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Verbale di accertamento ispettivo, impugnabilità

Verbale di accertamento ispettivo, non è suscettibile di autonoma impugnabilità in sede giurisdizionale.

Pubblicato il 05 April 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Sentenza n. 857/2023 pubblicata il 21/03/2023

 

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari, dott. , nella presente controversia tra

XXX S.R.L.S. in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’assistenza e difesa degli avv.ti; e

ISPETTORATO TERRITORIALE DEL LAVORO DI BARI in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’assistenza e difesa dei dott.ri;

a seguito dell’udienza del 21.03.2023, al termine della discussione, ha emesso la seguente sentenza:

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’opposizione spiegata avverso le risultanze del verbale di accertamento per obbligazione contributiva n. BA00002/2021090-06 emesso dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Bari in data 20.01.2022 e notificato in data 25.02.2022 deve essere dichiarata inammissibile per le motivazioni di seguito illustrate.

Deve essere osservato che il suddetto verbale, redatto dai funzionari dell’ente resistente, a seguito della conclusione degli accertamenti iniziati con l’accesso del 2.10.2020, ha accertato a carico della società ricorrente: a) gli estremi della sanzione dell’art. 3, comma 3 del d.l. 12/2002 conv. in l. 73/2002 per avere impiegato i lavoratori subordinati ivi indicati senza preventiva comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro; e b) gli estremi della sanzione dell’art. 18, comma 5 bis, d.lgs. 276/2003 per avere la società ricorrente utilizzato i lavoratori ivi elencati a seguito di pseudo-appalto (privo, dunque, dei requisiti di cui all’ articolo 29, comma 1, d.lgs. 276/2003) posto in essere sia con la società *** soc. coop. sia con la società *** soc. coop..

Orbene, nella presente fattispecie è pacifico che non sia stata ancora emessa alcuna ordinanzaingiunzione e che peraltro si sia ancora in attesa della convocazione ai fini della domandata audizione difensiva in contraddittorio.

A fronte di tanto deve essere ribadito il consolidato principio ermeneutico per cui “in tema di opposizione a sanzioni amministrative, il verbale di accertamento ispettivo (…) non è suscettibile di autonoma impugnabilità in sede giurisdizionale, trattandosi di atto procedimentale inidoneo a produrre alcun effetto sulla situazione soggettiva del datore di lavoro, la quale viene invece incisa soltanto quando l’amministrazione, sentite eventualmente le contrarie ragioni dell’interessato, determina l’entità della sanzione e, a conclusione del procedimento amministrativo, la infligge con l’ordinanza ingiunzione, dovendosi ritenere che solo da tale momento sorga l’interesse del privato a rivolgersi all’autorità giudiziaria (Cass. 12 luglio 2010, n. 16319, Cass. 10 maggio 2010, n. 11281; Cass. 30 agosto 2007, n. 18320)” (si veda Cass. civ., Sez. Lav., 32886/2018).

Il condivisibile orientamento ermeneutico in argomento ha anche specificato che “la disciplina è dunque diversa da quella speciale e tipica prevista dal codice della strada, ove è pacifica l’opponibilità in sede giudiziale già del verbale di accertamento (ora, v. art. 7 d. lgs. 1 settembre 2011, n. 150), ma ciò in quanto atto che, in mancanza di impugnativa amministrativa o giudiziale è destinato a divenire, esso stesso, titolo esecutivo, come non accade nel sistema generale della L. 689/1981, ove il verbale e l’atto di contestazione sono solo elementi prodromici rispetto alla successiva, ed eventuale, adozione dell’ordinanza ingiunzione, che soltanto costituisce titolo esecutivo; né può dirsi che la normativa, così impostata solleciti in alcun modo dubbi di legittimità costituzionale, sotto il profilo della ragionevolezza (art. 3) o dei diritti di difesa (art. 24) ed al giusto processo (art. 111 Cost.), in quanto semmai le garanzie per l’interessato ricevono una ancora maggior tutela, data dal fatto che in esito (o contestualmente) al verbale, deve procedersi alla contestazione delle infrazioni, la quale apre una fase di possibili difese e valutazioni in sede amministrativa, da cui potrebbe anche derivare la rinuncia della PA. rispetto alla pretesa sanzionatoria; avverso l’ordinanza ingiunzione sono poi ammesse piene tutele cautelari (v. ora, art. 5 e 6, co. 7, d. Igs. 150/2011 cit.) e di merito, nell’an e nel quantum, e quindi non vi è proprio alcuna compressione dei diritti del soggetto privato” (si veda ancora Cass. civ., Sez. Lav., 32886/2018).

Sotto altro versante è inconferente ai presenti fini il richiamo alla giurisprudenza formatasi (si veda ad es. Cass. n. 22724/2013) in ordine alla impugnabilità delle risultanze dei verbali di accertamento relativi a contributi o premi non versati (quali atti, quindi, direttamente lesivi).

A questo proposito vale la pena evidenziare che l’unico seguito dei verbali da ultimo citati è costituito, dopo l’abolizione delle sanzioni amministrative connesse ad omissioni contributive ad opera della legge 388/2000, dalla cartella esattoriale o dall’avviso di addebito dell’Inps (che dall’1 gennaio 2011 ha sostituito la cartella di pagamento per i crediti di natura previdenziale dell’Istituto ex art. 30 del D.L. n. 78 del 2010, conv., con modif., dalla L. n. 122 del 2010), che rappresentano però atto non già del procedimento accertativo bensì della diversa procedura esecutiva.

La stessa sentenza sopra citata, resa nell’ambito di giudizio proposto nei confronti dell’Inail, ha avuto modo infatti di precisare che “dal combinato disposto del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 3, e art. 25, comma 1, si desume che il debitore-datore di lavoro ha un interesse qualificato ad impugnare in sede giudiziaria l’atto di accertamento amministrativo dell’Istituto previdenziale, relativo a contributi o premi non versati, in quanto tale impugnativa produce l’effetto di inibire l’iscrizione a ruolo del credito dell’ente previdenziale, che verrà eseguita solo “in presenza di provvedimento esecutivo del giudice”, pur non producendosi, simmetricamente, alcuna decadenza per l’ente previdenziale sino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento giudiziale è divenuto definitivo, ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, comma 1, lett. b, cit. (vedi, per tutte: Cass. 14 ottobre 2009, n. 21791)”.

Alle medesime conclusioni da ultimo illustrate è giunta la Corte di Appello di Torino, Sez. Lav., sent. n. 435 del 2/11/2020 (est. dott.ssa).

In virtù di tutto quanto innanzi illustrato, non essendo stata emessa l’ordinanza-ingiunzione, difetta l’interesse ad agire in capo alla ricorrente sicché va dichiarata l’inammissibilità della presente domanda.

Le spese di lite – liquidate in applicazione dell’art. 152 bis disp. att. c.p.c. e in ragione dei parametri minimi ex D.M. 55/2014 in virtù della semplicità delle questioni affrontate e tenendo conto del valore indeterminabile della controversia – seguono la soccombenza. P.Q.M. disattesa ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione, così definitivamente provvede:

– dichiara inammissibile la domanda proposta;

– condanna l’opponente alla rifusione delle spese di lite che liquida complessivamente in Euro 2632,00 oltre rimborso spese generali al 15% ed I.V.A. come per legge.

Bari, 21.03.2023

Il Giudice del Lavoro

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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