La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’elemento di distinzione tra il reato di favoreggiamento e quello di cui all’art. La condotta di fornire un alloggio al cittadino extracomunitario può configurare il reato di favoreggiamento qualora dalla stipula del contratto l’imputato intenda trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità in cui si trova lo straniero, sempre in relazione a quel particolare rapporto sinallagmatico.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’elemento di distinzione tra il reato di favoreggiamento e quello di cui all’art. 22, comma 10, legge 286/98, ferma restando la possibilità del concorso, consiste nel fuoriuscire dal rapporto sinallagmatico di prestazione d’opera o perché gli stranieri vengono utilizzati in attività illecite o perché si impongono condizioni gravose e discriminatorie diverse e ulteriori rispetto all’omesso pagamento dei contributi.
La condotta di fornire un alloggio al cittadino extracomunitario può configurare il reato di favoreggiamento qualora dalla stipula del contratto l’imputato intenda trarre un indebito vantaggio dalla condizione di illegalità in cui si trova lo straniero, sempre in relazione a quel particolare rapporto sinallagmatico.
Si è sostenuto, ad esempio, che sussiste il reato di favoreggiamento qualora, nel mettere a disposizione un alloggio, il fine di trarre un ingiusto profitto sia realizzato mediante un comodato senza termine di durata, indipendentemente dal fatto che il prezzo sia equo; in tal caso l’ingiusto profitto consiste nell’aver indotto i cittadini extracomunitari a stipulare un contratto, per il proprietario, più vantaggioso rispetto a quello di locazione.
Nel caso di specie il fine di trarre un ingiusto profitto dall’aver dato un alloggio ai cittadini extracomunitari viene individuato nel poter impiegare mano d’opera in nero, creando una commistione tra due rapporti sinallagmatici quello di lavoro e quello di cessione di un alloggio.
Per quanto riguarda il primo fine di ingiusto profitto non può semplicemente ravvisarsi nell’omesso pagamento dei contributi essendo necessario un quid pluris che non risulta provato; per quanto riguarda la disponibilità dell’alloggio non sarebbe stato provato né una condizione disumana, né un prezzo esorbitante, né la stipula di contratti di comodato senza termine essendosi limitata la sentenza a riferire che gli stranieri occupavano un alloggio nella disponibilità del datore.
Cassazione Penale, Prima Sezione, Sentenza n. 40398 del 29 novembre 2006 – depositata il 12 dicembre 2006
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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