del 2021). Nel caso di specie è da escludersi che la nullità delle singole clausole si estenda all’intero contratto di fideiussione non risultando che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (art. 1419 c.c.), e ciò del resto non è stato neppure mai dedotto dalla parte opponente.
Pertanto il contratto di fideiussione stipulato dall’opponente è valido, con la sola esclusione delle citate clausole n. 2, 6 e 8. A questo riguardo assume rilievo in particolare la nullità della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. (“il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”), visto che l’opponente ha tempestivamente eccepito la decadenza dell’opposta dalla possibilità di escutere la garanzia fideiussoria, stante il decorso del termine semestrale. È infatti incontestato, e costituisce comunque una circostanza documentata, che l’azione della banca sia stata proposta oltre il termine semestrale dalla scadenza dell’obbligazione principale.
Infatti, nonostante la banca abbia trasmesso lettera di diffida e decadenza dal beneficio del termine in data 25-7-2019 (v. L’istanza del creditore deve essere necessariamente giudiziale e cioè il ricorso ad un mezzo di tutela processuale volto ad ottenere, in via di cognizione o esecutivamente, secondo le forme e nei modi di legge, l’accertamento e il soddisfacimento delle pretese del creditore, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato.
Pertanto, non costituisce valida istanza ex art. 1957 c.c. la mera notifica di un atto stragiudiziale, e neppure il precetto notificato dal creditore, ma non seguito dall’esecuzione (Cass. n. 1724/2016).
Accertata dunque, incidentalmente, la nullità parziale della fideiussione quanto alla clausola di cui all’art. 6, e dichiarata la decadenza della banca dalla possibilità di escutere la garanzia, il decreto ingiuntivo va senz’altro revocato limitatamente alla posizione del fideiussore.
Le spese di giudizio vanno compensate tra la opposta e la società debitrice principale, stante la evidenziata esistenza di contrasti giurisprudenziali in merito alla questione relativa al cd.
mutuo solutorio (la questione è stata di recente rimessa alle sezioni unite con ordinanza n. 18903 del 2024).
Con riferimento, invece, alla posizione del fideiussore le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue, tenuto conto dell’assenza di una fase propriamente istruttoria e della difesa congiunta di due parti, una delle quali risultata soccombente.
Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede:
Rigetta l’opposizione proposta da e per l’effetto conferma, per tale parte, il decreto ingiuntivo opposto;
revoca il decreto ingiuntivo n. 2471/2021 – R.G. 4194/2021 -, emesso dal Tribunale di Firenze, limitatamente alla posizione di n proprio;
rigetta la domanda di pagamento proposta nei confronti di n proprio;
compensa le spese del presente giudizio tra condanna la società opposta al pagamento delle spese di lite in favore di in proprio, che liquida in euro 8.000,00 (di cui € 200,00 per esborsi), oltre RSG, IVA e CPA come per legge.
Firenze, il 1-8-2024 Il giudice dott. NOME COGNOME
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