Tenere i propri figli chiusi in casa a chiave può configurare ipotesi di reato qualora si ravvisano rischi alla loro incolumità fisica e psichica. La Suprema Corte, non solo le ha respinto il ricorso ma ha altresì condannato la donna al pagamento delle spese di processo, sostenendo che la punizione inflitta era senza alcun dubbio “ sproporzionata e limitativa della libertà delle figlie tanto da rasentare l’ipotesi di sequestro di persona”.
Tenere i propri figli chiusi in casa a chiave può configurare ipotesi di reato qualora si ravvisano rischi alla loro incolumità fisica e psichica.
Lo sancisce la III sezione penale della Corte di Cassazione con sentenza n°234797/06; con la stessa si è respinto il ricorso di una mamma pugliese che per ben dieci giorni aveva impedito alle proprie figlie di uscire di casa.
L’imputata rivolgendosi in Cassazione, già essendo condannata in appello, aveva spiegato che il suo comportamento altro non era se non una “misura correttiva” nei confronti degli indisciplinati comportamenti delle figlie.
La Suprema Corte, non solo le ha respinto il ricorso ma ha altresì condannato la donna al pagamento delle spese di processo, sostenendo che la punizione inflitta era senza alcun dubbio “ sproporzionata e limitativa della libertà delle figlie tanto da rasentare l’ipotesi di sequestro di persona”.
Per i giudici il suddetto comportamento è stato causa di forte stress emotivo e fisico per le ragazze , mettendo in tal modo a rischio la loro incolumità, di conseguenza si ravvisa la punibilità della madre.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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