In araldica, il termine campo in senso stretto indica la superficie dello scudo. In una prima estensione del significato, il campo indica anche il modo in cui, nel suo insieme, è trattata la superficie dello scudo. Indica in tal caso l'”attributo di campo”, cioè il modo in cui la superficie è stata riempita. In una ulteriore estensione del significato, questo “attributo del campo” si può applicare ad una superficie qualsiasi, e non solo al campo propriamente detto. Tutte le componenti del blasone hanno un attributo di campo. Ve ne sono tre categorie principali: la maggior parte delle volte l’attributo di campo è uno smalto uniforme (un colore o un metallo); può anche essere una pelliccia (o fodera): armellino e vaio, contrarmellino e controvaio; il campo può essere anche ripartito o seminato. Taluni araldisti, quali ad esempio quelli inglesi, ammettono che il campo di uno scudo possa essere costituito da un paesaggio, ma probabilmente si tratta solo dell’equivalente dell’italiano campo di cielo. Per estensione, uno scudo, o un qualsiasi elemento, può essere oggetto di una partizione preliminare, ed in tal caso ogni elemento della partizione è trattato separatamente. Per descrivere l’attributo di campo si blasonerà allora la partizione, ma in questo caso non si parla più di campo in senso stretto. Così, le armi raffigurate a fianco (della Contea di Gradisca) non hanno un campo in senso stretto, ma sono composte da una figura (una croce ancorata) posta su uno sfondo composto, il che si potrebbe blasonare semplicemente Una croce ancorata d’argento su un campo troncato d’oro e d’azzurro. Se invece si descrive prima il fondo, è preferibile dire troncato d’oro e d’azzurro, alla croce ancorata d’argento attraversante sul tutto, per evitare possibile confusione – dovuta ad una virgola – con delle armi blasonate come troncato d’oro, e d’azzurro alla croce ancorata d’argento, in cui la croce sarebbe caricata solo sulla parte inferiore dello scudo.