High frequency trading (letteralmente scambi commerciali/transazioni ad alta frequenza) è una modalità di intervento sui mercati che si serve di sofisticati strumenti software, e a volte anche hardware, con i quali mettere in atto negoziazioni ad alta frequenza, guidate da algoritmi matematici, che agiscono su mercati di azioni, opzioni, obbligazioni, strumenti derivati, commodities. La durata di queste transazioni può essere brevissima, con posizioni di investimento che vengono tenute per periodi di tempo variabili, da poche ore fino a frazioni di secondo. Lo scopo di questo approccio è quello di lucrare su margini estremamente esigui, anche pochi centesimi. Per trasformare tali margini minimi in significativi guadagni, la strategia HFT deve necessariamente operare su grandi quantità di transazioni giornaliere. Le strategie HFT hanno raggiunto notevoli volumi, tanto che, in alcuni contesti borsistici, si stima siano responsabili della maggior parte del traffico di transazioni, con percentuali che giungono, in alcuni casi, a superare il 70% del totale. Tra i più noti operatori a far uso di questi approcci, vi sono, ad esempio, Goldman Sachs e Morgan Stanley. La proliferazione di transazioni improduttive pone diversi problemi alla gestione dei mercati, sia di ordine tecnico sia di ordine perequativo: si sospetta inoltre che il massiccio uso di strategie HFT sia all’origine di estrema volatilità sui mercati e conferisca a questi ultimi un’eccessiva complessità, di cui i normali operatori non sono pienamente consapevoli. Infine, si ritiene che l’utilizzo in mala fede di tali strumenti possa essere finalizzato a turbare o destabilizzare i mercati. Per questa serie di motivi, sono allo studio proposte di intervento normativo o regolamentare per la correzione e la limitazione di tali effetti distorsivi.