In diritto si intendeva per figlio naturale il figlio procreato da genitori non uniti tra loro da vincolo matrimoniale (così come indicato dall’articolo 30 della Costituzione). Nella versione originale del Codice Civile, il figlio naturale era identificato come figlio illegittimo, in contrapposizione al figlio legittimo (procreato cioè da persone unite tra loro in matrimonio) ma, a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975, tale definizione è stata abbandonata e la distinzione con i figli legittimi è venuta meno, salvo quanto previsto per quanto riguarda la costituzione legale del rapporto di filiazione . In tal caso, infatti, un pieno rapporto giuridico di filiazione non si costituisce automaticamente, ma solo per effetto di un atto volontario del genitore (riconoscimento di figlio naturale) o di accertamento a opera del giudice (dichiarazione giudiziale di paternità e di maternità). Ciò non significa che il solo fatto della procreazione non abbia rilevanza giacché essa è comunque fonte di responsabilità dei genitori (per quanto attiene il mantenimento per esempio). La legge n. 219/2012 (che ora riconosce pienamente i rapporti di parentela tra i figli naturali e i parenti dei loro genitori) prevede l’unificazione dello stato giuridico di figlio, con totale eliminazione di ogni differenza tra figli legittimi, naturali e adottivi. Il completamento della riforma è affidato a decreti legislativi da adottare entro un anno.