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Responsabilità 231 e cancellazione della società dal registro delle imprese

Il Tribunale di Milano, con sentenza dell’8 settembre 2020, aveva condannato XXX per i reati di turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente oltre che per corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e i responsabili amministrativi della società YYY Srl in liquidazione (e della ZZZ S. p. a) alla pena pecuniaria di Euro 50. 150 c. p. La questione dell’equiparazione tra società cancellata e morte del reo, con relativa cessazione di ogni rapporto processuale dipendente dall’illecito derivante dal delitto presupposto, ha visto negli anni svilupparsi un ricco dibattito giurisprudenziale e dottrinale con due diverse posizioni.

Pubblicato il 18 August 2024 in Diritto Penale, Diritto Societario, Giurisprudenza Penale

Il Tribunale di Milano, con sentenza dell’8 settembre 2020, aveva condannato XXX per i reati di turbata libertà degli incanti e del procedimento di scelta del contraente oltre che per corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio e i responsabili amministrativi della società YYY Srl in liquidazione (e della ZZZ S.p.a) alla pena pecuniaria di Euro 50.000 per l’illecito amministrativo sopra indicato.

La Corte di appello, dopo avere escluso che fossero enucleabili indici di fraudolenza nella cancellazione della società, avvenuta nel 2017, atteso che dalla visura camerale risultava che la procedura di messa in liquidazione volontaria fosse antecedente alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini, dichiarava non doversi procedere nei confronti della società YYY Srl in liquidazione in ordine all’illecito amministrativo ascritto perché estinto per intervenuta cessazione della società, equiparando la cancellazione alla morte del reo ai sensi dell’art. 150 c.p.

La questione dell’equiparazione tra società cancellata e morte del reo, con relativa cessazione di ogni rapporto processuale dipendente dall’illecito derivante dal delitto presupposto, ha visto negli anni svilupparsi un ricco dibattito giurisprudenziale e dottrinale con due diverse posizioni.

Da un lato, quella assunta dalla Corte di appello di Milano che, dichiarando l’estinzione dell’illecito amministrativo per avvenuta cancellazione della YYY Srl, aderiva all’orientamento della sentenza della Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019 (In tema di responsabilità da reato degli enti, l’estinzione fisiologica e non fraudolenta dell’ente – nella specie cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare – determina l’estinzione dell’illecito previsto dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, ricorrendo un caso assimilabile alla morte dell’imputato.).

Dall’altro lato, quella sostenuta dal Procuratore generale nella sua requisitoria, che chiedeva di escludere che la cancellazione dell’ente dal registro delle imprese determini l’estinzione dell’illecito, previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, commesso nell’interesse e a vantaggio dello stesso (Sez. 4, n. 9006 del 22/02/2022 e Sez. 2, n. 37655 dell’8/06/2023).

Detta posizione tende ad evitare che la compagine sociale, con cancellazioni “di comodo”, paralizzi la risposta punitiva dell’ordinamento e, prima ancora, l’accertamento della responsabilità dell’ente per fatti anteriormente commessi.

Le argomentazioni di detta seconda posizione giurisprudenziale non sono state ritenute condivisibili dalla Suprema Corte.

A seguito della riforma delle società di capitali e cooperative, avvenuta con il D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione ha assunto effetti costitutivi dell’estinzione irreversibile della società, ai sensi dell’art. 2495, secondo comma, c.c., anche in presenza di debiti rimasti insoddisfatti e rapporti non definiti, come ulteriormente confermato dalle Sezioni unite civili (Sez. U, nn. 4060, 4061 e 4062 del 22/02/2010 e Sez. U civ. 12/03/2013 nn. 6070, 6071 e 6072), tanto da essersi posto il problema oggetto di esame.

È proprio la valorizzazione del disposto della norma citata a confermare che le formalità della cancellazione dal registro delle imprese comportino il venir meno della persona giuridica, con l’inevitabile conclusione che le si estendano le disposizioni riguardanti l’imputato, ai sensi dell’art. 35 del D. Igs n. 231 del 2001, e si generino, così, gli stessi effetti della morte del reo.

La sopravvivenza della società cancellata dal registro delle imprese ai soli effetti penali, da un lato, determinerebbe l’applicazione di sanzioni inattuabili, dall’altro finirebbe per gravare, in sede esecutiva, su soggetti terzi rispetto all’ente responsabile della violazione, persino con il pericolo della duplicazione di sanzioni a carico di questi, tanto da far retrocedere l’argomento della tassatività (o eccezionalità) delle cause estintive degli illeciti (artt. 8 e 67 D.Lgs. n. 231 del 2001).

Inoltre, l’art. 2495, secondo comma, c.c. prevede un meccanismo di portata generale che non consente di stabilire effetti differenti a seconda che le cancellazioni dal registro delle imprese siano “fisiologiche” (cancellazione della società a seguito di chiusura della procedura fallimentare: Sez. 2, n. 41082 del 10/09/2019) o “fraudolente” ovverosia predisposte per eludere le sanzioni conseguenti agli eventuali illeciti posti in essere nel suo interesse o a suo vantaggio (Sez. 5, n. 25492 del 27/04/2021), come ritenuto sino ad ora dalla giurisprudenza della Suprema Corte e dalla stessa sentenza impugnata.

Infatti, è proprio la dissoluzione volontaria dell’ente, conseguenza della sua definitiva auto espulsione dal mercato a causa dell’utilizzo di pratiche corruttive, inidonee a reggere alle sue dinamiche, a realizzare, in termini ancor più incisivi, gli obiettivi special-preventivi perseguiti dal D.Lgs. n. 231 del 2001 con un sistema che compensa, attraverso l’eliminazione dall’universo giuridico degli enti che si sono retti su sistemi illeciti, la mancata applicazione delle sanzioni pecuniarie.

Corte di Cassazione, Sezione Sesta Penale, Sentenza n. 25648 del 1 luglio 2024

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