Nel cinema e in fotografia, l’inquadratura è la porzione di spazio fisico (un ambiente, un paesaggio, etc.) inquadrata dall’obiettivo della macchina da presa o della fotocamera. L’atto di inquadrare consente di delimitare con precisione lo spazio che sarà ripreso e al contempo di escludere tutto il resto (che rimarrà “fuori campo”, ossia all’esterno del campo visivo dell’osservatore). Nel caso del cinema, essendo l’inquadratura protratta per un determinato periodo di tempo (la durata della ripresa), in fase di montaggio assume il significato di “unità di montaggio”: è la porzione della ripresa che rimane integra, a seguito della decisione del montatore di non tagliarla. Le singole inquadrature, una volta montate nell’ordine voluto, formano le scene e le sequenze del film. L’inquadratura cinematografica non si distingue solo in base alla distanza, all’altezza o all’angolazione di ripresa. Quando guardiamo un film, possiamo trovarci di fronte a inquadrature fisse (statiche) e a inquadrature in movimento (dinamiche). Quella fra inquadratura statica e inquadratura dinamica è una distinzione fondamentale dal punto di vista espressivo: al cinema osservare da un punto di vista fisso qualcosa che si muove, comporta uno sguardo oggettivo sul personaggio o sull’oggetto inquadrato; adottare un punto di vista mobile, invece, provoca sempre un senso di maggiore immediatezza, un notevole coinvolgimento dello spettatore e, dunque, uno sguardo soggettivo sul mondo.