Vi è un’incompatibilità strutturale tra la revoca ex nunc e la misura della confisca, essendo questa revoca ex nunc ipotizzabile soltanto per le misure di prevenzione di cui è costante l’esecuzione al momento in cui viene avanzata la relativa istanza.
Tale incompatibilità è invece inesistente, quando venga avanzata una richiesta di revoca con effetti ex tunc, in contemplazione di una invalidità genetica del provvedimento.
In questi limiti deve dunque ritenersi applicabile l’art. 7 secondo comma alla misura prevista dall’art. 2 ter terzo comma della legge 31 maggio 1965, n. 575, identificandosi nella revoca in esame un mezzo predisposto dal legislatore per adempiere all’obbligo riparatorio prefigurato dall’ultimo comma dell’art. 24 della Costituzione.
Ci si deve però soffermare ancora su questa revoca, per tornare ad osservare che essa si riferisce ad un provvedimento definitivo.
Carattere, questo, che preclude di rimettere in discussione con l’istanza atti o elementi già considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili.
Come correttamente rileva Cass. Sez VI, 17 settembre 2004, n. 46449, la richiesta di rimozione del provvedimento definitivo deve muoversi nello stesso ambito della rivedibilità del giudicato di cui agli art.t. 630 e ss. c.p.p., con postulazione dunque di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento (e sono tali anche quelle non valutate nemmeno implicitamente: S.U., 26 settembre 2001), ovvero di inconciliabilità di provvedimenti giudiziari, ovvero di procedimento di prevenzione fondato su atti falsi o su altro reato.
Gli elementi dedotti saranno diretti a dimostrare l’insussistenza di uno o più dei presupposti del provvedimento reale e pertanto in primo luogo la pericolosità del preposto, ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo al proposto medesimo, il valore sproporzionato della cosa al reddito dichiarato o all’attività economica svolta, il frutto di attività illecite o il reimpiego di profitti illeciti.
In ordine ai limiti soggettivi di esperibilità della revoca, sono legittimati a proporla quanti abbiano partecipato al procedimento di prevenzione o siano stati messi in grado di parteciparvi.
In tal modo simile richiesta non è in tesi proponibile da chi, pur dovendo intervenire perché formalmente titolare dei beni sequestrati, non sia stato chiamato a partecipare al procedimento e comunque non vi abbia partecipato, secondo quanto invece prescritto dal quinto comma dell’art. 2 ter legge n. 575 del 1965.
In questo caso, l’esistenza delle condizioni per la dichiarazione dell’inefficacia del provvedimento (esecutivo anche nei confronti del terzo non intervenuto) può e deve farsi valere, secondo la pacifica giurisprudenza, mediante il ricorso ad incidente di esecuzione (cfr. da ultima, Cass. Sez. VI, 29 settembre 2005, n. 41195).
Incidente nel quale il terzo formalmente titolare, senza preclusioni derivanti dal procedimento di prevenzione cui non ha partecipato, potrà svolgere le sue deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile.
Rispetto ai terzi di cui non risultava l’appartenenza dei beni, durante il procedimento di prevenzione, il provvedimento di confisca è irrevocabile e prevale su eventuali acquisti in buona fede o sulla titolarità di diritti reali di garanzia, per i quali e se del caso residua una tutela risarcitoria in sede civile (Cass. Sez. VI, 4 giugno 2003, n. 38294).
Cassazione Penale, Sezioni Unite, Sentenza n. 57 del 19 dicembre 2006 – depositata l’8 gennaio 2007
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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