Figura delittuosa che si inserisce nell’ambito dei “delitti contro l’amministrazione della giustizia”è una ipotesi consacrata nell’art. 374 c.p.,ai sensi del quale:”Chiunque, nel corso di un procedimento covile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice, in un atto di ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito in esecuzione di una perizia, immuta […]
Figura delittuosa che si inserisce nell’ambito dei “delitti contro l’amministrazione della giustizia”è una ipotesi consacrata nell’art. 374 c.p.,ai sensi del quale:”Chiunque, nel corso di un procedimento covile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice, in un atto di ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito in esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi e delle cose, o delle persone, è punito , qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni. (comma 1) La stessa disposizione si applica, se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso, la punibilità è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza e, questa non è stata presentata”. ( comma 2) L’ipotesi di truffa processuale, si configura dunque, qualora con inganno una delle parti in giudizio, alteri lo stato dei fatti, persone e cose, tentando di ottenere decisioni giudiziali a sé favorevoli. È, secondo illustri orientamenti giurisprudenziali, ipotizzabile anche nei procedimenti civili di accertamento tecnico ed ispezione giudiziale, nonché nei procedimenti di volontaria giurisdizione. Circa la natura, s ritiene che sia da considerasi quale reato di pericolo a consumazione anticipata, in quanto l’artefizio di mutare, luoghi, cose o persone, commesso la fine di falsare le prove ed il libero convincimento del giudice, abbia attitudine a determinare brogli e dunque pericolo. Alla frode processuale è possibile, l’applicazione dell’esimente ex art, 384 c.p., che sancisce la non punibilità per chi ha commesso il fatto, essendovi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto, da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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