La similitudine (lat. similitudo, gr. parabolé “paragone, confronto tra due o più termini”, da cui il termine parabola) è una figura retorica che consiste nel confrontare due identità, in una delle quali si individuano proprietà somiglianti e paragonabili a quelle dell’altra, facendo uso di avverbi quali: come, simile a, sembra, assomiglia, così come, ecc., a differenza della metafora che non usa questi avverbi. La similitudine si differenzia dalla comparazione perché nella prima i termini del confronto non sono intercambiabili. La similitudine è particolarmente diffusa nei testi antichi come, per esempio, nella Bibbia: La nostra vita passa come l’ombra di una nube e si dissolve come nebbia inseguita dai raggi del sole (Sapienza,2,4) Anche la letteratura classica ha fatto largo uso della similitudine e nell’Eneide, per esempio: A queste rive la folla tutta si precipitava sparsa, le madri e gli uomini e corpi strappati alla vita di magnanimi eroi, e bambini e inviolate ragazze e giovani innalzati sui roghi davanti ai genitori: quante nei boschi al primo freddo d’autunno fragili cadon le foglie, o alle rive dal profondo abisso quanti uccelli s’addensano, quando un anno freddo li fuga oltre il mare ed in terre apriche li spinge. (Eneide, VI, 305-312)(traduzione di GAO) Solitamente le similitudini della poesia antica sono piuttosto complesse e si sviluppano per esteso: nella Divina Commedia di Dante Alighieri infatti, se ne incontrano molteplici: Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo (Inferno, III, 112-117) Rispetto alla letteratura classica, è raro che gli scrittori moderni usino questa figura retorica così poco rapida ed immediata, ma comunque: Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie (Giuseppe Ungaretti, L’Allegria, Soldati)