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Giuseppe Ungaretti

Biografia Anni giovanili Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto, nel quartiere periferico di Moharrem Bey, l’8 febbraio del 1888 (ma venne denunciato all’anagrafe come nato il 10 febbraio, e festeggiò sempre il suo compleanno in quest’ultima data) da genitori italiani originari della provincia di Lucca. Il padre, operaio allo scavo del Canale di Suez, morì due anni dopo la nascita del poeta in un incidente sul lavoro, nel 1890. La madre*, Maria Lunardini, mandò avanti la gestione di un forno di proprietà, con il quale garantì gli studi al figlio, che si poté iscrivere in una delle più prestigiose scuole di Alessandria, la Svizzera École Suisse Jacot. Nel 1930 scrisse una poesia che chiamò La madre, a breve distanza dalla morte di Maria Lunardini, la sua mamma, appunto. L’amore per la poesia nacque durante questo periodo scolastico e si intensificò grazie alle amicizie che egli strinse nella città egiziana, così ricca di antiche tradizioni come di nuovi stimoli, derivanti dalla presenza di persone provenienti da tanti paesi del mondo; Ungaretti stesso ebbe una balia originaria del Sudan, una domestica croata e una badante argentina. In questi anni, attraverso la rivista Mercure de France, il giovane si avvicinò alla letteratura francese e, grazie all’abbonamento a La Voce, alla letteratura italiana: inizia così a leggere le opere, tra gli altri, di Rimbaud, Mallarmé, Leopardi, Nietzsche, Baudelaire, quest’ultimo grazie all’amico Moammed Sceab.Muḥammad Shihāb, di famiglia egiziana non umile (Ungaretti lo qualificava, con enfasi poetica, “figlio di Emiri nomadi”), era nato ad Alessandria d’Egitto il 23 gennaio 1887 da Ibrāhīm Shihāb e da ʿĀʾisha, di cui tuttavia non si ricorda il nome di famiglia. Fu amico del futuro poeta, in quanto entrambi frequentavano il liceo Jacot, dove si appassionarono dei testi di Baudelaire e Nietzsche. Nel 1912, appena venticinquenne, si trasferì a Parigi, dove fu raggiunto presto dall’amico italiano. Patì la condizione frustrante dell’esule (s’era dato, nel suo tentativo di integrazione nella società parigina il nome di Marcel, lavorando per mantenersi come contabile). Morì suicida il 9 settembre 1913, nella medesima pensione di Rue des Carmes 5 in cui viveva Ungaretti. Moammed Sceab fu seppellito nel cimitero di Ivry-sur-Seine, come in una sua poesia ricorda il suo memore e affezionato compagno di scuola e amico di gioventù. Ebbe anche uno scambio di lettere con Giuseppe Prezzolini. Nel 1906 conobbe Enrico Pea, da poco tempo emigrato in Egitto, con il quale condivise l’esperienza della “Baracca Rossa”, un deposito di marmi e legname dipinto di rosso che divenne sede di incontri per anarchici e socialisti. Lavorò per qualche tempo come corrispondente commerciale, ma realizzò alcuni investimenti sbagliati; si trasferì poi a Parigi per svolgere gli studi universitari. Soggiorno in Francia Nel 1912 Ungaretti, dopo un breve periodo trascorso al Cairo, lasciò l’Egitto e si recò a Parigi. Nel tragitto vide per la prima volta l’Italia ed il suo paesaggio montano. A Parigi frequentò per due anni le lezioni del filosofo Bergson, del filologo Bédier e di Strowski, alla Sorbonne e al Collège de France. Venuto a contatto con un ambiente artistico internazionale, conobbe Apollinaire, con il quale strinse una solida amicizia, e analoga amicizia strinse anche con Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Picasso, De Chirico, Modigliani e Braque. Invitati da Papini, Soffici e Palazzeschi iniziarono la loro collaborazione alla rivista Lacerba. Nel 1913 morì l’amico d’infanzia Moammed Sceab, suicida nella stanza dell’albergo di rue des Carmes, che condivideva con Ungaretti. Nel 1916, all’interno de Il porto sepolto, verrà pubblicata la poesia a lui dedicata, In memoria. In Francia Ungaretti filtrò le precedenti esperienze, perfezionando le conoscenze letterarie e lo stile poetico. Dopo qualche pubblicazione su Lacerba, (16 componimenti), avvenuta grazie al sostegno di Papini, Soffici e Palazzeschi, decise di partire volontario per la Grande Guerra. La Grande Guerra Quando nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, Ungaretti partecipò alla campagna interventista, per poi arruolarsi volontario nel 19º reggimento di fanteria, quando il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra. In seguito alle battaglie sul Carso scrisse un taccuino di poesie che furono raccolte dall’amico Ettore Serra (un giovane ufficiale) e stampate in 80 copie presso una tipografia di Udine nel 1916, con il titolo Il porto sepolto. Collaborava a quel tempo anche al giornale di trincea Sempre Avanti. Trascorse un breve periodo a Napoli, nel 1916 (testimoniato da alcune poesie, per esempio Natale: “Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo di strade…”) . Il 26 gennaio 1917 a Santa Maria la Longa (UD) scrisse la nota poesia Mattina. Nella primavera del 1918 il reggimento al quale apparteneva Ungaretti andò a combattere in Francia nella zona di Champagne. Al suo rientro a Parigi il 9 novembre 1918, nel suo attico parigino, trovò il suo amico Apollinaire stroncato dalla febbre spagnola. Tra le due guerre Al termine della guerra il poeta rimase a Parigi dapprima come corrispondente del giornale Il Popolo d’Italia, ed in seguito come impiegato all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana. Nel 1919 venne stampata a Parigi la raccolta di poesie francesi La guerra, che sarà poi inserita nella seconda raccolta di poesie Allegria di naufragi pubblicata a Firenze nello stesso anno. Nel 1920 il poeta sposò Jeanne Dupoix, dalla quale avrà due figli, Anna Maria (o Anna-Maria, come soleva firmare, con trattino alla francese), detta Ninon (17 febbraio 1925) e Antonietto (19 febbraio 1930). Nel 1921 si trasferì a Marino (Roma) e collaborò all’Ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Gli anni venti segnarono un cambiamento nella vita privata e culturale del poeta. Aderì in parte al fascismo firmando il Manifesto degli intellettuali fascisti nel 1925. In questi anni egli svolse una intensa attività su quotidiani e riviste francesi (Commerce e Mesures) e italiane (sulla La Gazzetta del Popolo), e realizzò diversi viaggi in Italia e all’estero per varie conferenze, ottenendo nel frattempo vari riconoscimenti di carattere ufficiale, come il Premio del Gondoliere. Furono questi anche gli anni della maturazione dell’opera Sentimento del Tempo; prime pubblicazioni di alcune sue liriche avvennero su L’Italia letteraria e Commerce. Nel 1923 venne ristampato Il porto sepolto presso La Spezia, con una sbrigativa prefazione di Benito Mussolini, che aveva conosciuto nel 1915, durante la campagna dei socialisti interventisti. L’8 agosto 1926, nella villa di Pirandello, nei pressi di Sant’Agnese, sfidò a duello Massimo Bontempelli a causa di una polemica nata sul quotidiano romano “Il Tevere”. Ungaretti fu leggermente ferito al braccio destro e il duello finì con una riconciliazione. Nel 1928 maturò invece la sua conversione religiosa al cattolicesimo, evidente nell’opera Sentimento del Tempo. A partire dal 1931 ebbe l’incarico di inviato speciale per La Gazzetta del Popolo e si recò in Egitto, in Corsica, nei Paesi Bassi e nell’Italia meridionale, raccogliendo il frutto delle esperienze vissute in Il povero nella città (che sarà pubblicato nel 1949), e nella sua rielaborazione Il deserto e dopo, che vedrà la luce solamente nel 1961. Nel 1933 il poeta aveva raggiunto il massimo della sua fama. Nel 1936, durante un viaggio in Argentina su invito del Pen Club, gli venne offerta la cattedra di letteratura italiana presso l’Università di San Paolo del Brasile, che Ungaretti accettò; trasferitosi con tutta la famiglia, vi rimarrà fino al 1942 per sfuggire al fascismo, di cui intanto era divenuto oppositore. A San Paolo nel 1939 morirà il figlio Antonietto, all’età di nove anni, per un’appendicite mal curata, lasciando il poeta in uno stato di acuto dolore e d’intensa prostrazione interiore, evidente in molte delle poesie raccolte ne Il Dolore del 1947 e in Un Grido e Paesaggi del 1952. La seconda guerra mondiale e il dopoguerra Nel 1942 Ungaretti ritornò in Italia e venne nominato Accademico d’Italia e «per chiara fama» professore di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università di Roma, ruolo che mantenne fino al 1958 e poi, come “fuori ruolo”, fino al 1965. Intorno alla sua cattedra si formarono alcuni intellettuali che in seguito si sarebbero distinti per importanti attività culturali e notevoli carriere accademiche, come Leone Piccioni, Luigi Silori, Mario Petrucciani, Guido Barlozzini, Raffaello Brignetti, Ornella Sobrero, Elio Filippo Accrocca. A partire dal 1942 la casa editrice Mondadori iniziò la pubblicazione dell’opera omnia di Ungaretti, intitolata Vita di un uomo. Nel secondo dopoguerra Ungaretti pubblicò nuove raccolte poetiche, dedicandosi con entusiasmo a quei viaggi che gli davano modo di diffondere il suo messaggio, e ottenendo significativi premi come il Premio Montefeltro nel 1960 e il Premio Etna-Taormina nel 1966. Gli ultimi anni In Italia raggiunse una certa notorietà presso il grande pubblico nel 1968, grazie alle sue intense letture televisive di versi dell’Odissea (che precedevano la nota versione italiana del poema omerico per il piccolo schermo, a cura del regista Franco Rossi). Nel 1958 ricevette la cittadinanza onoraria di Cervia. Nel 1969 fondò l’associazione Rome et son histoire. Nella notte tra il 31 dicembre 1969 e il 1º gennaio 1970 scrisse l’ultima poesia, L’Impietrito e il Velluto, pubblicata in una cartella litografica il giorno dell’ottantaduesimo compleanno del poeta. Nel 1970 conseguì un prestigioso premio internazionale dell’Università dell’Oklahoma, negli Stati Uniti, dove si recò per il suo ultimo viaggio che debilitò definitivamente la sua pur solida fibra. Morì a Milano nella notte tra l’1 e il 2 giugno 1970 per broncopolmonite. Il 4 giugno si svolse il suo funerale a Roma, nella Chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, ma non vi partecipò alcuna rappresentanza ufficiale del Governo italiano. È sepolto nel Cimitero del Verano accanto alla moglie Jeanne.

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