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Deleghe e responsabilità del consiglio di amministrazione

Nelle società di capitali, gli obblighi a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia. Il consiglio di amministrazione, stanti, nel caso di delega gestoria, il dovere di vigilanza sull’andamento della gestione e il potere sostitutivo finalizzato all’esercizio della facoltà d’intervento in funzione sostitutiva, e, nel caso di delega di funzioni, il dovere di vigilanza, è gravato dall’obbligo inerente la gestione del rischio essendo il titolare del fascio di poteri in grado di incidere su esso perché su esso influente tramite l’adottata politica aziendale.

Pubblicato il 17 November 2024 in Diritto del Lavoro, Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

La Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la responsabilità per l’omicidio colposo di XXX, lavoratore alle dipendenze di YYY s.p.a. (di seguito anche, «YYY» ), tra gli altri, di ZZZ, KKK e JJJ, rispettivamente, presidente e membri del consiglio di amministrazione di SSS s.p.a. (di seguito anche, «SSS»).

Trattasi di società costruttrice e posatrice, in forza di contratto di «fornitura e posa», di lastre in cemento armato per l’esecuzione di una vasca di raccolta delle acque del torrente *** da parte della citata YYY, appaltatrice dei lavori di realizzazione della terza corsia dell’autostrada A9 () nonché committente la realizzazione e la posa delle dette lastre.

Quanto alle circostanze del sinistro, in estrema sintesi, i giudici di merito avevano accertato l’evento come verificatosi nel mentre XXX era intento, insieme ad altri lavoratori alle dipendenze di YYY, nell’esecuzione del «getto» di calcestruzzo tra la vasca di contenimento delle acque e le (nove) lastre prefabbricate e precedentemente installate da SSS, essendo stato travolto da una di esse improvvisamente rovesciatasi a causa di gravissimi errori nelle fasi di produzione e installazione da parte della società da ultimo citata.

Avverso la sentenza è stato proposto ricorso per cassazione.

Come sintetizzato in sede di ricostruzione dei fatti processuali, la Corte d’appello confermava la responsabilità per l’omicidio colposo di XXX, lavoratore alle dipendenze di YYY, tra gli altri, di ZZZ, KKK e JJJ, rispettivamente, presidente e membri del, consiglio di amministrazione di SSS.

Trattasi di società costruttrice e posatrice, in forza di contratto di «fornitura e posa», di lastre in cemento armato per l’esecuzione di una vasca di raccolta delle acque del torrente *** da parte della citata YYY, appaltatrice dei lavori di realizzazione della terza corsia dell’autostrada A9 () nonché committente la realizzazione e la posa delle dette lastre.

Dal giudizio di merito sono emerse le seguenti circostanze del sinistro, qui esposte nella parte non controversa.

L’evento si è verificato nel mentre XXX era intento, insieme ad altri lavoratori alle dipendenze di YYY, nell’esecuzione del «getto» di calcestruzzo tra la vasca di contenimento delle acque e le (nove) lastre prefabbricate e precedentemente installate da SSS, essendo stato travolto da una di esse improvvisamente rovesciatasi a causa di gravissimi errori nelle fasi di produzione e installazione da parte della società da ultimo citata.

Il rovesciamento del prefabbricato è stato causato dal cedimento dei vincoli superiori di ancoraggio, perché non eseguiti in fase di costruzione, e, quindi, non inglobati nella lastra, come invece previsto dal progetto.

Essi erano stati realizzati a posteriori, mediante inserti apposti previa trapanatura del manufatto da FFF, dipendente di SSS addetto anche al controllo dei manufatti prima del loro trasporto, accortosi del difetto di costruzione in sede di consegna a YYY.

A ciò si è aggiunta, sempre per i giudici di merito, l’errata posa, da parte dei dipendenti di SSS, dello stesso prefabbricato presso la vasca di contenimento.

Esso, in particolare, è stato ritenuto non correttamente ancorato tramite idonei bulloni di fissaggio e destinatario di un intervento, non previsto dal progetto, di sostituzione di uno dei due ancoraggi monoblocco della lastra al muro perimetrale della vasca di contenimento con un ancoraggio composto da due pezzi uniti da un bullone.

All’esito è stata accertata dai giudici di merito la responsabilità del vertice societario, costituito dagli attuali ricorrenti, nonché di altri soggetti operanti per SSS, in ragione dei descritti gravi errori nelle fasi di costruzione e installazione del prefabbricato.

Il riferimento è al responsabile di stabilimento, all’addetto alla produzione e caporeparto, al lavoratore dipendente esecutore delle modifiche (condannati in primo grado non appellanti) nonché al responsabile del servizio qualità e al capocantiere-direttore tecnico di cantiere responsabile nella specie del montaggio delle lastre (appellanti non ricorrenti).

Quanto al consiglio di amministrazione, è stata confermata la responsabilità di ZZZ, KKK e JJJ.

In particolare, ZZZ è stato ritenuto responsabile quale presidente del consiglio di amministrazione, costruttore della lastra in oggetto nonché datore di lavoro dei soggetti operanti per SSS, tra cui l’esecutore della modifica a essa apportata dopo la costruzione, e gli installatori delle lastre, con modalità ritenute tra loro concause del relativo cedimento, dei quali aveva direttamente garantito a YYY l’idoneità a operare presso lo specifico cantiere (in quanto in grado di comprendere la lingua italiane e quindi di eseguire le istruzioni). KKK, è stato ritenuto responsabile quale membro del consiglio di amministrazione nonché delegato con compiti e poteri di gestione dell’intero ciclo produttivo della società SSS è curatore della qualità dei manufatti prodotti e commercializzati e della loro rispondenza ai prescritti requisiti di legge.

L’imputato, quindi, è stato ritenuto responsabile anche della rispondenza alle specifiche tecniche progettuali del manufatto in oggetto, fornito a YYY e installato nel bacino di contenimento in costanza di un POS, da lui sottoscritto, inidoneo, all’ sito di una valutazione ex ante, alla gestione dello specifico rischio di ribaltamento poi concretizzatosi. JJJ, infine, è stato ritenuto responsabile quale membro del consiglio di amministrazione nonché delegato, con illimitati poteri di spesa, in materia antinfortunistica e quindi garante dell’applicazione della normativa relativa alla sicurezza in tutte le fasi, compresa quella del montaggio dei prefabbricati.

I giudici di merito hanno fatto specifico riferimento a gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari e, in particolare, per quanto ancora rileva in questa sede, ai tre membri del consiglio di amministrazione di SSS.

Ciò in ragione dell’accertata assenza di programmazione dell’attività volta tanto alla produzione delle lastre in oggetto in termini di conformità al progetto specificatamente predisposto per la loro creazione, in vista della realizzazione del muro di contenimento della vasca di raccolta delle acque, quanto alla successiva installazione cori tecniche tali da gestire il rischio di ribaltamento.

La totale assenza di programmazione è stata accertata con particolare riferimento alle procedure di controllo della qualità in termini non di mera conformità necessaria per la marcatura «CE», pur formalmente presente, ma di effettiva idoneità tecnica del prefabbricato nell’ottica della gestione dello specifico rischio.

Ciò in ragione dell’accertata prassi, questa, sì, sostanzialmente ritenuta procedimentalizzata dalla Corte territoriale, quale aspetto, ritenuto dal giudice di merito, «più sconcertante della vicenda», al fine di rendere fittizio il controllo del rispetto delle specifiche tecniche necessarie per evitare il rischio di ribaltamento.

Il controllo era difatti solo astrattamente previsto come bifasico, cioè da svolgersi sia prima che dopo la realizzazione dei PREFABBRICATI, ma preordinatamente omesso.

I certificati di conformità, come peraltro avvenuto nella specie, erano difatti abitualmente predisposti e controfirmati prima della produzione dei manufatti e successivamente apposti sugli stessi in assenza di alcuna effettiva verifica del prodotto, anche in ragione della sistematica violazione delle procedure di controllo, solo formalmente previste dal responsabile NNN, in forza della concreta organizzazione dell’attività lavorativa.

Il vizio organizzativo è stato ritenuto tale da investire non solo la produzione dello specifico prefabbricato di fatto ribaltatosi ma l’intero processo produttivo, così da impedire, di fatto, il controllo demandato al caporeparto che, peraltro, per forza di cose, non avrebbe potuto coprire turni consecutivi di 16 ore, come invece avrebbe preteso il concreto formale assetto organizzativo.

Proprio la totale carenza di procedimentalizzazione dell’attività produttiva, nei termini appena sintetizzati, sempre per quanto chiarito dal giudice di merito, ha nella specie fondato l’intervento di FFF, lavoratore dipendente di SSS, implicante la modifica delle lastre già costruite per YYY, accertato come causalmente collegato al ribaltamento.

Trattasi di intervento consistente nell’inserimento di tasselli previa foratura con trapano del prefabbricato, per sopperire all’assenza delle previste e progettate boccole da inglobare in fase di fabbricazione.

Il controllo solo visivo, meramente occasionale e rimesso all’iniziativa dei lavoratori dipendenti, nella specie FFF, oltre a dimostrare le contestate carenze formative e informative, essendo il detto operaio ignaro di non poter modificare il manufatto, è stato peraltro accertato essere il frutto di una «chiara politica aziendale».

Politica, a cui l’operaio avrebbe dovuto conformarsi, volta a dare prevalenza alla puntualità dei tempi di consegna rispetto alla qualità del prodotto finito, anche in termini di idoneità dello stesso alla gestione del rischio di ribaltamento, con conseguente subordinazione delle esigenze della sicurezza a quelle sottese al profitto.

Oltre a quanto innanzi, la Corte territoriale poneva a fondamento della decisione le accertate gravi carenze del Piano Operativo di Sicurezza ( «POS»), elaborato da SSS, per la fornitura e posa in opera dei prefabbricati per l’esecuzione del muro di contenimento della vasca di contenimento delle acque del torrente Lura da parte di YYY che, all’esito del montaggio, avrebbe provveduto all’esecuzione del «getto» di calcestruzzo tra la vasca e le (nove) lastre prefabbricate.

Trattasi di carenze sostanzialmente ritenute tali da rendere inidoneo lo stesso POS alla gestione dello specifico rischio di ribaltamento connesso anche alla procedura di montaggio.

Ciò in ragione della mancata specifica previsione della fase di posa delle opere tralicciate e quindi dalla procedura di ancoraggio superiore delle lastre, prevista dal progetto, essendo contemplata la sola procedura di fissaggio laterale delle lastre tra loro.

La mancanza di indicazioni relative alla posa in opera e alla corretta procedura da eseguire durante la fase di montaggio, funzionale a garantire l’ancoraggio delle lastre al muro retrostante, è stata in particolare ritenuta, all’esito degli apporti scientifici forniti dai tecnici in dibattimento, determinante l’incompleto serraggio dei bulloni, con conseguente mancata attivazione dei tasselli.

L’intervento sui tralicci e l’utilizzo di staffe di ancoraggio diverse tra loro, in uno con le carenze della procedura di ancoraggio, e gli errori in fase di fabbricazione, in definitiva, sono stati ritenuti concause del ribaltamento determinante il decesso di XXX.

Veniva dedotta l’inconferenza del principio di diritto che la Corte territoriale avrebbe sostanzialmente posto a base della ritenuta responsabilità dei membri del consiglio di amministrazione, quello per cui gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni sul lavoro gravano su tutti i componenti del consiglio di amministrazione.

La questione cardine sottoposta dai ricorrenti alla Suprema Corte inerisce la rilevanza, sul giudizio di responsabilità in capo ai membri del consiglio di amministrazione, di deleghe, di gestione o di funzioni, nel caso in cui, come accertato dai giudici di merito
, l’evento sia risultato la concretizzazione della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva quale politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto.

Nella giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’individuazione della figura datoriale in presenza di deleghe gestorie, si pone l’accento sulla necessità di verificare in concreto l’effettività dei poteri di gestione e di spesa dei consiglieri delegati.

Le Sezioni Unite, con la sentenza «Espenhahn», hanno evidenziato che nell’ambito di organizzazioni complesse, d’impronta societaria, la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale, magari indiscriminatamente estensivo, ma richiede di considerare l’organizzazione dell’istituzione, l’individuazione delle figure che gestiscono i poteri che danno corpo a tale figura.

Dato atto di quanto innanzi, la Suprema Corte ha confermato la correttezza dell’attribuzione della qualifica di datore di lavoro all’intero board, ovvero di un comitato esecutivo composto dall’amministratore delegato della società e da altri consiglieri delegati riconoscendo l’effettività dei poteri di gestione e di spesa esercitati anche da tali soggetti che valeva ad attribuire loro la qualifica di datori di lavoro unitamente all’amministratore delegato (Nel caso concreto si era accertato che il board, pur formalmente dismesso, era stato coinvolto in tutte le decisioni gestionali e finanziarie di fondo che trascendevano dalla materia dalla sicurezza e riguardavano la complessa organizzazione aziendale).

Analoga impostazione, anche se a contrario, si rinviene in altra sentenza relativa alla responsabilità di alcuni ex dirigenti di un’industria in relazione al reato di omicidio colposo in danno di lavoratori esposti ad amianto. Sez. 4 n. 5505 del 10/11/2017, Rv 271719 – 01, in particolare, muovendo dall’assunto che i componenti del comitato esecutivo (c.d. Board) possano assumere posizioni di garanzia ove sia ravvisabile la loro reale partecipazione ai processi decisori con particolare riferimento alle condizioni di sicurezza del lavoro, ha ritenuto immune da censure la sentenza di merito che aveva assolto i componenti del comitato esecutivo sia perché questo non si era mai riunito, sia perché attribuzione e poteri erano stati di fatto delegati dall’amministratore delegato ad altri soggetti non componenti del comitato esecutivo né membri del consiglio di amministrazione.

L’accento posto dalla giurisprudenza sulla effettività dei poteri di gestione e di spesa del soggetto delegato (o del board composto di soggetti delegati) è correlato alla definizione di datore di lavoro, in senso prevenzionistico, contenuta nell’art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81 del 2008.

In forza di tale norma è datore di lavoro il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o comunque il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

Se, dunque, in senso prevenzionistico è datore di lavoro il soggetto che, in quanto investito dei poteri decisionali e di spesa, ha la responsabilità dell’organizzazione o della unità produttiva, il giudice penale anche in presenza di una formale delega gestoria che riguardi la materia della sicurezza dovrà interrogarsi se e come i soggetti delegati siano stati messi in condizione di partecipare ai relativi processi decisori.

Nel caso della delega gestoria il dovere di controllo che permane in capo ai membri del consiglio di amministrazione non delegati deve essere dunque ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381, comma 3, cod. civ. e 2932, comma 2, cod. civ. così come modificato dalla riforma del diritto societario attuata con il d.lgs. n. 6 del 2003 che ha abolito il generale dovere di vigilanza di, tutti gli amministratori sul generale andamento della società.

Sulla base di tali disposizioni il consiglio di amministrazione nel suo complesso oltre a determinare il contenuto della delega, conserva la facoltà di impartire direttive ed è tenuto sulla base delle informazioni ricevute a valutare l’adeguatezza dell’assetto della società e a valutare sulla base delle relazioni informative dei delegati il generale andamento della gestione (art. 2381, comma 3, cod. civ.).

Tutti gli amministratori, inoltre, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (art. 2932, comma 2, cod. civ.).

In dottrina, come evidenzia la citata Sez. 4, n. 8476 del 2023, si è sostenuto che la delega in esame non abbia carattere abdicativo e che l’affidamento di determinate attribuzioni agli organi delegati venga a creare una sorta di competenza concorrente tra delegati e deleganti, come reso evidente dalla espressa previsione di cui all’art. 2381, comma 3, cod. civ.

Sicché, il consiglio di amministrazione può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega.

Con riferimento all’ambito del diritto penale del lavoro, tuttavia, come ribadito dalla sentenza da ultimo citata, si deve ritenere che alla concentrazione dei poteri e delle attribuzioni in capo ad alcuni soggetti, giustificata dalla necessità di un più proficuo esercizio, debba corrispondere in via generale una esclusiva responsabilità, sempre che si accerti che il consiglio delegante abbia assicurato il necessario flusso informativo ed esercitato il potere dovere di controllo sull’assetto organizzativo adottato dal delegato.

Nell’ottica di accrescimento della tutela del lavoratore, nella giurisprudenza di legittimità si è dunque affermato che a seguito della delega gestoria l’obbligo di adottare le misure antinfortunistiche e di vigilare sulla loro osservanza si trasferisce dal consiglio di amministrazione al delegato, rimanendo in capo al consiglio di amministrazione residui doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo (Sez. 4, n. 4968 del 06/12/2013, dep. 2014, Vascellari, Rv. 258617 – 01; Sez. 4, n.988 del 11/07/2002, dep. 2003, Rv. 227001 – 01, la quale ha precisato che il residuo dovere di controllo non deve essere riferito agli aspetti minuti della gestione ma alla complessiva gestione azienda le della sicurezza).

Conclusivamente sul punto, sempre condividendo l’iter logico­ giuridico di cui innanzi e sotteso a Sez. 4, n. 8476 del 2023: la delega di funzioni prevista dall’art. 16 del d.lgs. n. 81del 2008 presuppone un trasferimento di poteri e correlati obblighi dal datore di lavoro verso altre figure non qualificabili come tali e che non lo divengono per effetto della delega.

La delega di gestione, anche quando abbia a oggetto la sicurezza sul lavoro,, invece, nel caso di strutture societarie complesse, consente di concentrare i poteri decisionali e di spesa connessi alla funzione datoriale, che fa capo a una pluralità di soggetti (ovvero i membri del consiglio di amministrazione), su alcuni di essi.

Con la delega ex art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008 si opera il trasferimento di alcune funzioni proprie del ruolo datori le; i delegati vengono investiti di poteri e di doveri dei quali sono privi a titolo originario.

Di contro, fra soggetti che sono a titolo originario titolari della posizione di datore di lavoro non è concepibile il trasferimento della funzione ma solo l’adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa – se del caso anche quelli relativi alla sicurezza e alla salute dei lavoratori – vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori.

Il fatto che nel primo caso venga in rilievo il trasferimento di alcune funzioni e nel secondo caso la concentrazione dell’esercizio (rectius: della gestione) della funzione, determina conseguenze in ordine al contenuto della delega, nonché in ordine alla modulazione dei rapporti fra deleganti e delegati.

Sotto il primo profilo, ad esempio, mentre nella disciplina dettata dall’art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008, il conferimento del potere di spesa è requisito essenziale della delega di funzioni e deve essere adeguato in relazione alle necessità connesse allo svolgimento delle funzioni delegate, nella disciplina della delega gestoria, ché, si ricorda, è rilasciata a un soggetto già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri ivi compreso quello di spesa, non vi è analogo riferimento.

Mentre non sono delegabili da parte del datore di lavoro ai sensi del citato art. 16 gli obblighi che costituiscono l’essenza della funzione datoriale e della sua preminente posizione di garante, ovvero la valutazione del rischio, preordinata alla pianificazione e predisposizione delle misure necessarie, e la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione, la delega gestoria permette che tali adempimenti vengano eseguiti dal delegato, mutando il contenuto del dovere prevenzionistico facente capo ai deleganti.

L’attività di vigilanza richiesta dall’art. 16, comma 3, d.lgs. n. 81 del 2008, infatti, è differente dal dovere di controllo imposto ai membri del consiglio di amministrazione deleganti, che, come visto, dev’essere ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381, comma 3, e 2932, comma 2, cod. civ.

In tale ultimo caso, stante la concentrazione dell’esercizio dei poteri in capo a una figura che è già datore di lavoro, a riguardo dei deleganti si potrà configurare un dovere di verifica sulla base del flusso informativo, dell’assetto organizzativo generale e un vero e proprio potere di intervento anche con riferimento all’adozione di singole misure specifiche nel caso in cui vengano a conoscenza di fatti pregiudizievoli, id est di situazioni di rischio non adeguatamente governate.

In conseguenza della violazione di tali obblighi, i membri del consiglio d’amministrazione potranno essere ritenuti responsabili di violazione alla normativa antinfortunistica e degli eventi causalmente collegati.

Orbene, premesso quanto innanzi, deve ribadirsi che nelle società di capitali, gli evidenziati obblighi a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 8118 del 01/02/2017, Rv. 269133 – 01).

Al detto caso (presenza di deleghe validamente conferite), proseguendo nell’evidenziato solco interpretativo tracciato dalla Suprema Corte, deve in questa sede aggiungersi quello in cui, pur in presenza di deleghe gestorie ex art. 2381 cod. civ. (come quelle conferite a KKK e a JJJ) e di deleghe di funzioni (ex art. 16 d.lgs. n. 81 del 2008), l’evento, come nella specie, sia risultato la concretizzazione della totale carenza di effettiva procedimentalizzazione dell’attività produttiva quale politica aziendale volta a subordinare le esigenze della sicurezza rispetto al profitto.

In tale fattispecie, difatti, il consiglio di amministrazione, stanti, nel caso di delega gestoria, il dovere di vigilanza sull’andamento della gestione e il potere sostitutivo finalizzato all’esercizio della facoltà d’intervento in funzione sostitutiva, e, nel caso di delega di funzioni, il dovere di vigilanza, è gravato dall’obbligo inerente la gestione del rischio essendo il titolare del fascio di poteri in grado di incidere su esso perché su esso influente tramite l’adottata politica aziendale (in merito si veda, ancorché in fattispecie non perfettamente sovrapponibile, anche Sez. 4, n. 4969 del 2014, la quale, pur facendo terminologicamente riferimento a delega di funzioni sostanzialmente si riferisce a ipotesi di delega gestoria – nella specie delega in materia prevenzionistica conferita a un componente del consiglio di amministrazione -, chiarisce che, in tema di individuazione delle responsabilità penali all’interno delle strutture complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti solo se tali eventi siano il frutto di occasionali disfunzioni mentre, nel caso in cui siano determinati da difetti strutturali aziendali ovvero del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali).

Del principio di cui innanzi ha fatto corretta applicazione la Corte territoriale, non fondando dunque l’accertata responsabilità degli attuali ricorrenti solo in ragione della mera posizione rivestita ma in ragione dello specifico riferimento alle gravissime carenze organizzative imputabili ai vertici societari e, in particolare ai tre membri del consiglio di amministrazione di SSS.

Trattasi dell’accertata assenza di programmazione dell’attività volta tanto alla produzione delle lastre in oggetto in termini di conformità al progetto specificatamente predisposto per la loro creazione ovviando al rischio di ribaltamento, in vista della realizzazione del muro di contenimento della vasca di raccolta delle acque, quanto alla successiva installazione con tecniche tali da gestire il detto rischio di ribaltamento.

La totale assenza di programmazione è stata accertata con particolare riferimento alle procedure di controllo anche circa l’effettiva idoneità tecnica del prefabbricato nell’ottica della gestione dello specifico rischio.

È stata accertata, per converso, una prassi, questa, sì, sostanzialmente ritenuta procedimentalizzata dalla Corte territoriale, al fine di rendere fittizio il controllo del rispetto delle specifiche tecniche necessarie per evitare il rischio di ribaltamento.

Il vizio organizzativo è stato ritenuto tale da investire non solo la produzione dello specifico prefabbricato, di fatto ribaltatosi, ma l’intero processo produttivo, in termini di «chiara politica aziendale», cui gli operai avrebbero dovuto conformarsi, volta a dare prevalenza alla puntualità dei tempi di consegna rispetto alla qualità del prodotto finito, anche in termini di idoneità dello stesso alla gestione del rischio di ribaltamento, con conseguente subordinazione delle esigenze della sicurezza a quelle sottese al profitto.

Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, Sentenza n. 40682 del 6 novembre 2024

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