L’ingiuria e la diffamazione sono ipotesi di reato, tutelati dal codice penale, titolo dodicesimo libro secondo, lesivi dell’onore di un soggetto. Sono questi concetti strettamente connessi al concetto di “onore” In particolare per “onore”,si intende, un insieme delle qualità essenziali inerenti al valore di ogni persona umana, in quanto tale. E’ un concetto di natura morale strettamente connesso alla dignità umana, di carattere inviolabile ed uguale per tutti. Il nostro sistema lo considera sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, nel primo caso, ci si rifà ad un concetto elaborato dalla dottrina che ha definito l’onore, “sentimento del proprio valore sociale”riammesso all’apprezzamento dell’individuo stesso; nella seconda ipotesi, si ha riguardo ai rapporti interpersonali, e si qualifica l’onore , come giudizio che gli altri hanno sulle doti altrui, e più in generale sulla reputazione che la comunità ha di un determinato soggetto. L’onore, trova sia tutela penalistica es ex art 594 e 595 (ingiuria e diffamazione), sia tutela civilistica, che consente all’offeso il diritto al risarcimento dei danni subiti ,ex art 2043 cc, a prescindere dall’inizio di un’azione in sede penale. Peraltro, se il fatto non costituisce solo semplice illecito civile, ma, come in genere avviene, integra anche un’ipotesi di reato, l’autore del comportamento lesivo è condannato non solo ala risarcimento dei danni patrimoniali, ma anche a quelli di natura morale. L’Ingiuria è un’autonoma figura di reato disciplinata dal codice penale ex art 594, nonché dal dlg del 28 8 0, n. 274. Secondo la previsione codicistica: “Chiunque offenda l’onore ed il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o, con la multa fino a 516 euro. Alla stessa pena soggiace chi commette con il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica o, con scritti e disegni, diretti alla persona offesa. La pena è della reclusione fino ad un anno o, della multa fino a 1.032 euro, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate se l’offesa sia commessa in presenza di più persone.” Sarà il giudice, a valutare caso per caso, se una determinata espressione possa ledere l’onore di colui al quale è rivolta. Preme sottolineare che in, ogni caso, seppur di fronte alla veridicità delle espressioni proferite, non sempre si esclude il reato, infatti dare della meritrice ad una donna che di fatto, pratica la prostituzione permette la configurabilità del reato d’ingiuria, in quanto lo scopo era quello offendere ed umiliare il soggetto cui erano dirette. Istituti processuali del reato in questione: – Competenza: Giudice di pace; – Procedibilità: querela, – Fermo ed Arresto non consentiti, – Citazione a giudizio della P.G., anche su ricorso della p.o. Per il reato di “Diffamazione” il riferimento è all’art 595 cp, ai sensi del quale: ”Chiunque fuori dei casi indicati dall’art precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione , è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a 2.065 euro. Se l’offesa è arracata con il mezzo della stampa, (art 57 e 58 bis cp) o, con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro. Se l’offesa è arrecata ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad un’Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate. Istituti processuali del reato in questione: – Competenza: Giudice di Pace per i casi previsti dai comma 1 e 2; il Tribunale Monocratico per le altre ipotesi; – Procedibilità: querela; – Fermo ed Arresto non consentiti, – Citazione diretta a giudizio o decreto penale di condanna, qualora ne ricorrano le condizioni, per le ipotesi di competenza del Tribunale Monocratico; nel caso di competenza del Giudice di Pace si avrà citazione a giudizio della P.G anche su ricorso della p.o. Per quanto riguarda le cause di non punibilità dei suddetti reati sono sancite negli art 596cp: esclusione della prova liberatoria; 598cp: offese in scritti e discorsi pronunciati innanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative;599cp: ritorsione e provocazione L’art 596 cp, pone il principio generale in base al quale “ Il colpevole di ingiuria e diffamazione non è ammesso a provare a sua discolpa , la verità o la notorietà del fatto attribuito dalla persona offesa” In sostanza l’ingiuriante e il diffamante, non sono ammessi a provare la verità dell’espressione offensiva. Tale principio ha valore assoluto solo nel caso di offesa indeterminata, poichè, nell’ipotesi di un fatto ben individuato e determinato, l’offeso e l’offensore, possono, in accordo, prima della pronuncia della sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì d’onore, il giudizio sulla verità del fatto stesso; pertanto, se nel corso del giudizio si accerti la veridicità del fatto, l’offensore va esente da pena salvo che si configurino i reati di ingiuria e diffamazione. Ai sensi dell’art 598 cp: “Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati dalle parti o dai loro patrocinatori davanti all’Autorità giudiziaria o, amministrativa, quando le offese concernano l’oggetto della causa o del ricorso amministrativo. L’art 599 cp, analizza i casi ritorsione e provocazione. Si configura la “ritorsione” qualora tra due persone vi siano state reciproche offese che sporgono entrambi querela; in tal caso il giudice , vista la sussistenza della reciprocità, può dichiarare entrambi non punibili. Si configura invece la “ provocazione”,qualora si agisce in stato d’ira, provocato da un forte impulso altrui, anche in tal caso, come nel precedente si è di fronte ad una circostanza attenuante. La differenza sostanziale tra le due fattispecie di reato consiste nel fatto che: “l’ingiuria” si configura qualora l’offesa è fatta alla presenza del soggetto che la riceve; mentre la “diffamazione” si rileva nel caso di assenza dell’offeso. In base a ciò, ne deriva che quest’ultima risulta più grave per la viltà dell’atto, in quanto l’assenza della persona offesa non permetta la sua difesa e giustificazione. In entrambi i casi non è necessario che il soggetto ingiuriato o quello diffamato si sentano offesi, ma è sufficiente che l’espressione sia idonea ad offendere e, che il colpevole si sia reso conto del contenuto offensivo delle sue parole. E’ POSSIBILE SUBIRE UN’INGIURIA O UNA DIFFAMAZIONE VIA INTERNET ? La risposta al quesito è certamente affermativa; infatti nel nostro sistema è possibile individuare quelli che più specificamente sono definiti “ crimini informatici”,ossia, dei veri e propri reati telematici introdotti dalla legge n. 547 del 1993. Pertanto non è escluso sostenere che i reati di ingiuria e diffamazione possono essere compiuti attraverso le moderne tecniche di comunicazione quali: chat, forum, newsletter, sms, mailing list, newsgroup, riviste telematiche. La stessa Corte di Cassazione penale, con sentenza n 4741 del 2000, sostiene tale ipotesi ritenendo che : “I reati cui agli art 594, e 595, del codice penale, possono essere commessi anche per via telematica ed informatica ; basti pensare alla trasmissione via e-mail, per rendersi conto che è possibile che un soggetto, realizzi, la tipica condotta del delitto di ingiuria ( se il destinatario stesso è soggetto offeso ) , o la diffamazione ( se i destinatari sono più soggetti).
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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