Il concubinato descriveva la situazione familiare in cui una donna, non legata da vincolo di coniugio, conviveva ed era economicamente mantenuta da un amante uomo coniugato con una donna. Nel diritto romano il concubinato ha ottenuto una prima rilevanza giuridica con la Lex Iulia de adulteriis. L’istituto ha subito notevoli modificazioni nel corso del tempo ed è stato disciplinato in modo differente nei differenti sistemi giuridici nazionali. Oggi è disciplinato positivamente solo in alcuni ordinamenti nazionali. La donna coinvolta nel concubinato viene detta concubina. Il termine deriva dalla parola latina concùmbere composta da: con (->cum): assieme cùmbere (->cubare): giacere a letto. Il corrispondente maschile non è sostanzialmente mai entrato in uso, a causa dell’asimmetria della relazione; l’uomo era infatti nella stragrande maggioranza dei casi il partner dominante, sia socialmente che economicamente. Nelle società che permettevano la schiavitù, il concubinato poteva coinvolgere una schiava e il suo padrone. Tuttavia si trattava spesso di una relazione consensuale, dato che forniva un mezzo di sostentamento per la concubina. Normalmente la concubina viveva nella stessa residenza del suo partner. Il termine veniva usato anche per indicare lo stato di un uomo e una donna non sposati che convivono come amanti senza obblighi permanenti (caratteristici del matrimonio). Oggi tale relazione viene comunemente indicata dall’espressione “convivenza more uxorio”, o semplicemente “convivenza”. Da notare che in paesi come la Francia il termine “concubinage” esprime precisamente il concetto di “convivenza more uxorio” o di unione civile. Nella Svizzera italiana il termine concubinato corrisponde giuridicamente alla convivenza more uxorio italiana. In Europa, le concubine dei nobili erano dette “cortigiane”. Dato che i matrimoni tra nobili erano combinati, spesso i nobili avevano una relazione sentimentale con una cortigiana; questa era detta “la favorita”.