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Mentre nella meccanica classica l’energia è un continuo, la meccanica quantistica prevede la possibilità che ci siano solo certi valori (livelli) dell’energia accessibili al sistema. Sin dalle origini della chimica come scienza era stato osservato che l’assorbimento della luce da parte dei gas non varia in maniera morbida con la lunghezza d’onda ma è caratterizzato dalla presenza di un gran numero di picchi estremamente sottili e disposti in maniera complicata. Una prima trattazione fenomenologica del problema venne fatta nel 1885 da Johann Balmer che notò come la disposizione di un gruppo di righe di assorbimento dell’atomo di idrogeno venisse ben descritta dalla formula: . Questa formula venne successivamente generalizzata da Johannes Rydberg e Walter Ritz in modo da poter descrivere la posizione di tutte le righe di assorbimento ma questa rimaneva una descrizione fenomenologica, per quanto accurata, senza un vero fondamento scientifico. Il tentativo di spiegare la natura dei picchi di assorbimento fu alla base del Modello atomico di Bohr: già Rutherford aveva proposto l’idea che l’atomo fosse composto da un piccolo nucleo carico positivamente attorno al quale ruotavano in orbite circolari gli elettroni. Tuttavia un sistema del genere non è stabile perché un elettrone accelerato emette radiazione e quindi perde energia. Per risolvere il problema Bohr, seguendo le idee proposte da Planck e Einstein, ipotizzò che gli elettroni potessero trovarsi solo su determinati livelli energetici e potessero muoversi dall’uno all’altro solo per passi discreti. Questo semplice (ma rivoluzionario) modello permette di descrivere molto bene le righe di assorbimento di molti gas e fu una delle basi per lo sviluppo della meccanica quantistica.

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