Gli interferoni (IFN) sono una famiglia di proteine prodotte sia da cellule del sistema immunitario (globuli bianchi) sia da cellule tissutali in risposta alla presenza di agenti esterni come virus, batteri, parassiti ma anche di cellule tumorali. Gli interferoni appartengono alla vasta classe di glicoproteine note come citochine. La loro funzione specifica è quella di: inibire la replicazione di virus all’interno delle cellule infette; impedire la diffusione virale ad altre cellule; rafforzare l’attività delle cellule preposte alle difese immunitarie, come i linfociti T e i macrofagi; inibire la crescita di alcune cellule tumorali. Gli interferoni agiscono in questo modo: si legano alla membrana delle cellule e ne stimolano la produzione di enzimi antivirali; quando un virus attacca una cellula attivata dall’interferone, non riesce a moltiplicarsi a causa degli enzimi antivirali; si verifica quindi un arresto o un’attenuazione dell’infezione. Anticorpi anti-interferone Gli interferoni (IFN) possono provocare la formazione di anticorpi; l’incidenza è maggiore con l’impiego della forma sintetica rispetto a quella biologica. Nei pazienti trattati con interferone beta la concentrazione di anticorpi neutralizzanti (NAb) si stabilizza dopo circa un anno di terapia e interessa fra il 3% e il 45% dei pazienti. La variabilità della percentuale di pazienti NAb-positivi dipende in parte dall’immunogenicità della formulazione farmaceutica di interferone beta e dal metodo di analisi non standardizzato. Dai dati disponibili, l’interferone β-1a somministrato per via muscolare risulta essere quello associato al minor tasso di anticorpi neutralizzanti (2-5% vs 14-24% vs 30% rispettivamente con INF beta-1a per via intramuscolare, INF beta-1a per via sottocutanea e INF β-1b). È stato inoltre osservato che la concentrazione di NAb aumenta con l’aumentare della dose di interferone beta fino ad un valore soglia, oltre al quale diminuisce e che sussiste una negativizzazione spontanea degli anticorpi NAb, dipendente dal titolo (la presenza degli anticorpi persiste nei pazienti con titoli anticorpali elevati) ma non dal tipo di interferone beta impiegato (Bellomi et al., 2003). In pazienti con sclerosi multipla NAb-positivi, trattati con 375 mcg anziché 250 mcg (dose standard) di interferone (IFN) beta, la probabilità di negativizzazione del titolo anticorpale è risultata significativamente più elevata (HR: 3,41). È stato osservato che in vivo lo sviluppo di anticorpi anti-interferone ha determinato una riduzione dell’attività biologica; nell’uomo il significato degli anticorpi neutralizzanti non è stato completamente chiarito. Nei pazienti con sclerosi multipla trattati con interferone beta, la comparsa di anticorpi neutralizzanti è risultata ridurre la risposta farmacodinamica all’interferone (il rischio di recidiva nei pazienti NAb-positivi aumenta di sette volte rispetto ai pazienti NAb-negativi). Nei pazienti con singolo episodio demielinizzante (sindrome clinicamente isolata, CIS), la comparsa di anticorpi neutralizzanti ha determinato un aumento significativo delle lesioni nuove attive e delle lesioni T2 rilevate alla risonanza magnetica, senza influenzare l’efficacia clinica della terapia con interferone (tempo di latenza allo sviluppo di sclerosi multipla clinicamente definita; progressione della disabilità del paziente, misurata con la scala EDSS; incidenza di recidive).