Per tutti gli atti di ultima volontà, soprattutto al fine di pervenire a quella che può essere definita “genuinità” del testamento, è necessario che la volontà del de cuius testatore sia corredata da una serie di requisiti; di converso, se tale esigenza non sia debitamente soddisfatta il testamento “deve cadere”. Alla luce di quanto premesso, […]
Per tutti gli atti di ultima volontà, soprattutto al fine di pervenire a quella che può essere definita “genuinità” del testamento, è necessario che la volontà del de cuius testatore sia corredata da una serie di requisiti; di converso, se tale esigenza non sia debitamente soddisfatta il testamento “deve cadere”. Alla luce di quanto premesso, la volontà testamentaria deve necessariamente essere: 1)libera e spontanea: non sottoposta cioè a pressioni o imposizioni esterne alla determinazione del testatore; 2)espressamente compiuta nel suo contesto; 3)definitiva: il testamento può essere paragonato ad un progetto ma deve essere formato da un contenuto determinato ed attuale; Merita, precisare che nell’esame della volontà, il testamento deve essere considerato nel suo complesso con accurata attenzione alle sue singole disposizioni ivi contenute. Non di rado si manifestano quelli che comunemente sono definiti “vizi del volere”: errore, violenza e dolo; in queste ipotesi il testamento è da considerasi “annullabile” e pertanto può essere soggetto ad impugantiva. Accreditata è la tesi per effetto della quale, per l’annullabilità del testamento basterebbe inculcare nel testatore la suggestione o captazione a disporre a favore di un determinato soggetto piuttosto che di un altro. In particolare la “captazione” quale forma di dolo testamentario, consiste nel creare nel testatore la convinzione di determinare spontaneamente la volontà di testare; non si concreta in una qualsiasi influenza di ordine psicologico ma deve esprimersi mediante mezzi fraudolenti, quali artifici e raggiri, posti in essere direttamente nei confronti del de cuius. La prova di tali tendenziosi comportamenti, può desumersi anche da fatti certi che consentono di ricostruire e identificare l’attività captoria. L’azione di annullamento per i suindicati vizi è proponibile da chiunque vi abbia interesse e i termini di decorrenza della prescrizione vanno calcolati dal giorno in cui l’interessato ha scoperto la causa viziante; in ogni caso l’azione è soggetta al termine prescrizionale di 5 anni. Nel caso in cui il vizio del volere sia stato scoperto antecedentemente all’apertura della successione, il temine decorre con dall’evento morte. Anche il “motivo” viene tenuto in conto nella redazione testamento. Pertanto l’errore sul motivo, sia esso di diritto che di fatto, è da intendersi quale causa di annullabilità delle disposizioni testamentarie qualora sia stato determinate a formare la volontà del testatore. Affinchè si configuri l’ipotesi è necessaria la certezza, che la valutazione della situazione operata dal de cuius sia stata dominata dalla rappresentazione di un fatto non vero. Si parla invece, di “ motivo illecito”, nella formazione della volontà testamentaria, quando lo stesso è contrario a norme imperative, norme di ordine pubblico o regole buon costume; in questi casi l’atto testamentario è nullo.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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