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Codice Civile
Codice Penale

Verifica della corrispondenza tra codice IBAN e nome del beneficiario

depositato il 13 giugno 2013 e notificato il 18 luglio 2013, il Fallimento XXX chiedeva all’adito Tribunale di Brescia la condanna della Banca, allora in bonis, al pagamento, in suo favore, anche a titolo di risarcimento del danno, di Euro 40. La Banca, pertanto, avrebbe dovuto comunicare all’odierno controricorrente i dati del soggetto, diverso dal vero beneficiario, che aveva incassato la somma in conseguenza dell’esecuzione dell’ordine di pagamento, così da permettere al primo di agire per il recupero dell’importo versato nei confronti dell’accipiens.

Pubblicato il 14 July 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

Con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., depositato il 13 giugno 2013 e notificato il 18 luglio 2013, il Fallimento XXX chiedeva all’adito Tribunale di Brescia la condanna della Banca, allora in bonis, al pagamento, in suo favore, anche a titolo di risarcimento del danno, di Euro 40.000,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dal 20 dicembre 2011 al soddisfo.

A fondamento di tale domanda esponeva che XXX, creditore della YYY Assicurazioni per un indennizzo liquidato in Euro 40.000,00, non ne aveva ricevuto il pagamento perché la menzionata compagnia assicuratrice lo aveva erroneamente corrisposto, a mezzo bonifico bancario, ad altro soggetto.

Infatti, come risultava dal riepilogo del predetto ordine di bonifico, YYY Assicurazioni aveva ordinato all’istituto di credito con il quale intratteneva un rapporto di conto corrente l’accredito dell’importo suddetto, con valuta 20 novembre 2011, a favore del XXX, ma indicando erroneamente un conto corrente, acceso presso Banca, intestato ad un soggetto terzo, le cui generalità, però, non erano note al Fallimento perché detta banca non aveva ritenuto di doverle fornire.

Di un tale errore, dunque, avrebbe dovuto rispondere quest’ultima, la quale avrebbe dovuto accorgersi che il titolare del conto corrente, su cui essa aveva provveduto ad accreditare quella somma in esecuzione dell’ordine di bonifico disposto da YYY Assicurazioni, non era intestato, appunto, al XXX, ossia al soggetto a favore del quale YYY Assicurazione avrebbe voluto/dovuto pagarla.

Costituitasi la convenuta, che contestò integralmente le avverse pretese, rivendicando la correttezza del proprio operato, del tutto conforme alle disposizioni di legge in materia (D.Lgs. n. 11/2010, regolante i servizi di pagamento, e D.Lgs. n. 196/2003, disciplinante la tutela dei dati personali), l’adito Tribunale, con sentenza n. 2622/2017, condannava la Banca a pagare al Fallimento attore, a titolo di risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ., Euro 40.000,00, oltre accessori e spese legali, ritenendo sussistere una condotta negligente della Banca che, a fronte di ordine di bonifico di importo elevato, non aveva ritenuto di verificare la corrispondenza tra codice IBAN e nome del beneficiario.

Il gravame promosso da Banca contro la descritta decisione fu rigettato dall’adita Corte di appello di Brescia, con sentenza del 19 febbraio/20 marzo 2020, n. 320, pronunciata nel contraddittorio con il Fallimento XXX

Veniva proposto ricorso per cassazione.

Le circostanze fattuali poste a fondamento della domanda del Fallimento XXX – pagamento di un indennizzo assicurativo dovuto al XXX in bonis da YYY Assicurazioni ma corrisposto, invece, da quest’ultima, ad un soggetto diverso dal primo perché l’allora Banca non si era avveduta della mancata corrispondenza tra l’identificativo unico (IBAN) riportato nel suo ordine di bonifico ed il nominativo del beneficiario ivi pure indicato; rifiuto della medesima banca di comunicare al menzionato Fallimento il nominativo dell’accipiens – sono rimaste assolutamente incontroverse.

I giudici di merito, sebbene con percorsi motivazionali non completamente sovrapponibili, hanno inquadrato quella domanda come azione volta ad ottenere il risarcimento del danno ingiusto arrecato dalla Banca al XXX e, per lui, alla procedura concorsuale, pari alla somma (Euro 40.000,00) erroneamente accreditata ad un soggetto diverso dall’effettivo creditore.

In particolare:

1) il Tribunale di Brescia, ritenuta inapplicabile, nella specie, la disciplina di cui all’art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010 – riferita, a suo avviso, esclusivamente ai rapporti tra prestatore del servizio di pagamento (banca) ed utilizzatore del servizio, identificato, secondo quanto indicato alle lett. h) e f) dell’art. 1 del medesimo D.Lgs. (contenente la descrizione delle definizioni utilizzate nel corpo del testo), con il soggetto che si avvale del servizio bancario di pagamento in veste di pagatore o quale destinatario dei fondi oggetto dell’operazione; la norma, cioè, sarebbe stata applicabile (e regolava la responsabilità in caso di errori nell’operazione di pagamento) esclusivamente al rapporto tra il cliente e la banca inteso come rapporto tra l’ordinante il pagamento ed il proprio istituto di credito che materialmente effettua il pagamento e/o tra il destinatario del pagamento (individuato dall’identificativo unico) e la banca di quest’ultimo che riceve l’ordine di bonifico e lo accredita sul conto corrente indicato. In entrambi i casi, essa individua la responsabilità della banca in base al solo identificativo unico, stabilendo, cioè, che se il pagamento o l’accredito viene effettuato in favore del soggetto individuato dall’identificativo predetto lo stesso si presume effettuato correttamente anche se l’identificativo unico fornito dall’utilizzatore (ovvero dal soggetto che effettua il pagamento o che ne è il destinatario) al suo prestatore di servizi è inesatto – condannò la Banca a pagare al Fallimento la somma predetta a titolo di risarcimento dei danni ex art. 2043 cod. civ., ritenendo sussistere una condotta negligente della Banca che, a fronte di ordine di bonifico di importo elevato, non aveva ritenuto di verificare la corrispondenza tra codice IBAN e nome del beneficiario;

2) la Corte di appello, invece, muovendo dall’assunto per cui un comportamento conforme al dettato normativo non può “costituire fonte di responsabilità, né tra le parti del rapporto contrattuale né nei confronti dei terzi, perché il pregiudizio conseguente all’esercizio di un diritto od all’adempimento di un dovere non può ritenersi connotato da carattere di ingiustizia”, ritenne che la condotta assunta dalla Banca non era stata integralmente in linea con le previsioni dell’art. 24 (nella formulazione all’epoca vigente) del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11, il quale, pur sancendo, al comma 1, in via generale, la presunzione di correttezza di un ordine di pagamento eseguito conformemente all’identificativo unico (i.e. il codice IBAN) ed, al comma 2 (primo periodo), l’esclusione della responsabilità del prestatore del servizio di pagamento nel caso di errore nell’indicazione del codice IBAN da parte del “pagatore” (esclusione confermata al comma 3, anche quando il “pagatore” fornisca al proprio prestatore dei servizi informazioni aggiuntive), prevede altresì, al secondo periodo del comma 2, che il “prestatore di servizi di pagamento del pagatore compie tuttavia ragionevoli sforzi per recuperare i fondi oggetto dell’operazione di pagamento”. Osservò, infatti, che, “considerando congiuntamente tale prescrizione con la disciplina in tema di tutela della privacy richiamata già in primo grado, che preclude l’ostensione a terzi del nominativo del titolare del c/c sul quale è stato effettuato l’accredito, ne viene, implicitamente ma inequivocabilmente, che l’intermediario, prestatore di servizi di pagamento, al quale venga richiesta l’esecuzione di un bonifico recante indicazione di un IBAN relativo ad un conto del quale non risulti essere titolare il soggetto indicato come beneficiario, proprio perché consapevole di non poter comunicare a quest’ultimo il nominativo del titolare del c/c sul quale avrebbe dovuto essere effettuato l’accredito, prima di procedere all’esecuzione dell’ordine è tenuto ad assumere tutte le opportune precauzioni, se del caso anche mediante contatti col correntista stesso, al fine di escludere ogni possibile dubbio quanto ad eventuale erroneità delle indicazioni ricevute, procedendo in ogni caso, infine, all’accredito con riserva, così da rendere concretamente praticabile l’adempimento dell’ulteriore obbligazione a suo carico, testé ricordata: “il prestatore di servizi di pagamento del pagatore compie sforzi ragionevoli per recuperare i fondi oggetto dell’operazione di pagamento””. Concluse, dunque, nel senso che, in difetto di prova, da parte della Banca, di un comportamento conforme a quello appena ricordato, ne risultava “chiara la responsabilità nei confronti del terzo danneggiato, in virtù del combinato disposto dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 24,1, II e III comma, del D.Lgs. 27.1.2010, n. 11. Ciò in virtù del principio di vicinanza della prova, dato che soltanto la banca può sapere se e quali cautele siano state da essa assunte al fine di rendere possibile il recupero del pagamento ove indebitamente effettuato a favore di soggetto diverso dal vero beneficiario.

Ebbene, nel caso di specie, la banca appellata non aveva offerto indicazione alcuna in ordine alle cautele che essa avrebbe assunto, pur nel rispetto della disciplina in tema di privacy, al fine di rendere possibile al terzo il recupero della somma indebitamente corrisposta ad altri. Il che conduce, de plano, alla conferma del giudizio fatto dal Tribunale in tema di danno e di responsabilità della convenuta”.

Rileva la Suprema Corte che l’odierna controversia si inserisce in un filone consistente di procedimenti instaurati dal solvens o (come accaduto nella specie) dal creditore effettivo avverso un istituto di credito per esecuzione di un bonifico in favore di un soggetto diverso da quello voluto dal cliente.

Come sottolineatosi in dottrina, al suo interno si possono distinguere scenari diversi: lo sbaglio può spiegarsi per un errore materiale nella digitazione di un IBAN che pure era noto correttamente al cliente (ad esempio, per distrazione), oppure può discendere da una condotta, magari anche truffaldina, che lo abbia indotto a ritenere che il conto del beneficiario corrispondesse ad un IBAN che, in realtà, si riferiva al conto del truffatore.

Se l’attore è il debitore, viene generalmente convenuto l’istituto che ha effettuato l’accredito, che ben può essere un altro rispetto a quello cui era stato impartito l’ordine di bonifico, qualora debitore e beneficiario effettivo abbiano aperto conti presso banche differenti.

Se l’attore è il creditore (come nell’odierna vicenda), al quale mai è giunto il pagamento, vengono generalmente convenuti l’intermediario del pagatore o quello del beneficiario o entrambi.

Ove l’intermediario, pur consapevole dell’incongruenza delle informazioni relative al pagamento, abbia dato seguito all’operazione di pagamento in favore di un beneficiario erroneo, potrà essere ritenuto responsabile nei confronti dell’utente del servizio; responsabilità che ha natura indubbiamente contrattuale se il conto corrente corrispondente all’IBAN errato è radicato presso lo stesso intermediario che detiene anche il conto del legittimo beneficiario. In questo caso, infatti, tra il prestatore del servizio ed il beneficiario che avrebbe dovuto ricevere il pagamento è in essere un rapporto contrattuale e, di conseguenza, sull’intermediario grava l’obbligo di conformare la propria condotta ai principi di buona fede e diligenza nell’esecuzione del contratto. Ciò significa che egli deve agire, nello svolgimento del mandato conferitogli, salvaguardando gli interessi dell’altra parte contrattuale, tra i quali rientra l’esecuzione corretta dell’operazione. Di conseguenza, nel caso in cui egli, consapevole dell’errore esistente nelle coordinate bancarie, abbia eseguito l’operazione secondo l’IBAN errato, può essere ritenuto responsabile ai sensi del combinato disposto degli artt. 1856, 1710 e 1172 cod. civ.

Diversamente, nel caso in cui (come nella concreta fattispecie in esame) il conto corrente di accredito sia detenuto presso un prestatore di servizi con il quale il legittimo beneficiario del pagamento non ha alcun rapporto contrattuale, la responsabilità in cui l’intermediario incorre può essere considerata contrattuale giusta la teoria del cosiddetto “contatto sociale qualificato”, in ragione della quale sulla banca grava un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine dell’operazione.

Alternativamente, il legittimo beneficiario che non ha ricevuto il pagamento può agire nei confronti dell’intermediario invocandone la sua responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., con tutto ciò che ne consegue in termini di onere della prova e risarcibilità del danno patito.

Non è risultato condivisibile l’approdo della Corte d’Appello laddove richiama la disciplina in tema di tutela della privacy, che precluderebbe l’ostensione a terzi del nominativo del titolare del c/c sul quale è stato effettuato l’accredito, facendone discendere come il prestatore di servizi di pagamento avrebbe dovuto assumere tutte le opportune precauzioni nel momento antecedente all’esecuzione dell’ordine, al fine di escludere ogni dubbio quanto ad una eventuale erroneità delle indicazioni ricevute, procedendo in ogni caso all’accredito con riserva per rendere praticabile il successivo, eventuale, recupero dei fondi.

Invero, nel caso in cui venga accertata una difformità successivamente all’esecuzione dell’ordine di pagamento, gli stessi intermediari sono tenuti a fornire i dati anagrafici o societari dell’accipiens per permettere al creditore di esercitare un’azione di ripetizione delle somme indebitamente percepite dal primo non potendosi invocare la tutela della privacy al fine di giustificare il rifiuto di comunicare al pagatore i dati anagrafici o societari del proprio correntista. La Suprema Corte, del resto, ha già sancito che “l’interesse alla riservatezza dei dati personali deve cedere a fronte della tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti, e dall’ordinamento configurati come prevalenti nel necessario bilanciamento operato, fra i quali l’interesse, ove autentico e non surrettizio, all’esercizio del diritto di difesa in giudizio” (cfr. Cass. n. 39531 del 2021, pag. 8 – 9 della motivazione). La Banca, pertanto, avrebbe dovuto comunicare i dati del soggetto, diverso dal vero beneficiario, che aveva incassato la somma in conseguenza dell’esecuzione dell’ordine di pagamento, così da permettere al primo di agire per il recupero dell’importo versato nei confronti dell’accipiens.

In secondo luogo, occorre prendere atto dell’accertamento di merito effettuato dalla corte distrettuale (“Ebbene, nel caso di specie, la banca appellata non ha offerto indicazione alcuna in ordine alle cautele che essa avrebbe assunto, pur nel rispetto della disciplina in tema di privacy, al fine di rendere possibile al terzo il recupero della somma indebitamente corrisposta ad altri. Il che conduce, de plano, alla conferma del giudizio fatto dal Tribunale in tema di danno e di responsabilità della convenuta”).

Il principio di diritto:

“In tema di responsabilità di una banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, allorquando il beneficiario, nominativamente indicato, di un pagamento da eseguirsi tramite bonifico sia sprovvisto di conto di accredito presso la banca intermediaria, sicché nemmeno è utilizzabile la specifica disciplina ex art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 2010, si applicano le regole di diritto comune, per cui grava sull’intermediaria stessa, responsabile, secondo la teoria del “contatto sociale qualificato”, nei confronti del beneficiario rimasto insoddisfatto a causa dell’indicazione, rivelatasi inesatta, del proprio IBAN, l’onere di dimostrare di aver compiuto l’operazione di pagamento, richiestagli dal solvens, adottando tutte le cautele necessarie al fine di scongiurare il rischio di un’erronea individuazione di detto beneficiario, o quanto meno, di essersi adoperata per consentirgli la individuazione del soggetto concretamente gratificato del pagamento destinato, invece, al primo, anche comunicandogli, ove necessario, i relativi dati anagrafici o societari”.

Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza n. 17415 del 25 giugno 2024

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