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accusativo

L’accusativo è uno dei casi fondamentali della declinazione dei nomi nelle lingue che ne possiedono una. Viene definito, insieme al nominativo e al vocativo, “caso retto” oppure “diretto” (in contrapposizione ai “casi obliqui” o “indiretti”). Il termine «accusativo» deriva dal latino accusativus (casus), errata traduzione del greco (he aitiatiké ptôsis). A male interpretare l’espressione greca sono stati i grammatici latini, che hanno ricollegato il vocabolo al verbo (aitiâsthai, “accusare”) anziché al sostantivo (aitía, “causa”) o all’aristotelico (to aitiatikón, “l’effetto”). La traduzione latina corretta del termine greco sarebbe, quindi, causativus “causativo”, come già faceva notare Prisciano, traduzione che meglio sottolinea il rapporto di causa e effetto fra il verbo e il nome in accusativo. Normalmente è il caso del complemento oggetto, rappresentante il rapporto diretto dell’azione del verbo che si “trasferisce” (in latino transit, da cui il termine “transitivo”) da chi compie l’azione (il soggetto) a chi la subisce (l’oggetto): es: Mario possiede un libro. La costruzione dei verbi transitivi con un “soggetto” al nominativo e l'”oggetto” all’accusativo è tipica delle lingue cosiddette “nominative/accusative” (o semplicemente “accusative”), mentre nelle lingue ergative il “soggetto” (cioè l’agente dal punto di vista dei ruoli semantici) viene espresso da un caso particolare, l’ergativo, e l’oggetto (“paziente”) è nel caso meno marcato (“assolutivo”), lo stesso del “soggetto” di verbi intransitivi. Se si esce dall’ambito delle lingue indoeuropee, si possono osservare molti altri modi di esprimere l’accusativo e molte altre funzioni svolte da questo caso. In ebraico, ad esempio, l’accusativo è marcato da una particella ‘et preposta al nome (“segnacaso di accusativo”). L’incipit della Genesi ne contiene un chiaro esempio: : Una analoga particella è presente allo stato residuale in arabo classico, limitatamente all’uso coi pronomi: : :() Sempre in arabo, è interessante notare i molteplici usi dell’accusativo, al di là dell’espressione dell’oggetto diretto. Spesso esso viene utilizzato con valore avverbiale (ad esempio dā’iman, “sempre”, propriamente “persistente+ACCUS”) o predicativo (ad esempio: kāna marīḍan “era malato”, propriamente “era malato+ACCUS”).

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