Inoltre, non ricorrerebbe la necessaria sequenza artificio – induzione in errore – profitto, perché, al contrario, il profitto sarebbe realizzato immediatamente, grazie al versamento di una somma inferiore, e l’alterazione del contrassegno risulterebbe finalizzata a dissimulare il profitto già ottenuto. Simili rilievi, valgono ovviamente nella ipotesi, come nel caso di specie, posto che tra il contravventore e la pubblica amministrazione non sussisteva, prima della falsificazione del certificato di assicurazione, alcun rapporto di debito, tributario o di altra natura; sicché il comportamento fraudolento in nessun modo poteva correlarsi ad un danno all’erario, neppure dilatando al massimo la nozione di atto di disposizione di carattere omissivo.
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