I redditi agrari, disciplinati dagli articoli 32 – 35, D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, sono la parte di reddito fondiario attribuita al capitale di esercizio ed all’organizzazione nell’attività agricola. Sono considerate attività agricole: le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura (Art. 32, c. 2, lettera a), D.P.R. 917/1986); l’allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno (Art. 32, c. 2, lettera b), D.P.R. 917/1986); le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l’utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste (Art. 32, c. 2, lettera b), D.P.R. 917/1986); le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali (Art. 32, c. 2, lettera b), D.P.R. 917/1986). acquacoltura: se i redditi sono per il soggetto prevalenti rispetto a quelli di altre attività economiche non agricole. produzione di energia elettrica e calore da biomasse Relativamente all’allevamento di animali, quando il limite di quelli allevabili con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno, calcolabile in base alle tabelle ministeriale (per il biennio 2005-2006 D.M. 20 aprile 2006) in cui vengono fissate le quantità di mangimi (unità foraggere) producibili per ogni tipologia di terreno ed occorrenti per ogni capo animale, viene superato, l’eccedenza di reddito è sempre considerato reddito d’impresa. Non si considerano produttivi di reddito agrario i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, quelli dati in affitto per usi non agricoli, nonché quelli strumentali all’esercizio di impresa commerciale (Art. 32, c. 4, D.P.R. 917/1986).