La rinnovazione del dibattimento in appello è sostanzialmente uno strumento finalizzato all’integrazione totale o parziale del quadro probatorio del giudizio di primo grado e quindi all’acquisizione di materiale nuovo e diversificato.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza trattasi di un istituto eccezionale, dovendo presumersi la completezza dell’istruzione dibattimentale di primo grado.
Il legislatore, con il primo comma dell’art. 603 c.p.p., ha disposto che la parte, con l’atto di appello o con i motivi presentati a norma dell’art. 585 comma 4 c.p.p., può chiedere la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l’assunzione di nuove prove, intese queste ultime come prove già note alle parti nel giudizio di primo grado ma non acquisite in quella sede.
La rinnovazione è disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti.
Trattasi di una valutazione discrezionale che non è sindacabile in cassazione se logicamente e congruamente motivata. La non necessità deve però basarsi, non solo sulle risultanze già acquisite, ma anche sulle prospettive di riforma della sentenza impugnata correlate all’assunzione della nuova prova richiesta.
Inoltre essa deve ora tenere conto anche del testo dell’articolo 530 primo comma introdotto con l’articolo 5 della legge n. 46 del 2006, in forza del quale la colpevolezza deve risultare al di là di ogni ragionevole dubbio.
Di conseguenza, se la prova nuova appare idonea a creare ragionevoli dubbi in ordine alla responsabilità dell’imputato, essa non potrebbe essere considerata non decisiva.
Nel processo indiziario o in uno in cui l’affermazione di responsabilità si fonda solo sulla dichiarazione della persona offesa la valutazione del magistrato deve essere particolarmente oculata ed il giudice deve supportare la propria decisione con una motivazione adeguata che dia conto dell’effettiva non necessità dell’integrazione probatoria.
Invece, nel caso di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice deve disporre la rinnovazione nei limiti previsti dall’art. 495 comma 1 c.p.p., il quale, a sua volta, richiama gli artt. 190 comma 1 e 190-bis c.p.p., relativi, rispettivamente al diritto alla prova ed ai requisiti della prova nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nello stesso articolo 190 bis o nell’art. 51 comma 3-bis c.p.p. .
In conseguenza di tale doppio richiamo, deve ritenersi che, nel caso previsto nell’art. 603 comma 2 c.p.p., il giudice, in presenza d’istanza di parte e dei presupposti richiesti dalla norma, è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestatamente superflue o irrilevanti, in sostanza escludendo le prove del tutto incongruenti rispetto al thema decidendum e quelle che mirano a provare un fatto del tutto pacifico e incontrovertibile.
Mentre, nei procedimenti relativi a taluno dei delitti menzionati nello stesso art. 190 bis o nel comma 3-bis dell’art. 51 c.p.p., ove sia richiesto l’esame di testimoni o di persone indicate nell’art. 210 (imputati in procedimento connesso o collegato), che abbiano già reso dichiarazioni nel corso di incidente probatorio ovvero dichiarazioni i cui verbali siano stati già acquisiti (a norma dell’art. 238), l’esame deve essere ammesso se ritenuto necessario sulla base di specifiche esigenze, giustificandosi tale maggiore possibilità di riascoltare le persone già indicate o in relazione alla notevole gravità dei fatti da giudicare o alla difficoltà di accertare la verità in simili processi o, infine, alla minore attendibilità di tali categorie di persone. In definitiva a norma del secondo comma dell’art. 603 c.p.p., allorché viene chiesta l’ammissione di una prova nuova, diversa da quelle indicate nell’articolo 190 bis, non è indispensabile la sua decisività essendo sufficiente l’utilità.
Cassazione Penale, Sezione Terza, Sentenza n. 230 del 9 novembre 2006 – depositata il 10 gennaio 2007
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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