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Impugnazione delle misure cautelari personali, interesse

Il carattere dell’attualità e della concretezza dell’interesse ad impugnare può essere riconosciuto a condizione che la parte manifesti, in termini positivi ed univoci, la sua intenzione a servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione, intenzione che, naturalmente, nel giudizio in cassazione può essere comunicata dal difensore direttamente in udienza ovvero attraverso memorie scritte. Sebbene in questo modo risulti realizzato un meccanismo assolutamente inedito, attraverso cui il legislatore ha instaurato un legame funzionale tra procedimento di merito e accertamento cautelare, tuttavia deve escludersi che sussista sempre e comunque l’interesse all’impugnazione da parte della persona sottoposta ad indagini, sul presupposto che la decisione della Corte di Cassazione condizionerà la scelta del pubblico ministero.

Pubblicato il 20 April 2007 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il carattere dell’attualità e della concretezza dell’interesse ad impugnare può essere riconosciuto a condizione che la parte manifesti, in termini positivi ed univoci, la sua intenzione a servirsi della pronuncia richiesta in vista dell’azione di riparazione per l’ingiusta detenzione, intenzione che, naturalmente, nel giudizio in cassazione può essere comunicata dal difensore direttamente in udienza ovvero attraverso memorie scritte.

Diverso è il discorso che deve essere fatto in relazione al meccanismo previsto dall’art. 405 comma 1-bis c.p.p., che collega la richiesta di archiviazione del pubblico ministero alla pronuncia della Corte di Cassazione sulla insussistenza dei gravi indizi.

La disposizione in esame è stata introdotta dall’art. 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, ed interviene nel complesso rapporto tra procedimento principale e accertamento incidentale cautelare, prevedendo che la Corte di Cassazione, qualora si pronunci in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, vincoli le scelte del pubblico ministero inerenti l’esercizio dell’azione penale, che dovrà formulare la richiesta di archiviazione, a meno che non siano stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini.

Sebbene in questo modo risulti realizzato un meccanismo assolutamente inedito, attraverso cui il legislatore ha instaurato un legame funzionale tra procedimento di merito e accertamento cautelare, tuttavia deve escludersi che sussista sempre e comunque l’interesse all’impugnazione da parte della persona sottoposta ad indagini, sul presupposto che la decisione della Corte di Cassazione condizionerà la scelta del pubblico ministero.

Peraltro, deve rilevarsi come la stessa formula della disposizione contenuta nel comma 1-bis dell’art. 405 c.p.p. finisca per limitare fortemente la dipendenza del procedimento principale rispetto a quello incidentale: la norma citata si riferisce ad una pronuncia della Corte di Cassazione in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma il giudice di legittimità non si pronuncia sulla mancanza dei gravi indizi, in quanto, generalmente, il suo controllo riguarda la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione relativa al fumus commissi delicti, anche se questo può entrare nel giudizio di legittimità attraverso il motivo di cui alla lett. b) dell’art. 606 c.p.p. .

Esistono casi in cui la verifica può investire più direttamente la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, come nelle ipotesi della pronuncia che rigetti il ricorso del pubblico ministero attraverso l’ordinanza emessa dal tribunale in sede di riesame o di appello cautelare, che abbia revocato la misura coercitiva applicata dal giudice per le indagini preliminari oppure della sentenza che annulli senza rinvio l’ordinanza coercitiva impugnata con ricorso per saltum in cassazione.

Ma al di fuori di pronunce rientranti in queste o analoghe tipologie deve escludersi l’operatività del meccanismo di cui al citato art. 405 comma 1-bis c.p.p., in quanto la cassazione non interviene sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza.

Cassazione Penale, Sezione Sesta, Sentenza n. 9943 del 15 novembre 2006 – depositata l’8 marzo 2007

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