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Il delitto tentato

La fattispecie in esame è descritta dall’art 56, 1° comma del c.p. che testualmente recita: “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non s verifica”. E’ questa, un figura criminosa atipica, in quanto manca la consumazione del delitto; ciò […]

Pubblicato il 27 September 2007 in Diritto Penale

La fattispecie in esame è descritta dall’art 56, 1° comma del c.p. che testualmente recita: “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non s verifica”. E’ questa, un figura criminosa atipica, in quanto manca la consumazione del delitto; ciò tuttavia, non esclude l’irrogazione della sanzione che, seppur lieve, rispetto a quella prevista per il delitto consumato è comunque ragionevolmente applicata. Infatti il 2°comma dell’art 56 c.p. statuisce: “Il colpevole del delitto tentato è punito con la reclusione non inferiore a 12 anni se la pena stabilità è l’ergastolo e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi”. La sanzione penale, a titolo di tentativo è ammissibile soltanto per i delitti, mentre se ne esclude la sua applicazione per le contravvenzioni. Alla luce di quanto detto, va precisato che il delitto tentato, costituisce un’autonoma figura di reato corredato da una propria struttura ed oggettività, quindi una fattispecie criminosa a se stante e non una mera circostanza attenuante del delitto consumato. La punibilità del tentativo è ricostruita, nel nostro sistema giuridico, attraverso l’analisi di due teorie, “oggettiva” e “soggettiva”. La” teoria oggettiva”giustifica l’applicazione della sanzione penale per la situazione di pericolo cui è stato sottoposto il “bene protetto”. La “teoria soggettiva”, invece, parte dal presupposto che la punibilità del fatto debba essere riconducibile alla volontà dell’agente che, con il proprio comportamento, ha creato una situazione, seppur potenziale, di pregiudizio del “bene tutelato”. Alle suindicate, si affianca la cd “teoria mista”, intermedia tra le due che, concepisce la punibilità del tentativo in misura inferiore rispetto al delitto consumato, in quanto via sia stata la volontà di lesione, ma non una reale, effettiva e concreta lesione del bene giuridico protetto. Requisiti del delitto tentato sono: 1) idoneità degli atti; 2) loro inequivocabilità. 1) Idoneità: intesa quale attitudine degli atti, posti in essere, a creare in concreto una situazione di pericolo attuale, nonchè volontà dell’agente individuata sulla base di un giudizio ex ante, cioè tramite la cd “prognosi postuma”. 2) Inequivocabilità: intesa quale capacità netta, precisa e chiara degli atti a denotare il proposito criminoso. Si ravvisa nel “dolo” l’elemento soggettivo del tentativo, ove per atteggiamento doloso, si intende quell’elemento psicologico del soggetto agente, nella consapevolezza di arrecar danno; nello specifico si assiste alla configurabilità, secondo dottrina prevalente, del “dolo alternativo”, sussistente in quanto l’agente vuole e rappresenta indifferentemente, l’uno o l’altro evento, comunque riconducibili alla propria cosciente volontà. Proseguendo nell’analisi dell’art 56 c.p. è stabilito: “Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscono per sè un reato diverso. Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”. Dalla portata letterale della previsione codicistica se ne ricavano due ipotesi : “desistenza volontaria” e “recesso attivo”. La prima è concepita quale esimente, volto ad escludere l’antigiuridicità del fatto e, postula che l’agente abbandoni l’azione criminosa prima che la fattispecie incriminatrice sia portata a compimento. La seconda, delle due ipotesi citate in norma, si evince non solo per i cd “reati d’evento”, ma anche nella compiuta attivazione del soggetto agente di impedire il verificarsi dell’evento stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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