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Reiterazione di una misura cautelare per il medesimo fatto

La Suprema Corte ha da tempo stabilito che per la scadenza del termine previsto dall’art. 292 c. p. p. non preclude l’applicazione della medesima misura con un nuovo provvedimento, i quanto non contiene alcun accertamento in ordine ai presupposti della misura.

Pubblicato il 02 April 2007 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Suprema Corte ha da tempo stabilito che per la scadenza del termine previsto dall’art. 309 comma 9 c.p.p. occorre fare riferimento alla data della deliberazione e del deposito del dispositivo, anche se l’ordinanza acquista piena efficacia solo dopo il deposito della motivazione.

Occorre, inoltre, distinguere tre diverse possibili cause di estinzione delle misure cautelari.

Una misura cautelare si estingue innanzi tutto se il provvedimento applicativo viene annullato per mancanza dei requisiti di validità prescritti dall’art. 292 c.p.p. (ad esempio la motivazione), che rimane però sanata dalla scadenza dei termini previsti per le impugnazioni de libertate, quando non si tratti di vizi che rendano il provvedimento inesistente e ineseguibile a norma dell’art. 292 c.p.p., anche se la questione non sia stata oggetto di specifica deduzione.

E viceversa l’annullamento del provvedimento applicativo per difetto dei requisiti di validità prescritti dall’art. 292 c.p.p. non preclude l’applicazione della medesima misura con un nuovo provvedimento, i quanto non contiene alcun accertamento in ordine ai presupposti della misura.

Una misura cautelare si estingue in secondo luogo se la mancanza dei suoi presupposti edittali (art. 280 e 287 c.p.p.) probatori (art. 273 c.p.p.) o cautelari (art. 274 c.p.p.) ne determini la revoca (art. 299 comma 1 c.p.p.) ovvero giustifichi l’annullamento del provvedimento applicativo in sede di riesame (art. 309 comma 9 c.p.p.) o, limitatamente alla mancanza dei presupposti edittali, in seguito a ricorso per cassazione (art. 311 c.p.p.).

E con riferimento ai presupposti delle misure la Corte ha precisato che le decisioni adottate nei giudizi incidentali dell’impugnazione hanno effetto preclusivo limitato alle sole questioni effettivamente dedotte, sia pure in forma implicita in quanto logicamente presupposte da quelle enunciate esplicitamente.

Sicché la preclusione che deriva dal cosiddetto giudicato cautelare attiene alle singole questioni, non al procedimento previsto dall’art. 299 c.p.p., che può essere sempre attivato dall’interessato con la richiesta di revoca ed eventualmente con le successive impugnazioni. E il giudice chiamato a pronunciarsi nuovamente sui presupposti di una misura cautelare, quando rileva che vengono riproposte questioni già discusse e valutate nel corso di precedenti incidenti de libertate, può limitarsi a richiamare le decisioni conclusive di quei procedimenti incidentali, con una motivazione per relationem, ma non può dichiarare inammissibili in nome del giudicato cautelare né la richiesta di revoca né le impugnazioni.

Il giudice della revoca o del riesame infatti è sempre tenuto ad accertare d’ufficio se vi siano ragioni, anche diverse da quelle prospettategli dall’interessato, che dimostrino l’attuale insussistenza dei presupposti della misura; e può ritenere superate, in ragione di un diverso contesto valutativo, le decisioni già assunte a seguito delle impugnazioni de libertate.

L’estinzione di una misura cautelare può infine verificarsi ope legis, per caducazione automatica conseguente al verificarsi di determinati eventi che non incidono di regola né sulla validità del provvedimento applicativo né sui presupposti di applicazione della misura (si discostano solo in parte dal modello le particolari ipotesi di caducazione previste dall’art. 300 c.p.p. con riferimento alla pronuncia di determinate sentenze).

Sicché è legittima la reiterazione di una misura per il medesimo fatto, e non solo quando si tratti di rinnovare un provvedimento viziato di nullità o altrimenti caducato, salvo che sia stata accertata con decisione irrevocabile l’inesistenza di alcuno dei suoi presupposti e la situazione sia rimasta immutata.

Tuttavia, il decorso dei termini di impugnazione della prima ordinanza cautelare preclude la possibilità di rilevarne un’eventuale nullità per violazione dell’art. 292 c.p.p., ma non preclude affatto la possibilità di rilevare l’eventuale attuale mancanza dei presupposti della misura cautelare disposta.

Cassazione Penale, Sezione Quinta, Sentenza n. 5701 del 15 gennaio 2007 – depositata il 9 febbraio 2007

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