L’esistenzialismo è una variegata e non omogenea corrente di pensiero che si è espressa nella filosofia, nella letteratura, nelle arti e nel costume, affermando, nell’accezione più comune del termine, il valore dell’esistenza umana individuale, in opposizione ad altri principi filosofici. Nato tra il XVIII e il XIX secolo, trovando ampio sviluppo nel XX secolo diffondendosi e affermandosi principalmente tra la fine degli anni venti e i cinquanta, esso insiste sul valore specifico dell’individuo e sul suo carattere precario e finito, sull’insensatezza, l’assurdo, il vuoto che caratterizzano la condizione dell’uomo moderno, oltre che sulla «solitudine di fronte alla morte» in un mondo che è diventato completamente estraneo oppure ostile. Esso nasce anche in opposizione all’idealismo, al positivismo e al razionalismo, assumendo in alcuni rappresentanti un’accentuazione religiosa, in altri un carattere umanistico e mondano, sia pessimista che ottimista, influenzando numerose altre filosofie parallele e successive. A seconda della definizione data al “movimento”, un filosofo o un indirizzo filosofico può essere o meno considerato come espressione dell’esistenzialismo. Questo spiega perché alcuni dei filosofi che sono considerati tra i rappresentanti maggiori dell’esistenzialismo (come Heidegger e Jaspers) ne abbiano rifiutato la qualifica, assunta invece come bandiera da altri, come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir. In particolare è Sartre a rendere celebre il termine nel lessico filosofico e nell’accezione popolare, con la sua conferenza L’esistenzialismo è un umanismo. Benché fin dall’antichità possano individuarsi numerosi precursori dell’esistenzialismo (come Tito Lucrezio Caro, Socrate o lo stoicismo), l’inizio dell’esistenzialismo in senso stretto è collocabile nel periodo del romanticismo, già a partire dalla cosiddetta filosofia positiva di Friedrich Schelling: secondo Luigi Pareyson, infatti, «gli esistenzialisti autentici, i soli veramente degni del nome, Heidegger, Jaspers e Marcel, si sono richiamati a Schelling o hanno inteso fare i conti con lui». È quindi con la figura di Søren Kierkegaard (morto nel 1855), assieme ad Arthur Schopenhauer, Giacomo Leopardi e al successivo Friedrich Nietzsche che l’esistenzialismo si afferma come corrente; per altri è con Heidegger e Jaspers che esso ha inizio, a partire dal decennio 1920-1930, per altri ancora dal secondo dopoguerra con Sartre. Tra il 1928 e il 1940 Martin Heidegger è stato il più importante rappresentante dell’esistenzialismo su base fenomenologica e il suo Essere e tempo può essere considerato una pietra miliare dell’esistenzialismo moderno. Verso il 1936 egli opera nel suo pensiero quella che può essere definita una “svolta” in senso nettamente spiritualistico e da quel momento la sua filosofia assume nette connotazioni teologiche in senso panenteistico, volta principalmente alla speculazione sull’Essere, anziché sull’umanismo come nella corrente francese, subendo l’influsso del pensiero greco arcaico (Anassimandro, Eraclito), di Hölderlin, della mistica renana e delle filosofie orientali (taoismo). Altra figura importante è Karl Jaspers, che partendo da basi psicologistiche nelle prime opere approda a una speculazione specificamente filosofica tra il 1946 e il 1962, su una linea che ripropone alcuni temi che erano già di Kierkegaard. Un momento importante nell’evoluzione del pensiero esistenzialistico è rappresentato dalla presa di coscienza degli orrori della Prima guerra mondiale e dalla crisi della coscienza intellettuale che si ebbe nell’immediato dopoguerra. A cominciare dagli anni 1944-1945 è stato l’esistenzialismo ateo di Sartre a ricevere le maggiori attenzioni, anche in rapporto al marxismo e al materialismo storico da lui abbracciati e sostenuti, mentre la compromissione con il regime nazista da parte di Heidegger ha pesato notevolmente sulla sua immagine dopo la seconda guerra mondiale, facendo sì che ritrovasse maggiore attenzione solo negli anni sessanta. Al seguito di Sartre (ispirandosi anche ad Husserl), numerosi altri pensatori del XX secolo sono stati avvicinati alla corrente o ne hanno fatto parte, come Simone de Beauvoir, Albert Camus, Maurice Merleau-Ponty, Raymond Aron e, al di fuori del “circolo sartriano”, Emil Cioran, Nicola Abbagnano, Emanuele Severino (che riprende temi di Heidegger) ed altri.