Con sentenza del 27 gennaio 2023, la Corte di appello di Milano confermava la decisione del 22 settembre 2021, con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato XXX alla pena di mesi 8 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 10 ter del D.Lgs. n. 74 del 2000, a lui contestato perché, quale legale rappresentante della società YYY srl, avente sede in Milano, non versava, entro il 27 dicembre 2017, termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale riguardante l’anno 2016, per un ammontare pari a Euro 1.756.148; fatto commesso in Milano in data 27 dicembre 2017.
Veniva parimenti confermata la statuizione con cui era stata disposta la confisca della somma di Euro 1.654.432,49, corrispondente al profitto del reato.
Avverso la sentenza della Corte di appello, XXX proponeva ricorso per cassazione.
Il tema controverso ha riguardato l’asserita scusabilità della condotta omissiva che, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe dipesa da comprovate e insuperabili circostanze indipendenti dalla volontà dell’imputato.
La questione era stata già adeguatamente affrontata dalla Corte di appello, che, sviluppando ulteriormente le considerazioni già espresse dal Tribunale, si era posta sulla scia della consolidata affermazione della Suprema Corte (cfr. Sez. 3, n. 23796 del 21/03/2019, Sez. 3, n. 20266 dell’08/04/2014, e Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014, dep. 2015), secondo cui l’imputato può invocare l’assoluta impossibilità di adempiere il debito erariale, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto, occorrendo in definitiva la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili.
La Corte territoriale aveva evidenziato che, anche dando per scontato che la YYY srl si fosse trovata in difficoltà a causa del ritardo dei clienti nei pagamenti, del fallimento di alcune ditte creditrici e della mancata concessione dei fidi da parte delle banche, non era stato tuttavia provato che tale difficoltà fosse insormontabile risultando l’aumento dei dipendenti indicativo invece di una crescita economica.
In ogni caso, non era stato dimostrato che l’imputato, una volta manifestatosi il dissesto economico, si fosse attivato per porvi rimedio, ad esempio mediante il ricorso a fidi bancari, che non risultavano fossero stati effettivamente richiesti.
Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza n. 5152 del 6 febbraio 2024
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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