La Corte di Appello di Torino confermava la sentenza con cui il tribunale di Torino, in data 13.6.2029, aveva condannato XXX alle pene, principali e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione al fatto di bancarotta fraudolenta documentale in rubrica ascrittogli, in qualità di amministratore della “Snc YYY di XXX & C.”, dichiarata fallita dal tribunale di Torino in data 11.10.2011.
XXX proponeva ricorso per cassazione.
Risultava incontestato il mancato rinvenimento della documentazione contabile della società, che non era stata rinvenuta dal curatore fallimentare.
Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione e quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (cfr. Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019).
In una serie di recenti e condivisibili arresti si è, inoltre, precisato, che, in tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza e necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, lett. b), I. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture, in quanto quest’ultima integra un’ipotesi di reato a dolo generico, che presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi (cfr. Cass., Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017; Cass., Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019; Cass., Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020).
Per integrare tale forma di bancarotta (cd. bancarotta fraudolenta documentale specifica), non si richiede, dunque, un effettivo pregiudizio delle ragioni del ceto creditorio, ma solo che la condotta del soggetto attivo del reato sia sostenuta dalla finalità di arrecare pregiudizio ai creditori (ovvero di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto).
Al riguardo deve osservarsi che gli elementi dai quali desumere la sussistenza del dolo specifico nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale specificale del dolo generico, nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale generica , non possono coincidere con la scomparsa dei libri contabili o con la tenuta degli stessi in guisa tale da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, che rappresentano semplicemente gli eventi fenomenici, dal cui verificarsi dipende l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato.
Dovendo, piuttosto, consistere in circostanze di fatto ulteriori, in grado di illuminare la ratio dei menzionati eventi alla luce della finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto ovvero di recare pregiudizio ai creditori, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale specifica; della consapevolezza che l’irregolare tenuta della documentazione contabile e in grado di arrecare pregiudizio alle ragioni del ceto creditorio, nel caso della bancarotta fraudolenta documentale generica.
Appare, pertanto, evidente che tra le suddette circostanze assume un rilievo fondamentale la condotta del fallito nel suo concreto rapporto con le vicende attinenti alla vita economica dell’impresa (cfr., in questo senso, Sez. 5, n. 2228 del 04/11/2022; Sez. 5, n. 33575 del 08/04/2022; Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020).
Nel caso esaminato, la corte di appello, infatti, aveva correttamente dato atto della mancata consegna e del mancato rinvenimento delle scritture contabili della società fallita, ma aveva dedotto la configurabilità del dolo specifico in capo a quest’ultimo unicamente sulla base dell’oggettiva mancanza delle scritture contabili, senza svolgere alcuna ulteriore indagine che consentiva di ricondurre tale dato oggettivo a una specifica scelta dolosa dell’amministratore, non potendosi certo ritenere tale l’apodittica affermazione, secondo cui lo XXX aveva agito “in danno dei fornitori e della proprietà dell’immobile condotto in affitto per la gestione dell’attività”.
Si trattava, invero, di una motivazione del tutto apparente, dovendosi intendere tale la motivazione che, come quella in esame, si avvaleva di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente (cfr. Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014).
Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, Sentenza n. 3198 del 26 gennaio 2024
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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