Per “Barriere Architettoniche” s’intendono tutti quegli ostacoli d’ordine urbanistico ed edilizio che limitano, ed in alcuni casi impediscono, l’accesso ai minorati ed invalidi, di luoghi pubblici e privati; si identificano essenzialmente in tutti quei dislivelli, scale o altro, che si incontrano lungo i percorsi oppure possono consistere in esiguità di passaggi o, ristrettezze di ambienti (marciapiedi stretti, porte girevoli ecc). La materia, in specie trova disciplina nella legge 9 gennaio 1989, n. 13, intitolata: ”Disposizioni per favorire il supermento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”; legge che nel suo complesso si presenta alquanto innovativa, poiché, mentre in passato l’attenzione era particolarmente incentrata sul settore pubblico, edifici, aree e trasporti, con la stessa, oggi, si fa riferimento anche agli edifici privati e quelli destinati ad uso abitativo; con specifica attenzione agli edifici privati di nuova costruzione, agli edifici di edilizia pubblica sovvenzionata ed agevolata di nuova costruzione, alla loro ristrutturazione e, spazi a questi pertinenti. Destinatari della normativa sono i cd “ diversamente abili”, portatori di handicap, come minorati fisici e psichici, nonché, secondo un estensione analogica, gli anziani ultrasessantacinquenni, che pur non avendo problemi di difficoltà ambulatorie, sono comunque in condizioni fisiche minori; inquilino portatori di handicap che occupano l’immobile non in qualità di proprietario; soggetti esterni frequentatori di uno stabile condominiale; invalidi civili. Nello specifico, è prima di tutto necessario riconoscere, l’opportunità al disabile di muoversi all’interno della propria abitazione, senza impedimenti. La situazione in specie assume connotati di un certo rilievo qualora l’edificio nel quale esso vive è composto da più abitazioni, cioè si è in presenza di un condominio. La legge n 13 89, interviene anche in merito, stabilendo, che per le innovazioni volte al superamento delle barriere architettoniche (es realizzazioni di percorsi attrezzati, installazione di dispositivi atti a favorire la mobilità dei ciechi), è lo stesso portatore di handicap che deve avanzare richiesta scritta all’assemblea condominiale, che è tenuta a deliberare entro il termine perentorio di tre mesi. In ogni caso, se il condominio rifiuta di assumere le deliberazioni richieste, il disabile, o chi è posto a sua tutela o potestà, può, installare a proprie spese quanto necessario per la sua mobilità all’interno del condominio stesso, (come servoscala, ossia piattaforma elettrica mobile che consente al portatore di handicap di raggiungere i piani superiori con la carrozzella, strutture prontamente rimovibili, ascensori) nonché, modificare l’ampiezza di porte. E’ questo un tipo d’intervento che può essere autorizzato dal giudice, seguendo una procedura d’urgenza, ex art 700 cpc. Se, invece, l’assemblea condominiale accorda il suo placet, tutti i condomini devono contribuire alle spese necessarie per gli interventi in misura proporzionale al valore delle rispettive proprietà. Nel caso in cui il disabile abbia in locazione l’appartamento condominiale, dovrà ottenere il consenso del proprietario ed accollarsi tutte le spese. Tra gli interventi condominiali più frequenti, si colloca senza dubbio, in primis, quello relativo all’istallazione di un ascensore, che di regola richiede, l’effettuazione di scavi, ritenuti leciti anche nel caso in cui incidano sul compossesso dei condomini, poiché connessi alla disciplina dettata dalla legge n. 1389 ispirata a ragioni di solidarietà sociale (in tal senso la Pretura di Pordenone sent del 14 694). In merito, degna di segnalazione è, anche una sentenza del Tribunale di Milano emessa nel 1991, che ha esteso il raggio d’applicazione della legge 13, ritenendo possibile l’istallazione di un ascensore anche se nell’edificio non vi abitano soggetti con problemi di deambulazione, sul presupposto che la legge è comunque orientata a perseguire finalità di utilità sociale sia in edifici pubblici che privati, per garantire una migliore frequentabilità degli stessi. Le suddette opere, tuttavia, non possono recare pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, né tantomeno alterare il decoro architettonico o rendere inservibili parti destinati ad un uso comune oppure al godimento dei condomini (anche se di uno solo). L’assemblea condominiale pertanto, non può, seppur a maggioranza, deliberare, ad esempio l’istallazione di un ascensore per favorire un disabile, determinando però un sensibile deprezzamento dell’unità immobiliare di un altro condomino.(Cass Civ 25 61994, n. 6109). Il legislatore ha previsto anche la concessione di contributi a fondo perduto, per la realizzazione di strutture finalizzate all’abbattimento di barriere architettoniche, individuando i soggetti che ne hanno diritto, le opere o gli edifici, nonché tutte le modalità relative alla presentazione della domanda all’autorità amministrativa competente. Possono presentare la domanda per l’ottenimento del contributo portatori di handicap con menomazioni o permanenti limitazioni motorie ; i non vedenti;coloro i quali hanno a carico soggetti con disabilità permanente; i centri preposti all’assistenza dei disabili, nello specifico se il disabile abita in un condominio la domanda , deve essere sottoscritta anche dai condomini per conferma del contenuto e per adesione. E’ opportuno sottolineare che i disabili, soggetti ad una invalidità di tipo totale e, con gravi difficoltà di deambulazione , regolarmente attestata dalla competente autorità, l’ASL di appartenenza,hanno diritto di precedenza nell’assegnazione dei contributi. Occorre subito precisare che i contributi possono essere richiesti su immobili privati già esistenti, dove risiedono i diversamente abili e su immobili adibiti a centri residenziali per gli stessi e, relativi esclusivamente ad interventi necessari per l’abbattimento di barriere architettoniche. I contributi possono essere erogati per la realizzazione di opere su parti comuni di un edificio, es. ingresso condominiale, all’interno di un appartamento; per una singola opera, es. realizzazione di una rampa. Se su un unico intervento possono usufruire più disabili sarà concesso un solo contributo. Qualora la realizzazione dell’opera non dovesse essere possibile, il contributo può essere utilizzato per l’acquisto di specifiche attrezzature comunque idonee al raggiungimento dello scopo che l’opera stessa avrebbe dovuto perseguire (es. carrozzina montascale in sostituzione di un ascensore). La domanda va inoltrata in carta da bollo al Sindaco del Comune ove l’immobile è sito, entro il 1° marzo d’ogni anno unitamente a tutta la certificazione medica, dove sono precisate le patologie cui il soggetto è affetto; in allegato alla domanda si richiede anche un’autocertificazione dove si specifica l’ubicazione dell’immobile e si descrivono succintamente gli ostacoli derivanti dall’esistenza di barriere o dall’assenza di segnalazione. Presentate le richieste si instaura un vero e proprio procedimento amministrativo,relativo, in primis all’accertamento dell’ammissibilità delle domande, di poi entro 30 gg dalla scadenza fissata , il Sindaco forma un elenco che sarà affisso nell’albo pretorio, e comunicato alla Regione , unitamente al fabbisogno del Comune stesso. La richiesta del Fondo verrà quindi inoltrata al Ministero dei Lavori Pubblici e, dopo la sua assegnazione sarà la Regione stessa a ripartirlo tra i vari Comuni richiedenti ed interessati.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.