L’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente.
Ai sensi dell’articolo 654 c.p.p., l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna.
Nessuna automatica autorità di cosa giudicata può (più) attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente e, pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in detta materia, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare (ex plurimis, Cass. nn. 10945 del 2005, 2499 del 2006, 5720 del 2007, 1014 del 2008; n. 16238 del 2009; Sez. 5, Sentenza n. 3724 del 17/02/2010; Sez. 5, Sentenza n. 8129 del 23/05/2012).
In particolare, la Suprema Corte ha precisato che nel processo tributario, l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente per insussistenza del reato di esposizione di elementi passivi fittizi mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, non opera automaticamente per i fatti relativi alla correlata azione di accertamento fiscale nei confronti della società, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella testimoniale Decreto Legislativo n. 546 del 1992, ex articolo 7) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna.
Pertanto, stante l’evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (articolo 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19786 del 27/09/2011).
Da ultimo, la Suprema Corte ha aggiunto, con riguardo all’ipotesi di assoluzione in sede penale anche con formula piena, che in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 7, comma 4, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna.
Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16262 del 28/06/2017).
Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, Ordinanza n. 30941 del 27 novembre 2019
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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